Il punto saliente della Postfazione al libro di Romano Amerio Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, Lindau, Torino 2009 (seguìta all’emerita Ricciardi, da tempo esaurita) è avere portato finalmente alla luce la soluzione alla presente grave “crisi di continuità” della Chiesa, anche se tale soluzione l’Autore avrebbe forse dovuto porla in maggiore rilievo, dedicandogli un paragrafo, o un capitolo, o forse anche un intero libro (ma era pur sempre stata messa tra le prime pagine del volume: p. 28 Lindau {p. 16 Ricciardi}). Si tratta della « legge stessa della conservazione storica della Chiesa » [marcatura dell’Autore].
Cosa scrive Amerio? « La Chiesa – scrive – non va perduta nel caso non pareggiasse la verità, ma nel caso perdesse la verità [marcature dell’Autore]»; nella Postfazione non si tralascia poi di evidenziare la causa formale del tentativo di discontinuità perseguito dal magistero pastorale degli ultimi cinquant’anni, individuata da Amerio in una « dislocazione della divina Monotriade », che è a dire in una « negazione delle essenze, cioè nella negazione del Verbo » [p. 315 Lindau {pp. 295-6 Ricciardi}, pp. 678 sgg.; cfr. anche, di chi scrive, Romano Amerio. Della verità e dell’amore (§ 16, Le Interviste: intervista a « Sì sì no no » del 31-1-1987), p. 244, o, ancora, Romano Amerio. Verità e Tradizione].
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La Postfazione a Iota unum, sintetizzando tutta la tesi del libro, mostra che le ermeneutiche, o letture, del Vaticano II oggi sono tre:
– la prima: è l’ermeneutica sofistica estrema della “scuola di Bologna” (da Dossetti ad Alberigo e poi Melloni) e in generale di tutta la “nouvelle théologie” (Congar, Daniélou, De Lubac, Rahner, Schillebeeckx, von Balthasar ecc.); è ateoretica, dunque opinativa; essa promuove e spera la discontinuità e la rottura delle essenze tra Chiesa precedente e Chiesa seguente il Vaticano II sotto la copertura delle equivocità testuali;
– la seconda: è l’ermeneutica sofistica moderata dei Papi che hanno promosso, attuato e poi seguìto il concilio; è anch’essa ateoretica, dunque non può rientrare (e di fatto non rientra) nel dogma: non è vincolante; al contrario però della prima, che peraltro la formò e produsse, essa studia in tutti i modi di dare continuità tra essenza pre e post conciliare, cercando di piegare al senso della Tradizione le anfibologie e le equivocità testuali di cui si è detto;
– la terza: è l’ermeneutica veritativa di Amerio e, in generale, di tutti quei cattolici sospinti (ma solo dopo l’assise del Vaticano II) nel cosiddetto “tradizionalismo”; essa è teoretica, dunque indiscutibile e, nella misura in cui si appoggia alla Tradizione, vincolante; essa riscontra e denuncia nel Vaticano II il tentativo di rottura e di discontinuità con l’essenza; va aggiunto, peraltro, che, per fede, l’irrealizzabilità di tale tentativo è da tutti i resistenti al concilio (all’infuori dei cosiddetti “sedevacantisti”) assolutamente creduta e da Amerio, come sopra accennato e nella Postfazione evidenziato (§ 3 b, pp. 698 sgg), anche solidamente dimostrata, di modo che il Trono più alto e tutta la Chiesa ne possano tornare al più presto a beneficiare.
Dunque, riassumendo la tesi di Iota unum e ciò che la presente Postfazione ne fa emergere, una “ermeneutica della continuità”, ossia che mostri continuità, tra pastorale Vaticano II e dogmatica Tradizione, non esiste, non si può dare sotto alcun rispetto, e questa è l’unica condizione cui conducono le prove prodotte in Iota unum, per mantenere l’essenza della Chiesa in se stessa (a meno che il Papa stesso avalli dogmaticamente o con “interpretazione autentica” le pagine mere pastorali dei documenti del Vaticano II e del magistero successivo, v. la soprannaturale armonia tra intelletto e realtÀ, Postfazione a: Romano Amerio, zibaldone, Lindau, Torino 2010, § 8, Il magistero della verità, p. 527 sgg.).
