Scheda: Edizione pro manuscripto Aurea Domus, dedicata al Pontificium Consilium de Cultura, Prefazione di Roger Scruton, Interventi di Mons. Brunero Gherardini, Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro e di S. E. R. Mons. Mario Oliveri; Milano, gennaio 2013; in formato aureo, cm 14 x 25,, pp. 262 + XXIV, € 35 (distribuito a Milano dalla libreria Hoepli; a Roma dalla libreria Coletti).
* * *
La prima domanda che uno si fa è: perché mai uno che si occupa di estetica si mette a discettare sul dogma? cosa c’entra una cosa seria come il dogma con l’estetica?
Risposta: perché si dà il caso che la bellezza viva di verità. Niente verità, niente bellezza. La bellezza spilla allegra solo dalla fontana della verità. Ma la bellezza oggi è rovinata dalle scorrerie di vandali e arcivandali fin nelle chiese, e ciò perché la fontana della verità oggi si è inaridita, la Chiesa ha stretto i rubinetti della verità, l’ha ipodogmatizzata, dedogmatizzata, con un linguaggio che quasi non è più il suo.
Da quando la Chiesa ha ipodogmatizzato e dedogmatizzato il suo linguaggio? È ciò che si scoprirà nel libro. Di certo si può dire che tutto ruota intorno all’evento culmine del secolo XX: il famoso Concilio ecumenico Vaticano II.
Parlando però di linguaggio, viene da sé che della cosa se ne debba occupare un filosofo di estetica. Per cui questa è la prima volta che il concilio Vaticano II viene analizzato sotto il profilo della sua forma, che è a dire del suo linguaggio, e Il domani – terribile o radioso? – del dogma è il primo libro che per far ciò usa uno strumento del tutto nuovo, mai usato prima, per quanto sia stato “scoperto” da più di 700 anni, e “scoperto” da un pensatore come san Tommaso, sto parlando di Imago, Immagine (o Volto, Species, Aspetto).
Imago, che con Logos, Splendor e Filius, è una delle quattro qualità sostanziali del Monogenito di Dio, è il formidabile, specialissimo strumento della Filosofia dell’estetica trinitaria, che stringe bellezza a verità, linguaggio a forma, e rende evidente il nesso tra volto e anima, tra bellezza e verità, intuito dai tempi di Platone: il nesso c’è, ed è divino: è Imago.
Il domani del dogma è il primo saggio che, muovendo dalle antiche e severe stanze della filosofia della conoscenza, per salire (come insegna la metodologia esigente e angolare di Antonio Livi), ai piani alti della teologia, ciò compie con gli occhi, per così dire, della conoscenza estetica, ossia attraverso l’analisi del linguaggio e della forma di insegnamento utilizzati dal magistero della Chiesa a partire dal Vaticano II.
È così che, col rigore scientifico massimo, si può giungere a enunciare: la presente grave e pericolosa crisi che sta soffocando la verità nella Chiesa è una crisi ‘formale’.
Dichiarare che la crisi della Chiesa è formale, e portarne le cause, è decisivo, perché senza la giusta diagnosi non si guarisce dal male, ma lo si aggrava: individuare la diagnosi giusta è essere già a metà dell’opera.
Ma come fa una crisi della Chiesa a essere ‘formale’ senza intaccare la sopravvivenza della Chiesa? Non si rende conto forse l’autore della contraddizione in termini? Ed è qui che, allievo di Romano Amerio, posso calare quel che si direbbe il primo carico da undici, e mettere finalmente a nudo la più vera verità mostrando che, a riguardo del Vaticano II, non esistono solo, come dicono, ‘un’ermeneutica della rottura’ e ‘un’ermeneutica della riforma nella continuità’, ma una terza ermeneutica, individuata da quel grande filosofo cattolico, la quale terza è però un’ermeneutica, ahimè, schizoide, dubbia, schizofrenica: de voce (a parole) tutta in continuità con la Tradizione, ma de facto (nei fatti) in totale rottura.
Questa impietosa, ma assolutamente necessaria e chirurgica sollevazione dei lembi della pelle del linguaggio (o forma) sulla carne viva della Chiesa, compiuta sull’infezione ‘formale’ e dunque totale che ha intaccato il corpo storico della Chiesa col Vaticano II, è il cuore del cuore del libro.
