Per la prima volta
nella storia della filosofia moderna viene mostrata la decisiva unità tra pensiero e realtà a partire dalla verità
oggi dimenticata, ma ben riscontrata da san Tommaso, che il Figlio di Dio non ha solo un Nome ma due: non si chiama solo Logos
(Verbum, Pensiero), per il quale ha potestà sulla verità, ma anche Imago (Volto, Specchio, Immagine), per
il quale ha potestà sulla bellezza.
Radaelli delinea
così una Teoria generale del linguaggio, metafora della realtà naturale, fondata – per la prima volta
nella storia – sulla ss. Trinità; essa, al contrario delle dottrine relativistiche oggi dominanti, restituisce alla
conoscenza il privilegio di portare l’uomo dalla vita terrena all’eterna attraverso quell’intima adesione alla
realtà intravista da Aristotele e realizzata poi in pienezza dalla natura divina presente in Gesù Cristo.
Questa adesione,
questa positiva e continua conformità alla realtà, avverrebbe proprio attraverso l’Imago (l’Immagine),
il secondo e troppo trascurato Nome del Figlio, la quale permette di vedere e di conoscere le verità emergenti dal suo
Nome più noto: Logos.
La salita alla bellezza
è spiritualmente vertiginosa e (addentrandoci tra mistici eremi e persino in Paradiso) riserva panorami e vedute inusitati:
vivi confronti tra bellezza e fascino, tra pulchrum e verum, tra sillogismo e proporzione aurea; si vedranno poi
rotte (e da Monteverdi!) le tavole dell’armonia, vinto da Caravaggio (un pittore!) il relativismo di Cartesio e di Kant;
e riaccostate infine – grazie al pacificante governo di Papa Benedetto – due Liturgie, ossia, alla luce delle scoperte
fatte, due Immagini: e qui l’Autore fa notare che tanto più la liturgica Imago (la s. Messa) sarà somigliante
al Figlio-Liturgo, Prima Imago del Padre, tanto più in alto essa porterà, sulle Vette d’amore, di diletto
e di visione di Dio Trinità, l’uomo che la onora. Sì, ma delle due Messe, delle due liturgiche Immagini, quale?
L’Autore offre qui una rigorosa e alta risposta.
* * *
BREVI ESTRATTI E SEGNALAZIONI TEMATICHE
DA “INGRESSO ALLA BELLEZZA:
Confronti
tra liturgia Tridentina e Novus Ordo Missæ: Lectio
XIX, 2, pp. 327 segg.
Confronti
tra Cristianesimo, Ebraismo e Islam: p. 43, Lectio
I, p. 54, Lectio II, pp. 64-65, Lectio
III, pp. 113-14-15, Lectio VI, p. 218, Lectio
XIII, p. 278, Lectio XVII, p. 291, Lectio
XVIII, p. 298, Lectio XVIII, pp.351-52, Lectio
XX , p. 379, Lectio XXI.
«
Il problema dell’uomo è il problema dell’adorazione, e tutto il resto è fatto per portarvi luce e
sostanza » (Romano Amerio).
Motto fuori testo e Prolegomeni,
pp. 18 e 30
La
domanda da farsi è: che relazione c’è tra linguaggio e realtà naturale? Cosa ha a che fare il linguaggio
con la realtà?
Prolegomeni, p. 18
La
poesia [è]… luce su di un Oracolo fuggente, la Natura.
Prolegomeni, p. 31
Æsthetica:
la scienza del dar diletto a qualcuno pur insegnandogli qualcosa di terribilmente noioso; … di rendere appetibile …
il dovere dell’orazione tutti i giorni e più volte al giorno; … di rendere attrattiva (e … smisuratamente
attrattiva) quella sgradevolissima e necessarissima conoscenza di un Suppliziato, di razza diversa e forse nemica [della propria].
Lectio I, p. 35
Il
tomismo … si rivela sprigionatore di affabulazione, dunque … di quello che potremmo chiamare un “misticismo
di massa”, proprio per il motivo che completa con la ragione, qui e subito, ciò che il bagliore accecante [del mistero]
nasconderebbe.
Lectio I, p. 44
La
pressione e il furore di fuoco di cui si parla [riferendosi alla Trinità] è sulla contemporanea superintensità
sia di essere, che di sussistenza, che di intelligenza, che di vita, che di libertà.
Lectio II, p. 50
[In
Dio] la paternità genera la filiazione e perciò stesso, unicamente per ciò stesso, si ha nel mondo la rappresentazione
del pensiero, che è la sua imago.
