Nel
1985, quando Romano Amerio, insigne filosofo e letterato
luganese (ma di nazionalità italiana) pubblicò all’età di ottant’anni “Iota unum. Studio
delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX”,
tanto intimorì i suoi avversari, i fautori a tutti i livelli del Vaticano II e della sua attuazione, che Mario Agnes, direttore all’epoca de « L’Osservatore
Romano », non se la sentì di pubblicare la recensione che lui stesso aveva ordinato, parendogli troppo favorevole, e la cestinò.
Oggi
il medesimo giornale, sotto un nuovo Papa e col nuovo direttore Gian Maria Vian, ha compiuto con grande prudenza e consiglio la scelta opposta: ha deciso su Amerio non più di tacere ma di parlare, così
che nello spazio di alcuni mesi sono usciti importanti
interventi (l’ultimo del 18 marzo 2009) che
contribuiscono a mettere in luce tutto l’apporto positivo alla riflessione cattolica dell’autore
luganese.
La prima occasione
è stata data da un convegno su Amerio promosso il 9 novembre
2007 ad Ancona dal Centro Studi Oriente Occidente, dieci
anni dopo la morte del grande pensatore svizzero.
Il
giorno dopo il giornale del Papa,
oltre che dare evidenza al convegno, ha pubblicato le
conclusioni di uno dei relatori, monsignor Agostino
Marchetto, con il titolo: “Per una corretta
interpretazione del Concilio Vaticano II”. *
Tempo
dopo Raffaele Alessandrini, giornalista dell’Osservatore,
ha parlato nuovamente di Amerio apprezzandone la preveggente
critica contro il « processo di secolarizzazione
in atto anche all’interno del mondo cristiano » e contro i « rischi del relativismo dilagante »:
critica mossa in nome del « primato della verità
sull’amore », il caposaldo del pensiero dell’autore
luganese.
L’interrogativo
di fondo posto da Amerio in Iota unum – e nel suo séguito Stat Veritas,
uscito postumo nel 1997 a cura di Enrico Maria Radaelli
– è il seguente: « Tutta la questione
circa il presente stato della Chiesa è chiusa
in questi termini: è preservata l’essenza
del cattolicesimo? Le variazioni introdotte fanno durare
il medesimo nella circostanziale vicissitudine oppure
fanno trasgredire ad aliud? [...] Tutto il nostro libro
è una raccolta di prove di tale transito
» (p. 626 e, nella Postfazione, p. 689).
Il
professor Amerio fu messo al bando come emblema della
“reazione anticonciliare”, ma oggi si sta
ritornando anche in Vaticano sul suo pensiero. Intanto,
a fine giugno le edizioni Lindau di Torino hanno pubblicato la riedizione della sua opera
fondamentale Iota unum. Studio delle variazioni
della Chiesa cattolica nel secolo XX, (pp.
752, euro 29) a cura e con Postfazione di Enrico
Maria Radaelli, filosofo dell’estetica e discepolo
di Amerio.
La
stessa casa editrice intende pubblicare nei prossimi
anni, con la curatela di Radaelli, tutta l’opera scientifica edita e inedita del professore
luganese.
* * *
* La Postfazione a Iota unum, sintetizzando tutta la tesi del libro, mostra che le ermeneutiche sul concilio Vaticano II oggi sono tre:
la prima: è l’ermeneutica sofistica estrema della “scuola di Bologna” (Dossetti, poi Alberigo, oggi Melloni) e in generale di tutta la “nouvelle théologie” (Congar, Daniélou, De Lubac, Rahner, Schillebeeckx, von Balthasar ecc.); è ateoretica; essa promuove e spera la discontinuità e la rottura delle essenze tra Chiesa precedente e Chiesa seguente il Vaticano II sotto la copertura delle equivocità testuali;
la seconda: è l’ermeneutica sofistica moderata dei Papi che hanno promosso, attuato e poi seguito il concilio; è anch’essa ateoretica; al contrario però della prima, che peraltro la formò e produsse, essa studia in tutti i modi di dare continuità tra essenza post e pre conciliare, cercando di piegare al senso della Tradizione le anfibologie e le equivolcità testuali di cui sopra;
la terza: è l’ermeneutica veritativa di Amerio e, in genere, di tutti i sospinti (ma solo dopo il concilio) nel cosiddetto “tradizionalismo”; è teoretica, dunque inconfutabile e, nella misura in cui si appoggia alla Tradizione, vincolante; essa riscontra e denuncia nel Vaticano II il tentativo di rottura e di discontinuità con l’essenza; va aggiunto, peraltro, che l’irrealizzabilità di tale tentativo è da tutti i resistenti al concilio (all’infuori dei cosiddetti “sedevacantisti”) per fede assolutamente creduta e da Amerio, come visto sopra (primo paragrafo) e come evidenziato nella Postfazione (§ 3 b, p. 698), anche solidamente dimostrata, di modo che il Trono più alto e tutta la Chiesa ne tornino al più presto a beneficiare.
* * *
DALLA QUARTA DI COPERTINA.
« Romano Amerio si rivela essere ancora una volta il pensatore più attuale e vivificante del momento. Con il garbo teoretico che contraddistinse tutti i suoi scritti egli offre con Iota unum un pensiero molto costruttivamente cattolico, colmando uno spazio filosofico e teologico altrimenti incerto su interrogativi gravi: egli individua e indica che nella Chiesa una crisi c’è, ed è crisi che pare anche sovrastarla, ma mostra che non l’ha sovrastata; che pare rovinarla, ma ancora non l’ha rovinata; individua poi e indica con chiarezza la causa prima di questa crisi in una variazione antropologica e prima ancora metafisica; individua e indica infine gli strumenti logici (iscritti nel Logos) necessari e sufficienti (eroicamente sufficienti, ma sufficienti) per superarla ».
Enrico Maria Radaelli
DESCRIZIONE DELL’OPERA.
Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apax, si trova tutto in Stat Veritas).
Contro molte scuole di pensiero formatesi nel dopoguerra, soprattutto dopo quel concilio Vaticano II esaltato come « rottura e nuovo inizio », come una « nuova Pentecoste » della Chiesa (non solo l’“officina bolognese” di Dossetti, ma tutto il Nord Europa), Romano Amerio ripropone con forza il primato della Verità sull’Amore – come insegnato a partire dagli Evangeli, da san Giovanni Apostolo e san Paolo, e poi da sant’Agostino – per cui in Dio all’essere seguono prima l’intelligere e poi l’amare, e non viceversa.
Per Amerio mutare quest’ordine significa indurre l’uomo ad agire non più mosso dal pensiero, ma dal sentimento, in una condizione di libertà illusoria.
« La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché […] la nostra fede porta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore. L’amore è preceduto dal Verbo, è preceduto dalla conoscenza. Separare l’amore, la carità, dalla verità, non è cattolico ».
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