Per avere però un “quadro clinico” generale dello stato di salute della Chiesa odierna è indispensabile aver presenti pure alcune altre opere che hanno analizzato con acutezza la grande malata da altri (e imprescindibili) punti di vista: quello filosofico, prima di tutto, compiuto dal prof. mons. Antonio Livi in Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia della religione” (Dante Alighieri 2012); quello teologico di mons. Brunero Gherardini, sia con Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare (Casa Mariana Editrice 2009), sia poi con Il concilio Vaticano II. Il discorso mancato (Lindau 2011); quello storico, offerto dal prof. Roberto de Mattei con il suo decisivo Il concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau 2010); quello semantico, superbamente prospettato dal duo Gnocchi-Palmaro in La bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà (Vallecchi 2011); quello mistico-spirituale, raccolto da alcuni spunti de Il Concilio Vaticano II nei Diari di don Divo, e si intende don Divo Barsotti; quello infine specificamente linguistico, ottimamente presentato – se pur dal fronte “neoterico” – dal gesuita John O’Malley in Cosa è successo nel Vaticano II (Vita e Pensiero 2010).
Se si fa confluire questa potente e larga strumentazione nella mai utilizzata, ma invece molto vantaggiosa, ermeneutica “estetica” aperta da Imago, cioè dal divino Nome che si diceva, essa porterà senza alcuna possibilità d’errore alle severe ma logiche conclusioni teologiche diagnosticate in Il domani del dogma: « La crisi della Chiesa non è solo dottrinale, o morale, o spirituale, o liturgica, o di autorità – è tutto questo, e altro ancora – », ma è una crisi profonda: « è una crisi formale » (p. 21).
Questo libro però non si vuole fermare qui: dopo la diagnosi ci vuole la terapia: dura, naturalmente, e severa, e necessariamente lunga, ma capace di riportare la Chiesa alla santità dovuta. E, non dimentichiamolo, alla sua bellezza.
Terapia: dimostrato scientificamente che il linguaggio del dogma è l’unico portatore di amore, perché è precisamente il linguaggio con cui Dio ci ha parlato e che (ecco l’importanza di Imago) Dio stesso è, esso va rimesso al suo posto, scalzando il linguaggio di falso amore oggi imperante con quelle che Livi denuncia come del tutto false teologie.
Per quanto la Chiesa possa essere scossa – come lo è stata molte volte – dai marosi più violenti e avversi, dalle bufere più tempestose e nemiche, essa non potrà mai precipitare da quel ciglio sul border line del quale i suoi timonieri, a volte, con estrema imprudenza e persino con colpevole malizia nei secoli la spinsero e oggi ancora la spingono: è sempre Amerio che offre il motivo più metafisico – dunque il più scientifico – per cui si può con grande fermezza e serenità sostenere, pur davanti alle attuali e più sconvolgenti apostasie, che « Portæ Inferi non prævalebunt » (Mt 16,18).
Perché « non prævalebunt »? Perché – è sempre Amerio – la Chiesa ha “dimenticato” certe verità, ma non le ha davvero rigettate, non le ha espulse. Son sempre lì: basta recuperarle.
Ergo, per chiudere come chiuderebbe quel grand’uomo pratico che era Gilbert K. Chesterton, la conclusione suona più o meno così: se la Chiesa si è cacciata (ancora una volta) nei guai, nulla le vieta (ancora una volta) di tornare indietro.
* * *
INDICE.
* * *
Prefazione, di Roger Scruton.................................................p. II
Interventi:
I. Qualche annotazione per il lettore circa il libro
di Enrico Maria Radaelli “Il domani del dogma”,
di S.E.R. Mons. Mario Oliveri............................................p. VI
II. Perché sono d’accordo con il libro
di Enrico Maria Radaelli “Il domani del dogma”,
di S.E.R. Mons. Brunero Gherardini..................................p. XII
III. Concilio Vaticano II. Una tesi risolutiva
di Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro..........................p. XV
Il percorso e la logica del percorso......................................p. XX
Primo capitolo.
