DIDA
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Le
Edizioni Lindau pubblicheranno l’intera produzione metafisica di
Romano Amerio a cominciare dall’opera
fondamentale Iota
unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica
del secolo XX, crocevia del sentire cattolico moderno lumeggiato dalla Tradizione, in uscita tra giugno
e luglio 2009 (a cura e con Postfazione di Enrico Maria
Radaelli, filosofo dell’estetica e discepolo di
Romano Amerio) a 25 euro; in contemporanea uscirà anche Stat Veritas. Seguito a « Iota
unum » (anch’esso a cura e con Postfazione di Enrico Maria Radaelli) a 18 euro.
* * *
Presentazione
di Raffaele Alessandrini. Noto soprattutto
per alcune sue posizioni critiche non prive di asperità
nei confronti della teologia moderna e dello stesso
concilio ecumenico Vaticano II, Romano Amerio fu sempre
fedele e rispettoso alla Chiesa istituzionale. Ciò
gli consentì di proporre un singolare contributo
personale di pensiero e di meditazione avvalorato dall'umiltà
e dallo spirito d'ubbidienza filiale che sempre dovrebbe
connotare chi nella Chiesa si ponga in ricerca. Quello
stesso spirito di ubbidienza che risalta, come già
capitò di osservare, anche nelle posizioni di
un personaggio in apparenza lontano da Amerio quale
fu don Lorenzo Milani. In realtà la prossimità
tra i due non si limita solo all’ubbidienza e
al profondo senso dell’unità ecclesiale.
In
particolare proprio l’idea fondamentale di Romano
Amerio del primato della verità sull’amore
collima con quanto il priore di Barbiana scriveva nel
1958 al suo amico e neovescovo ausiliare di Lucca Enrico
Bartoletti. Don Milani lo invitava ad anteporre le ragioni
della verità a ogni altra cosa comprese le ragioni
della carità, anche a costo di rendersi non solo
poco diplomatico ma, se necessario, anche sgradevole
o molesto. Può stupire solo in parte la prossimità
della visione del « tradizionalista e anticonciliare » Amerio a quella del priore di Barbiana che nel
marzo del 1965 plaudiva con trasporto al Vaticano II,
compiaciuto che il suo Esperienze pastorali fosse stato
« sorpassato a sinistra »
da un Papa.
Il
fatto è che quando l’uomo riconosce il
primato alla verità, il Lògos,
essa attira e costringe a sé l’amore, la
volontà e la libertà; richiede di conformarsi
alla sua luce. Via obbligante, ma certo non obbligata,
dal momento che l'uomo può scegliere lucidamente
di aderire a essa come di dissentire, è nondimeno
una strada su misura per gli umili; per chi sa credere
come un bambino.
È
la strada della lex orandi - lex credendi:
come preghiamo così crediamo, esattamente perché
è la Verità-Lògos che
rende liberi. Ed è sempre e solo grazie alla
verità che possiamo riconoscere e distinguere
la carità, e anche la giustizia, da altre espressioni
parziali o riduttive.
* * *
Qui di seguito si dà l’estratto dell’inedito di Romano Amerio,
per gentile concessione di Enrico Maria Radaelli:
La
fede cattolica dice che l’amore procede dal Padre
e dal Figlio. Difatti l’amore procede dalla conoscenza.
Quando si dice che l’amore non procede dalla conoscenza
si fa dell’amore un valore senza precedenti, invece
c'è un valore che precede l’amore ed è
la conoscenza. Quindi questo avvaloramento indiscreto
dell’amore implica una distorsione del dogma trinitario.
Bisogna
dire che lo sviluppo dogmatico della Chiesa nei primi
secoli fu fortemente influenzato dalle ragioni politiche:
a un certo momento tutta la cristianità era ariana,
perché c’erano imperatori che sostenevano
gli ariani; poi, quasi improvvisamente, la cristianità
tornò al dogma trinitario corretto.
Perché?
Perché le opinioni degli imperatori erano mutate.
In tutto lo svolgimento dottrinale c'è un grandissimo
influsso politico; del resto: erano gli imperatori che
convocavano i concilii; non sottoscrivevano, perché
non facevano parte del concilio; ma erano loro che ordinavano
la convocazione, il trasferimento, la chiusura del concilio.
E
quindi, che per la prima volta il Filioque
appaia a Gerusalemme in una certa comunità monastica,
non mi fa alcuna impressione, perché il movimento
progressivo del dogma è un fatto storico: per
secoli e secoli certi dogmi della Chiesa furono impugnati
da certe correnti teologiche; per secoli e secoli ci
furono correnti teologiche importanti che negavano l’Immacolata
Concezione.