Lectio II, p. 57
Arte
sacra: arte, dunque pensiero e manufatto dell’uomo, sacra, [perché] pensiero e manufatto discendente
da Dio.
Lectio III, p. 59
Il
concetto di immagine si pone … a discrimine e passaggio tra due enti; infatti … non vi sarebbero due enti se non vi
fosse un’immagine, poiché essa richiede un esemplare e una copia. … Né … vi sarebbe passaggio,
perché, senza la somiglianza data dall’immagine …, non vi sarebbe quella relazione che accosta un termine a
un altro.
Lectio III, p. 63
Il
termine ‘immagine’, nell’insegnamento di san Tommaso, indica, insieme al termine ‘verbo’, uno dei
due Nomi propri del Figlio, della seconda Persona trinitaria: [esso] pone l’architrave metafisico di un’estetica tomista.
Lectio III, p. 65
Ogni
nozione … non porta in sé solo la nozione …, ma porta intrinsecamente il suo aspetto, la sua espressione, distinta
da qualsiasi altra tanto quanto [è distinta] la nozione.
Lectio III, p. 67
Nozione
e aspetto di quella nozione formano un unico ente …, una dice e formula quella realtà, l’altra è
l’aspetto per dirla e formularla.
Lectio III, p. 67
Se
Imago è [attribuibile] al Figlio [di Dio] come lo è Verbum, allora ciò che sta a verbum
sta anche a imago.
Lectio IV, p. 78
L’imago
è il veicolo alla conoscenza, è l’unico veicolo alla conoscenza.
Lectio IV, p. 78
L’evidenza
costringe moralmente l’intelletto [tanto che] ogni uomo è il giudizio che dà.
Lectio V, p. 90
L’arte
consiste nel saper trarre il massimo del fascino, dello splendore, dell’estasi, con il minimo sforzo, cioè con l’analogia
più semplice, l’operazione più svelta, le parole meno dette.
Lectio V, p. 91
Analogia:
… “finestra di valico fra due enti”.
Lectio V, p. 91
Credo
che … lo splendore di cui parla san Tommaso a proposito del pulchrum, sia lo splendore di uno sposalizio che più
alto non si può: lo sposalizio dell’intelletto con la realtà.
Lectio V, p. 97
La
realtà è, l’uomo è, e l’uomo che conosce, conosce ossia si unisce all’esserci della realtà:
il fondamentale adeguamento aristotelico, che eguaglia nell’armonia delicatissima e spiritualissima dell’È
un intelletto conoscitore a una realtà conoscitura, un intelletto amante a una realtà amanda, prepara l’uomo
a cogliere il nucleo supernaturale di verità costituito dal Cristo e che solo Cristo poteva insegnare; e, dopo còlto,
a divenirlo.
Lectio V, p. 99
L’uomo
“è misura di tutte le cose” unicamente se si intende uomo nella sua piena e massima estensione di persona
e di persona dipendente [dalle tre Persone della ss. Trinità].
Lectio VI, p. 102
Uomo
e creato … devono procedere [per la Porta stretta del Cristo] rivoltandosi come un guanto, cioè convertendosi, …
quasi in un imbuto a ritroso di antimateriale santità.
Lectio VI, p. 104
L’uomo,
essere intelligente, è per natura allegro.
Lectio VII, p. 120
La
proporzione aurea e il sillogismo aristotelico … sono due dei massimi macchinari spirituali che l’umanità possa
utilizzare per la realizzazione del proprio fine di adorazione della Trinità.
Lectio VII, p. 128
Le
catene che imbrigliano qualcosa … sono più della cosa, come la domus che ripara dalla tempesta è più
della tempesta.
Lectio VII, p. 130-31
La
quantità di realtà vissuta qui e ora sulla terra da noi è, invece che tanta, poca, e invece che satura, scarsa,
perché la vera realtà è immersa nell’Essere intensivo della Realtà prima.
Lectio XIII, p. 216
La
vita è imperniata sulla relazione, in particolare sulla relazione con la realtà.
Lectio XIII, p. 216
La
religione è diretta conseguenza della relazione tra Figlio e Padre, e non si avrebbe [alcuna] religione se Dio fosse senza
paternità e figliolanza, cioè se [Dio] non fosse la Trinità.
Lectio XIII, p. 218
È
solo dal potere di adorazione che discende tutta l’estensione verba/imagines [dal Verbum/Imago che è
il Figlio]: le NOZIONI sacerdote, vittima, santuario, altare, liturgia,
preghiera, sacrificio, e le corrispondenti loro RAPPRESENTAZIONI corpo, pietre,
carni, parole, manufatti, arti, gesti.
