Terzo volume dell'Opera Omnia
di Romano Amerio, florilegio scelto di 725 Aforismi scritti dal filosofo tra il 1930 e il '96:
zibaldone.
Postfazione
e curatela di Enrico Maria Radaelli.
Lindau, Torino, giugno 2010,
pp. 615, € 32. |
Il capolavoro di Romano Amerio:
iota
unum.
studio delle variazioni
della chiesa cattolica
nel secolo xx.
Postfazione
e curatela di Enrico Maria Radaelli.
Lindau, Torino, giugno 2009,
pp. 730, € 29. |
Il libro che Romano Amerio
considerava il suo più importante:
Stat veritas.
seguito a «iota
unum».
Postfazione
e curatela di Enrico Maria Radaelli.
Lindau, Torino, luglio 2009,
pp. 250, € 19,50.
|
Romano Amerio.
L'ultima registrazione,
a cura di Enrico Maria Radaelli.
Lugano, novembre 1996, inedito.
INUTILITÀ ASSOLUTA
del dolore rifiutato.
|
Estratto
di un inedito di Romano Amerio,
« L’Osservatore Romano », 18
marzo 2009:
per
nazismo e comunismo
il principio non È il verbo
ma l’amore.
titolo originale:
“La questione del Filioque. Ovvero la
dislocazione della divina Monotriade”,
(Per gentile concessione di E. M. Radaelli) |
Inedito di Romano Amerio
su un articolo di Dario Antiseri
registrato da Enrico Maria Radaelli.
Lugano il 4-2-1994.
RAGIONE, FEDE
E NATURA NELL'UOMO.
|
Il primo di otto articoli scritti
per « Pagine nostre » nel 1924
e raccolti in Iuvenilia,
a cura di Enrico Maria Radaelli.
LA RELIGIONE E LA SUA
VALUTAZIONE NEL PENSIERO
MODERNO.
|
Romano Amerio.
L'ottavo di otto articoli scritti
per « Pagine nostre » nel 1926
e raccolti in Iuvenilia,
a cura di Enrico Maria Radaelli.
DI
UN BISOGNO DEI CONTEMPORANEI. |
A cura di Mario Seno
e di Enrico Maria Radaelli
glossario ragionato per la lettura degli scritti
di romano amerio.
|
|
|
|
INTRODUZIONE.
L’indipendenza
del dipendente.
Questa è in estrema sintesi il Lapis angularis methafysicus del pensiero ateo dell’uomo, di ogni uomo, da Adamo
a oggi.
Ateo, si dice, perché
strettamente volto a operare sine Deo, senza Dio: per sé e da sé. Diventare come dèi è
il fine di ogni operazione di ogni uomo che non desidera rendere conto che a se stesso, e di ogni ragionamento che asseconda questo
fine. Da Adamo a oggi.
Questo è infatti l’origine del peccato.
Come compie l’uomo questa operazione fondamentale di taglio dal proprio principio, anzi: addirittura di individuazione in se
medesimo del proprio principio? Ragionando. Cioè facendo un sillogismo. Il sillogismo, e tutta la scienza logica che gli è
intorno, è lo strumento con il quale l’uomo individua le cause delle cose, e la loro essenza.
Ma se una delle due premesse
da cui è costituito il sillogismo è falsa, si ha un paralogismo. Alcuni filosofi cercarono di capire come mai nel ragionamento
veniva immesso un termine falso senza che esso fosse riconosciuto. Questi filosofi poterono così costruire la teoretica dell’errore,
e da essa poterono concludere per l’ateoreticità dell’errore: l’errore non è un atto teoretico, cioè
non è un atto intrinseco al ragionamento, ma è un atto pratico, che dall’esterno del ragionamento vi penetra e
lo inficia, invalidandolo.
Il primo dei filosofi che
si occupò del male intellettuale in logica fu Socrate, poi venne Aristotele, e dopo tanti altri venne Croce, poi Rosmini.
L’ultimo fu Amerio. Come si vede, di essi non tutti riconoscevano una Causa prima.