San
Tommaso medesimo nega l’Immacolata Concezione,
perché i teologi ortodossi dicono che la Santa
Vergine non aveva neanche “il debito”
del peccato. Invece alcuni di questi sostenevano: non
ebbe il peccato originale ma aveva il debito del peccato
originale, e questo dissenso tra maculatisti e immaculatisti
durò per secoli. San Tommaso era tra i maculatisti;
i Domenicani in genere erano contro l’Immacolata
Concezione, i Francescani erano pro: il grande maestro
francescano che difese l’Immacolata Concezione
è Duns Scoto, di poco susseguente a san Tommaso.
Non
bisogna stupire, perché il dato di fede è
dato all’intelletto e la vita dell'intelletto
è questo progresso. Bisogna però che questo
progresso avvenga dentro i limiti del dato di fede.
Credo,
nel mio Iota Unum, di aver fatto questa osservazione:
noi, cristiani del secolo XX, ne sappiamo molto di più
di quello che sapessero gli Apostoli, perché,
ad esempio, gli Apostoli non sapevano niente dell’Immacolata
Concezione: perché il dogma procede non perché
muti sostanza, non perché ad un certo momento
dica una cosa e in un momento ulteriore ne dica un'altra,
ma perché quella medesima cosa la dice più
chiaramente, la intende più determinatamente.
Questo
del Filioque, che sembra un teorema di astratta
teologia, è un atteggiamento formidabilmente
pratico, perché il mondo è pervaso dall'idea
che il valore vero sia l'azione, il dinamismo.
Al
contrario, sostituendo così, però fallacemente,
la priorità della cognizione con quella dell'amore,
si cade facilmente in un irenismo che vuole abbracciare
ogni dottrina, ogni religione; questo abbraccio è
possibile in quanto si prescinde dal Verbo, che è
una verità, che è una legge.
I
nazisti erano contro il Filioque, i comunisti
sono contro il Filioque, e il dinamismo moderno,
che pone il valore soltanto nell'azione, nell’entusiasmo,
nell'impeto, non vuole il Filioque. Quando
parlo dell'azione ho in mente l’enorme fenomeno
del dinamismo, del tecnicismo, che è caratteristico
del mondo moderno. I comunisti non sostengono il Filioque
perché ripudiano la ragione: il comunismo è
un sistema che maneggia l’uomo senza aver riguardo
alla natura dell’uomo: ora, la natura dell'uomo
è qualche cosa che si legge con la ragione. L’azione,
in questi sistemi totalitari - nazismo e bolscevismo
- non ha alcuna legge al di fuori di quella dell'azione
stessa: perché ripudia il Filioque.
Essi dicono: l’azione, l’amore, sono un
valore che precede tutto; non “procede”,
ma soltanto “precede”.
E
se l’amore - per converso - “precede”,
c'è qualcosa da cui esso procede e da cui riceve
legge, riceve ordine. Quindi il Filioque è
una questione intrinseca al problema del totalitarismo.
Mi
ricordo che c'è un’affermazione di Paolo
VI, che io devo anche aver citato nel mio Iota unum:
Paolo VI, in un certo momento, ha detto: « Noi
siamo i soli a difendere il potere della ragione
» . Quando la Chiesa cattolica difende la legge
naturale, difende la ragione. I veri razionalisti sono
gli uomini di Chiesa - allorché difendono la
legge naturale (n.d.c.) - perché pongono la ragione,
cioè il Verbo, in fondo a ogni cosa e a principio
di ogni cosa. Il pensiero moderno invece mette l'amore,
mette una forza che non ha in sé nessuna direzione
e nessuna destinazione, perché l’amore
crea i figli dell'amore.
Il
pensiero moderno è un’implicita negazione
della ragione: questo lo si vede anche nell'imponente
fenomeno della politica. Quali sono gli Stati che regolano
la politica sulla ragione, o sulle ragioni? Gli Stati
emanano delle ordinazioni a cui soggiace la vita umana;
ma il motivo, la giustificazione di queste ordinazioni
è l’ordinazione in sé. Tutta la
nostra politica è un sistema di negazione della
ragione, un sistema che nega che vi sia qualcosa di
anteriore all’amore, alla volontà, alla
forza dell’azione, perché è lo Stato
che dà a se stesso il proprio destino e ogni
destino che l’amore dà a se stesso è
un destino plausibile, è un destino che diventa
“dovere”. Non perché ci
sia un riferimento al Verbo, ma perché c'è
un riferimento alla forza dello Stato, alla forza dell'amore.
E
poi c’è, definitivo, l’asserto dell'Evangelo
di san Giovanni: In Principio erat Verbum.
E, nel Faust di Goethe, c’è una scena in
cui il dottor Faust sta leggendo la Bibbia e trova:
« In Principio era il Verbo »,
e dice: « No, non può essere il Verbo!
Ma: In Principio era l’Azione! ». Il
dottor Faust di Goethe rifiuta il Filioque.