Lectio XIII, p. 218
[Con
la scrittura degli alfabeti] su rocce, papiri, pergamene, carta, vengono incise o adagiate dall’uomo una accanto all’altra
le cose del mondo: … fiumi, rocce, lune, civette, occhi, api, mani, gazzelle, per poter trasmettere con quelle figure i
propri pensieri di religione, di politica, di economia, di amore.
Lectio XIV, p. 228
Dunque
c’è l’uomo, e, di fronte, la natura. L’uomo prende la natura, la mette dentro la propria mente utilizzando
le imagines, trasforma queste in verba, in parole mentali, poi riconverte i verba in imagines, in
segni, i quali escono di nuovo in res (suoni o altre cose che siano), creando il linguaggio.
Lectio XIV, p. 230
L’uomo
[è] un analogato del primo analogante Verbum/ Imago, e, unicamente a motivo della riuscita analogia, [può]
avere la facoltà glorificante e adorativa propria unicamente alla Persona del Figlio nei confronti dell’altissimo
Padre. [Dunque] poter fare arte in figura dell’arte che lui stesso, il Figlio, è.
Lectio XV, p. 246
Il
vero … desiderio dell’uomo [riguardo al linguaggio] è uno e uno solo: è il desiderio di parlare facendo
cose, di pensare producendo oggetti, esprimersi creando realtà, verità, vita.
Lectio XV, p. 249
[Vi
è] un conflitto tra parlare efficacemente e parlare correttamente, è il conflitto tra retorica (per convincere)
e grammatica (per farsi capire). Di volta in volta, quasi di parola in parola, viene compiuta una scelta decisiva, che ora privilegia
l’icastica, ora la purità; ora la forza persuasiva, ora la conservazione della specie linguistica; ora il dovere
di trasfondere verità, ora il dovere di trasfondere bellezza. Veritas e pulchritudo sono infatti …
le vere protagoniste della perenne, insopprimibile, immane tensione: verbum e imago, prepotenti comprimari sullo
stesso palcoscenico, polarizzano due aspetti che saremmo portati a dividere in due vere e proprie agenzie rivali, ma che in realtà
… non sono che due distinti ed egualmente necessari elementi di un’unica res: la res del discorso.
Lectio XVI, p. 251
Adamo,
e l’umanità che gli era nei lombi, iniziò il lungo cammino nel regno … del linguaggio, in forza di un
“abuso primo” [di una catàcresi]: dare voce con un vocabolo, con un nome, alle cose che non hanno voce, cioè
a tutte le cose.
Lectio XVI, p. 254
Il
razionalismo, nella sua follia critica, non uccide solo la ragione, che è già parecchio, ma anche la poesia, che
è tutto.
Lectio XVI, p. 258
La
natura è madre del linguaggio, e il linguaggio è figlio della natura.
Lectio XVI, p. 260
L’uomo
costruisce la propria lingua in scala a quella divina.
Lectio XVI, p. 261
È
solo dalla Trinità che si può buttare giù il relativismo: le nozioni di comunità, di relazione, di
amicizia, di pace, ricevono il loro … [corretto] inquadramento solo dal teandrico Cristo.
Lectio XVI, p. 266
Dove
c’è uno iato c’è un collante tensivo che lo divora, giacché dove c’è un nesso tra
due c’è una forza centripeta nuziale che ne assicura la saldezza unitiva.
Lectio XVI, p. 268
Il mondo
[compie] una marcia di avvicinamento verso le tempeste del Logos.
Lectio XVII, p. 274
Come
san Giuseppe protesse e vestì il Cristo, così il mondo ha il dovere di proteggere e vestire la Chiesa [Corpo mistico].
Lectio XVII, p. 276
La
teologia … si trova nei secoli perennemente come in una mola, tra le due grandi madri Scilla e Cariddi: la possente madre
Conoscenza e la titanica madre Teodicea.
Lectio XVIII, p. 290
San
Bernardo, apostolo dell’umiltà …, non vedeva nella smisuratezza delle costruzioni elevate a Dio la smisuratezza
di Dio che le abitava, ma la smisuratezza dell’uomo che le costruiva.
Lectio XVIII, p. 296
Lo
splendore dell’arte sacra riguarda Dio, non l’uomo.
Lectio XVIII, p. 296
L’iconoclastia,
… avrebbe dovuto annientare e bruciare infine se stessa medesima che annientava e bruciava in nome del divino, perché
nel non saper riconoscere … lo spirituale nel materiale diminuisce il materiale al meccanico, svuota di valore semantico
ogni materia, fin’anche la propria.