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Nel
1985, allorché Romano Amerio, insigne letterato
e umanista luganese, pubblicò Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX,
fu accusato di essere tanto contrario al concilio Vaticano
II, che Mario Agnes, all’epoca direttore de « L’Osservatore
Romano », avendo richiesto
una recensione all’allora Prefetto della Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana, monsignor Angelo Paredi, una volta viste le pur caute, guardinghe, ma sostanzialmente ben disposte pagine ricevute da Milano, le cestinò (esse peraltro possono leggersi in ROMANO
AMERIO. della veritÀ e dell’amore., pp. 269 sgg.).
Oggi
l’autorevole quotidiano, con i tempi più atti a riflettere sulla recente e più controversa storia della Chiesa, ha voluto compiere la scelta opposta: su Amerio e sulla sua teologia ha deciso non più di tacere, ma di parlare, così
che nello spazio di alcuni mesi sono stati pubblicati importanti
articoli (l’ultimo, Per nazismo e comunismo in principio non è il verbo ma l’azione, dello scorso 18 marzo) che
vogliono mettere in luce quello che può essere considerato un contributo positivo del teologo
luganese alla riflessione cattolica.
La prima occasione
è stata offerta da un Convegno su Amerio promosso il 9 novembre
2007 ad Ancona dal locale Centro Studi Oriente Occidente, in occasione del decennale della scomparsa del pensatore svizzero. Il
giorno dopo il “giornale del Papa”,
oltre a pubblicare le
conclusioni di uno dei relatori, monsignor Agostino
Marchetto, dava bella evidenza al Convegno con un intervento in centro pagina di una sua firma storica, Raffaele Alessandrini (v. commenti, riportato dopo l’intervento di Sandro Magister).
Il 18 marzo 2009, ancora l’Alessandrini, venuto a conoscenza dell’importante inedito sul “Filioque” custodito da Radaelli come curatore delle opere edite e inedite del Luganese, e avendone ricevuta copia dal medesimo, tornava nuovamente sulle tesi di Amerio, apprezzandone la preveggente
critica contro il “processo di secolarizzazione
in atto anche all’interno del mondo cristiano”
e contro i “rischi del relativismo dilagante”:
critica mossa in nome del “primato della verità
sull’amore”, caposaldo del pensiero dell’autore
luganese, come Radaelli aveva ampiamente fatto emergere e mostrato nelle sue conferenze e nella sua monografia sul Maestro.
« L’interrogativo
di fondo posto da Amerio in “Iota unum”
– scrive l’Alessandrini riprendendo le parole dello stesso Amerio
– è il seguente: “Tutta la questione
circa il presente stato della Chiesa è chiusa
in questi termini: è preservata l’essenza
del cattolicesimo? Le variazioni introdotte fanno durare
il medesimo nella circostanziale vicissitudine oppure
fanno trasgredire ad aliud? [...] Tutto il nostro libro
è una raccolta di prove di tale transito.” » (p. 626 e, nella Postfazione, p. 689).
Romano Amerio fu ostracizzato come emblema della
“reazione anticonciliare”, ma oggi anche in Vaticano qualcuno è disposto a prendere in nuova considerazione il suo pensiero, specie il punto della « dislocazione della divina Monotriade ».
Intanto,
a metà luglio le edizioni Lindau di Torino hanno pubblicato la riedizione della sua opera
fondamentale “Iota unum. Studio delle variazioni
della Chiesa cattolica nel secolo XX”, (pp.