Di Romano Amerio, i due corni
del pensiero che sottesero tutte le sue considerazioni e tutti i suoi studi si possono individuare con certezza: uno nell’indagine
intorno alla filosofia dell’indipendenza dell’uomo (e la sua valutazione contraria: di come, perché e quanto l’uomo sia dipendente). Questo corno contempla massimamente la predestinazione, la teodicea, la dottrina della
grazia, del libero arbitrio. L’altro corno è costituito dalla ricerca della logica dell’errore: la dottrina sulle
idee, sulla verità, sul sillogismo, e ancora sul male.
Ora, questi due corni, e tutto
ciò che sta tra essi in un continuum filosofico, si possono studiare sia partendo da premesse false, sia partendo da
premesse vere. L’individuazione veridica di queste premesse è permessa dall’uso appropriato dei primi princìpi
dell’essere: i princìpi dell’identità e della contraddizione. Cioè partendo dalle basi della stessa
realtà, partendo dalla vita in cui l’intelletto dell’uomo si trova e che l’intelletto stesso è.
Ora la domanda da farsi è?
Può l’uomo pensare, senza l’aiuto della Rivelazione posta da Cristo? Se la Rivelazione fosse cosa attinente solo
alla fede, e non alla vita, certamente sì, perché un pensiero può tenere o non tenere conto di un altro pensiero.
Ma la Rivelazione non è solo un pensiero, una parola, ma è una realtà; cioè non è solo un
dato di fede, ma un dato di vita. E l’uomo non può non tener conto della vita, anzi: l’uomo deve tener conto di
tutta la vita e deve tener conto specialmente di ciò che della vita è l’apice, quale il suo fatto risorgivo. Appurata
la storicità del fatto, esso diviene imprescindibile. Infatti ne prescindono solo coloro che negano il fatto.
Amerio non prescinde dal fatto. Il suo ragionamento, sviluppato in una vita lunghissima di pensatore, ha il pregio di saper rimettere
in discussione anche i concetti più accertati, inchiodando il cardine della storica risurrezione di Cristo come unica imprescindibile
certezza. Ma per non permettere che il ragionamento sia indimostrato, da strenuo pensatore Amerio muoverà anche dall’ipotesi
per assurdo.
Non esiste una sistematica del
pensiero di Amerio: le sue opere furono stese in un percorso frammentario, analitico. Ma la raccolta di ogni conclusione a ciascuna
delle sue opere fa emergere con indiscussa chiarezza il proposito finale, quando anche non materiale, cui era orientata la sua mente.
Questo proposito è riposto nell’adorazione del Logos divino, come scrive lui stesso in uno dei suoi primi folgoranti
scritti: « Il problema dell’uomo è il problema dell’adorazione e tutto il resto è fatto per portarvi luce e sostanza ».
Persino quella che Amerio chiamerà
« la distorsione della divina Monotriade » è cosa discussa dal filosofo acerbamente per evidenziare quanto
sia pericoloso per l’uomo stesso mettere a repentaglio la primalità del Logos, la centralità di Cristo,
la precedenza del Figlio.
Quando si spense la lucerna naturale di Romano Amerio non vi fu nemmeno un giornale cattolico in Italia che ne pubblicò il ricordo,
non una rivista, non un periodico: nemmeno uno. Né i giornali laici, né tanto meno i cattolici ebbero il coraggio intellettuale
di riconoscere al più misconosciuto e più grande pensatore cattolico d’Europa del secolo scorso almeno l’onore
delle armi.
Siamo nel secolo dell’ecumenismo,
ovvero, dell’incontro di tutti con tutti. Ma la dogmaticità ecumenica non ha permesso che un pensiero eminentemente cattolico
come quello ameriano venisse diffuso nell’agorà dell’intellighentia ecclesiale: è la lotta
senza quartiere tra vero e falso, tra teoretica e pratica, tra intelletto e passione.
* * *
(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
* * *
Inizio pagina
|