Lectio XVIII, p. 297
Caravaggio
(v. la sua Cattura
di Cristo), … – come in musica il suo coevo Monteverdi –, si pone in pittura a colmo di uno spartiacque
decisivo, prima del quale regna sovrano l’ideale, e regna, dopo, il reale.
Lectio XIX, p. 305
Caravaggio
rappresenta, inscena, raffigura, poiché è possibile rappresentare, inscenare, raffigurare, è possibile cioè
osservare e conoscere la realtà nella sua evidenza. … Il realismo pittorico, che dà congruenza ai gesti,
logicità alle sequenze, plastica verosimiglianza alle espressioni facciali, è permesso, è plausibile, è
pensabile, ed è attuabile, solo se previamente si accetta che conoscere si può. Se, all’opposto, non si può,
ovvero se non esiste una griglia oggettiva e universale chiamata conoscenza, tutti i dipinti di tutti i pittori del mondo non
sono altro che spennellate di colori che se anche fossero tutte nere direbbero uguale: cioè non direbbero nulla.
Lectio XIX, p. 309
Non
vi sarà più nessuno come lui [Caravaggio] nella storia della Chiesa. Più nessuno arriverà «
agli estremi confini di verità »… ai quali è arrivato lui, la sua mistica.
Lectio XIX, p. 315
I
grandi artisti antichi, … prefiggendosi essi di rappresentare la realtà, e consapevoli essi che era proprio questo
loro fine a suscitare in loro il genius della capacità rappresentativa, imponevano essi con il loro sacro gli stilemi più
nuovi e impressionanti per fare in ogni secolo arte, e, con la forza derivata dall’amore totalizzante per il sacro cattolico,
ricevevano persino la sagacia di assimilare ogni stilema barbaro per poi trasformarlo in stilema religioso. Ma ci vuole il genius
del sacro, e, questo, anche prima di quello dell’arte.
Lectio XIX, 2, p. 319
Da
Aristotele a Caravaggio il “sola natura” viene indicato come l’unico sentiero da percorrere per andare a conoscere
vuoi il naturale che il suo sopra. Altri modi, per quanto congetturati, non vi sono.
Lectio XIX, 2, p. 322
L’arte
(imago) fa ciò che le insegna la gnoseologia (nous), suo eterno e vero Apollo musagete: se la gnoseologia
odierna insegna che non si conosce niente, l’arte fa “niente”.
Lectio XIX, 2, p. 323
La
liturgia, sotto il peculiare aspetto di sacra rappresentazione dei Misteri eucaristici, non è pensabile che nella storia
decresca, si involva, perda nobiltà e sacralità, ma, casomai, è lecito attendersi che di secolo in secolo
e quasi di giorno in giorno intensifichi i segni più aurei di adorazione.
Lectio XIX, 2, p. 328
[È]
lo struggente e delicato gioco descritto nel Cantico, nel quale Dio attira, o invita, o spinge, un uomo a saltare in un cerchio
di fuoco. Ma c’è Dio nel cerchio di fuoco? Certo nel cerchio non ci sono le cose, non ci sono gli uomini, non c’è
nessuno. Ma c’è Dio? … Il cerchio di fuoco [si rivela essere] un vero e tutto spirituale meccanismo antimateria.
Lectio XX, p. 350-51
Rappresentare
e adorare sono per la religione … analoghi, gemelli, e, specialmente, assolutamente uno dall’altro imprescindibili.
In tale senso si capisce che l’arte – linguaggio, rappresentazione, espressione, liturgia – è così
intima alla religione da esserne il nerbo e da confondersi quasi con essa, che è adorazione e culto.
Lectio XX, p. 353
Fiamme
di religione contro fiamme di arte, fiamme di arte contro fiamme di religione.
Lectio XX, p. 358
[La
relazione di perdono] permette di accettare, di accogliere, persino di apprezzare, lo schifo che altrimenti ci causerebbe di
per sé la vista – anche spirituale – del difetto, ossia di ciò che dai nostri progenitori in poi ha
caratterizzato pesantemente e universalmente la nostra natura, distorcendola. [La relazione di perdono] ci permette di non inorridire
dinanzi a noi stessi. Il perdono è quella relazione d’amore che ci permette di guardarci. Il perdono di Dio riannoda
l’uomo a lui, e, attraverso il suo perdono, ogni altro perdono riannoda a lui ogni altro uomo nella Chiesa, la Comunità
dei perdonati. Tanto quanto l’universo si compie e riunifica attraverso ovviamente la relazione, esso si compie e riunifica
eminentemente attraverso una relazione centrale, quale è quella del perdono d’amore.
Lectio XXI, p. 378
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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
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