Questa è una scena molto significativa del Faust,
e qui è proprio affermato il principio moderno
del dinamismo, dell’impeto, del moto, della filantropia,
questa carità orbata della ragione a cui è
ordinata.
Vorrei
quasi dire che al fondo del problema moderno c’è
il Filioque, perché chi nega il Filioque
concede il primato, indiscreto e assoluto, all’amore:
l’amore non ha limiti, non ha remore; qualunque
azione tu faccia “con amore”, quell’azione
è buona.
Separare
l’amore, la carità, dalla verità,
non è cattolico. Si dice che il “volere”
non dipende dal “conoscere”, ma
che è un valore in sé, è l’azione
per l’azione. E questo si vede anche nella teleologia,
perché si dice che l’azione vale per se
stessa: le azioni non varrebbero per il fine per cui
sono fatte, quello che vale è l’azione
per se stessa, cioè l’azione separata da
ogni principio razionale: lo Spirito Santo senza il
Verbo.
E
un nuovo accanimento contro il Cristo, appunto perché
il Cristo è la Ragione: il Cristo è la
Ragione divina che, incarnata, è una individuata
persona storica; il Cristo è la Ragione divina
incarnata, individuata.
Le
cose che sembrano più astratte, più staccate
dalla vita, sono le cose che si trovano proprio nel
cuore della vita.
Se
si dice che l’azione vale per se stessa, che l’amore
non ha nessuna regola, nessun precetto e nessuna precedenza,
si tocca il punto più intimo della nostra esperienza
umana, perché noi viviamo per una verità,
questa: il fine dell'uomo, secondo il nostro catechismo,
è di “conoscere e amare Dio”.
Ma prima c'è “il conoscere”
e poi c'è “l’amare”,
ma il godimento in cosa consiste? In una intellezione,
in una visione; alla quale visione solo segue l’atto
d'amore.
La
carità che i beati hanno nella beatitudine del
Cielo è l’effetto della visione, e in loro
la carità cresce quanto cresce la visione. La
carità, l’ardore dei beati, è proporzionale
alla visione intellettiva, conoscitiva. Questa
visione, poi, cresce per un lume soprannaturale, il
lumen gloriæ. Quindi, secondo la teologia
cattolica, in specie in san Tommaso, la nostra beatitudine
è commisurata alla nostra conoscenza: Dio avvalora,
innanzitutto, la nostra conoscenza e questa conoscenza,
così avvalorata, si infiamma naturalmente.
Questa
dottrina classica, nella teologia cattolica, è
stupendamente esposta da Dante in un canto del Paradiso,
il XIV: « Quando la carne, gloriosa e santa,
sia rivestita, la nostra persona più lieta sia,
per esser tutta quanta; perché s’accrescerà
ciò che a ne dona di gratuito lume - conoscenza
- il sommo Bene, lume che, a Lui veder, me condiziona
». E quello che i teologi chiamano lume di gloria:
è un’aggiunta di conoscenza e di potenza
conoscitiva, al di sopra della natura. Ma poi si dice:
« Perché la visione crescer conviene.
E alla visione l’ardor s’accende ».
Cioè: l’ardore, la carità, l’amore,
si accende a seconda della visione. La visione dell’essenza
divina è condizionata dal lume di gloria e quanto
più cresce il lume di gloria, tanto più
cresce la visione e conseguentemente tanto più
cresce la carità: la carità è in
stretta dipendenza dalla visione, dalla conoscenza.
La
questione del Filioque è la radice,
e questa inappropriata celebrazione dell’amore
è una implicita distruzione del dogma della divina
Monotriade: lo Spirito Santo in tal modo non “procede”
dal Verbo, ma lo “precede”, anzi:
precede tutto. Questa opinione è diventata tanto
popolare perché oggi non si dice: « L’azione
è buona se è conforme alla regola del
Verbo »; ma si dice: « L’azione
è buona se è fatta con amore ».
Anche nella vita odierna noi pecchiamo quando “vogliamo”,
atto volitivo, senza consultare la regola della conoscenza;
noi diciamo: “Prima il volere poi il sapere”,
sovvertendo l’ordine delle processioni.
Io
credo che nella fede cattolica lo Spirito Santo abbia
sempre “proceduto”: difatti, nell'Evangelo,
è il Verbo che dice: « Vi
manderò lo Spirito Santo ». E il Cristo,
è il Verbo, è la Seconda Persona che annuncia:
« Vi manderò lo Spirito Santo,
il quale vi insegnerà ogni vero ».
E, dopo la resurrezione del Signore, gli Apostoli aspettano
lo Spirito Santo che è stato promesso dal Cristo
e che è nato dal Cristo. Non è che lo
Spirito Santo venga, proceda, dal Padre. No: lo Spirito
Santo è mandato alla Chiesa dal Verbo.
Romano Amerio. |