752, euro 29) e in contemporanea “Stat Veritas. Seguito a «Iota unum»” (pp. 272, euro 19,50), il primo con Prefazione del cardinale Dario Castrillon Hoyos, Prefetto emerito della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, entrambi a cura e con Postfazione di Enrico
Maria Radaelli, filosofo dell’estetica e massimo esperto oltre che discepolo
di Amerio.
La
stessa casa editrice intende pubblicare nei prossimi
anni, con la curatela di Radaelli, tutta l’opera scientifica edita e inedita del professore
luganese.
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ABSTRACT DALLA POSTFAZIONE.
Tre sono i punti su cui maggiormente risuonano le problematiche suscitate dalla lettura di Iota unum e che suggeriscono di porre, in righe fuori del paniere dunque come queste, le prime basi all’indagine scientifica che si diceva: un primo, intrinseco al libro, è l’individuazione del concetto cardine – ovviamente: vi è un concetto cardine, e metafisico, come in ogni libro di Amerio – da cui ha preso avvio la sua stesura; un secondo, ancora intrinseco, chiarisce, col quadro di tutte le più pertinenti pericopi con cui l’Autore tratta la cosa, se per lui davvero si sono o non si sono verificate tutte le condizioni necessarie alla realizzazione delle « variazioni della Chiesa cattolica » riscontrate; un terzo, infine, solo in parte esogeno, illustra il rapporto tra Autore e Magistero, desumibile a partire proprio da alcuni rilievi che Amerio fa in Iota quasi di tangente (ma decisivi), non essendo precisamente ciò il tema del libro: è il problema dell’autorità, finale e vitale problema per chiunque si pone in un orizzonte critico rispetto al Magistero, che costui poi passi o invece non passi a un giudizio.
Enrico Maria Radaelli
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DALLA PREFAZIONE DEL CARD. DARIO CASTRILLON HOYOS.
« Romano Amerio ci ha aiutato a discernere e ammirare l’inalterabile identità della nostra Chiesa ».
Card. Darío Castrillón Hoyos
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DALLA QUARTA DI COPERTINA.
« Romano Amerio si rivela essere ancora una volta il pensatore più attuale e vivificante del momento. Con il garbo teoretico che contraddistinse tutti i suoi scritti egli offre con Iota unum un pensiero molto costruttivamente cattolico, colmando uno spazio filosofico e teologico altrimenti incerto su interrogativi gravi: egli individua e indica che nella Chiesa una crisi c’è, ed è crisi che pare anche sovrastarla, ma mostra che non l’ha sovrastata; che pare rovinarla, ma ancora non l’ha rovinata; individua poi e indica con chiarezza la causa prima di questa crisi in una variazione antropologica e prima ancora metafisica; individua e indica infine gli strumenti logici (iscritti nel Logos) necessari e sufficienti (eroicamente sufficienti, ma sufficienti) per superarla ».
Enrico Maria Radaelli
“IOTA UNUM”: DESCRIZIONE DELL’OPERA.
Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apax, si trova tutto in Stat Veritas).
Contro molte scuole di pensiero formatesi nel dopoguerra, soprattutto dopo quel concilio Vaticano II esaltato come « rottura e nuovo inizio », come una « nuova Pentecoste » della Chiesa (non solo l’“officina bolognese” di Dossetti, ma tutto il Nord Europa), Romano Amerio ripropone con forza il primato della Verità sull’Amore – come insegnato a partire dagli Evangeli, da san Giovanni Apostolo e san Paolo, e poi da sant’Agostino – per cui in Dio all’essere seguono prima l’intelligere e poi l’amare, e non viceversa.
Per Amerio mutare quest’ordine significa indurre l’uomo ad agire non più mosso dal pensiero, ma dal sentimento, in una condizione di libertà illusoria.
« La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché […] la nostra fede porta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore. L’amore è preceduto dal Verbo, è preceduto dalla conoscenza. Separare l’amore, la carità, dalla verità, non è cattolico ».
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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
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