ConPostfazionedi Enrico Maria Radaelli, nella quale lo scetticismo e il relativismo
denunciati da Romano Amerio come forze inibitorie della forza della ragione danno luogo all’‘orrore assoluto e universale per qualsivoglia novità’, danno luogo cioè al misoneismo nell’arte – sacra o profana che sia –, con grave ricaduta nella liturgia, nella dottrina, nell’etica, nel comportamento sociale e nell’individuazione dei valori (v. in specie il § 10).
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(Dal risguardo destro del libro dell’edizione Lindau.)
« Questo libro – mi confidava l’Autore prima di morire – è pensato per proporre alla mente il mio Iota unum scrivendo qualcosa che è più importante di Iota unum. Difatti questa è la cosa più importante che io abbia mai scritto: è la più importante perché discute delle cose più importanti e più alte ». Stat Veritas: la Verità permane. Questa espressione, che ci trascende e ci conforta, titola una collezione di 55 Chiose in cui Romano Amerio commenta la Lettera apostolica Terzio Millennio Adveniente.
Amerio vi individua un’importanza che, pur oscurata dall’impostazione pastorale, quasi pratica che la motiva, si manifesta nelle espressioni dottrinali che ne sono il principio. Stat Veritas confronta così – per dirla con l’Autore - « le parole create e diveniente [della Lettera apostolica] con le parole increate e immutabili espresse dal Verbum divino » nella sacra Scrittura e nella Tradizione, cioè nella Rivelazione.
Individua imprecisioni che domandano una precisazione, incontra sembianze dottrinali che debbono essere ricondotte a una rigorosa univocità, corregge lapsus storici la cui correzione orienta a più precisi significati.
Il confronto si compie secondo la più bella norma per cui «l’amore – come nota l’Apostolo – si compiace della verità» (I Corinti 13, 6), nello spirito di quella vigile e solerte obbedienza che sempre ha informato la vita di relazione degli uomini (dei “santi”) all’interno della Chiesa.
Si sono seguiti due principi: il primo è quello sotterraneo, ordinativo di tutta la Tradizione, così come è espresso da san Vincenzo di Lérins, per il quale il prima è più del dopo e il dopo vale solo se è unito formalmente al prima. Il secondo, più ampiamente messo tutto fuori nella Premessa, è quello per cui « la parola è più del parlante umano che la proferisce e non ha da confrontarsi, da commisurarsi, da verificarsi in qualche cosa che sia altro da sé ».
Questo libro contempla quindi in qualche modo le stesse idee contemplate in Iota unum, secondo la dottrina del Poeta:
« Non perché più ch’un semplice sembiante / fosse nel vivo lume ch’io mirava, / che tal è sempre qual s’era davante, / ma per la vista che s’avvalorava / in me guardando, una sola parvenza, / mutandom’io, a me si travagliava » (Par., XXXIII, 109-14).
Così l’idea del libro non muta mai parvenza, ma è l’intelletto dell’uomo che si travaglia guardando la sempre identica sembianza, e, così travagliandosi, vede nell’idea quello che è sempre immutabile, ma che vien visto chiarificato e colto in maniera diversa, non modificando l’idea ma modificandosi l’operazione dell’intelletto.
E. M. R.
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DESCRIZIONE DELL’OPERA.
Pubblicato postumo nel 1997, Stat Veritas analizza e commenta in 55 chiose la Lettera apostolica « Tertio Millennio Adveniente » indirizzata il 10 novembre 1994 da Giovanni Paolo II all’episcopato, al clero e ai fedeli in preparazione del giubileo dell’anno 2000, per definire gli orientamenti pastorali per la Chiesa del nuovo millennio.
Insieme a Iota unum, Stat Veritas è l’opera fondamentale di Romano Amerio, il massimo rappresentante dei fautori della continuità della Chiesa.
Amerio contesta all’insegnamento cattolico nato dal concilio Vaticano II di aver trascurato la Verità metafisica del Logos divino – che non è unidimensionale né astratta, come oggi la ritengono anche molti cattolici, ma è una realtà di persona –, e di essersi concentrato sul tema della Carità, riducendo la Chiesa a mero soggetto storico, sociale e culturale che si confronta con le varie opzioni filosofiche e morali proposte dalla società moderna.
Deprivato del suo principio più specifico – la sovrannaturalità, la fede, la dottrina perfettamente « impersonata » dal Logos –, il messaggio cattolico ha così smarrito la sua identità rispetto alle altre religioni e si è dimostrato impotente di fronte al diffondersi, anche all’interno del mondo cristiano, della secolarizzazione e del relativismo.
Come scrive Enrico Maria Radaelli nella postfazione al volume, « Stat Veritas. La Verità sta, ossia è ferma, solida, irremovibile. Anzi – meglio di ogni traduzione letterale –, dobbiamo dire la Verità è: come una vera amica la Verità è, ci precede, poi ci sta davanti, e poi anche ci attende. Per non farci perire nel nostro Io, senza un Amico accanto ».
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STAT VERITAS PRESENTATO DALL’AUTORE.
« Il concetto fondamentale su cui si basa, da cui principia e a cui tende la filosofia moderna è la soggettività. Mentre il concetto fondamentale della filosofia cristiana è che la parola sta: Stat verbum. Infatti l’intelletto non fa, quando intende, che un’operazione puramente recettiva. La parola sta vuol dire che, quando noi percepiamo una verità, il nostro intelletto è attaccato a qualche cosa che non può mutare e che era prima dell’intelletto. Stare significa una preesistenza della verità: una verità che non stesse prima non sarebbe una verità. Anche l’uomo sta, se si attacca alla parola mediante l’adesione che avviene per evidenza. Ma se l’uomo non si attacca alla verità, non vi aderisce, l’uomo non sta più, l’uomo muore ».