Contributo della metafisica dell’Imago alla risoluzione
del problema ermeneutico del Concilio Vaticano II..............p. 13
1. Alla base di tutto, nella Chiesa, c’è la qualità
del suo insegnamento: o dogmatico o pastorale..........................p. 13
2. Se essere rivestita della veste dogmatica sia
per la Chiesa una scelta facoltativa o obbligatoria......................p. 15
3. Qual è l’approccio più radicale per risolvere
i problemi di interpretazione del concilio Vaticano II.................p. 18
4. Cosa significa assumere un ‘approccio metafisico’,
anzi, propriamente, ‘estetico’, al concilio Vaticano II.................p. 19
5. La crisi della Chiesa, oggi, prima che dottrinale,
o morale, o spirituale, o liturgica, o di autorità
– è tutto questo, e altro ancora –, è una crisi ‘formale’...............p. 21
6.
‘Forma’ come ‘linguaggio della sostanza’,
ma anche come ‘sostanza del linguaggio’..................................p. 24
7. Il concetto di ‘forma’ applicato al Vaticano II........................p. 26
8. Possibili conclusioni di un ‘approccio estetico’
al problema ermeneutico del Vaticano II....................................p. 28
9. I due principi del concetto di forma: uno storico,
l’Incarnazione; l’altro metafisico, il Nome Imago......................p. 30
10. Se l’“ultrarelazione” tra Verità e Bellezza, origine
dell’arte e del linguaggio, prefiguri l’esistenza
di una “Bellezza aletica” e di una “Bellezza dogmatica”............p. 34
10 a. Perché la relazione tra Verità e Bellezza,
cioè tra un logos e un’imago, è una “ultrarelazione”.................p. 36
10 b. Se dunque, analogamente alla Verità dogmatica,
si possa parlare anche di una “Bellezza dogmatica”..................p. 41
11. Le tre corrispondenze atte a verificare
la portanza dell’“ultrarelazione” tra Verità e Bellezza................p. 43
11 a. Una difficoltà preliminare: se possano rientrare
nei canoni della Bellezza tutti e cinque i sensi............................p. 43
11 b. Le due definizioni di Bellezza in san Tommaso................p. 46
11 c. Conclusione del ragionamento sul metodo
per conoscere l’“ultrarelazione” Verità/Bellezza........................p. 49
11 d. Il valore dell’immagine e della somiglianza
per raggiungere, attraverso Verità e Bellezza, la pace................p. 50
12. Prima corrispondenza: dire Logos è dire Imago...................p. 54
13. Imago, il secondo Nome dell’Unigenito..............................p. 57
14. Seconda corrispondenza: dire Logos è dire Verità...............p. 60
15. Terza corrispondenza: dire Imago è dire Bellezza.
Due le vie: esposizione della prima............................................p. 60
15 a. Terza corrispondenza, seconda via: punti fermi
sul terzo e quarto Nome dell’Unigenito: Splendor e Filius.........p. 61
15 b. Terza corrispondenza, seconda via: in che modo
i due Nomi Splendor e Filius conducono alla Bellezza..............p. 66
16. Prima conclusione: l’“ultrarelazione”
tra Verità e Bellezza, in primo luogo, esiste;
in secondo, è indivisibile; in terzo, è d’amore.............................p. 68
16 a. Seconda conclusione: l’“ultrarelazione”
tra Verità e Bellezza dimostra che la correlazione tra linguaggio
e sostanza data dalla forma è vera..............................................p. 71
17. Come l’obbligatorietà del linguaggio dogmatico
possa essere colta a partire dalle tre proprietà più intrinseche dell’essere intensivo tomista........................................................p.72
18. Le prime due vie, o proprietà, dell’essere intensivo,
permettono di distinguere il linguaggio dell’essere
da ogni altro, la sua eccellenza su ogni altra...............................p. 74
19. Se l’atto d’essere è più perfetto e nobile di quello
del conoscere, perché la Chiesa, dopo il Vaticano II,
si è fatta (decadendo) idealista?..................................................p. 80
20. Per la terza proprietà dell’essere – la sua pervasività
nell’ente – la forma pastorale del Vaticano II impegna
della sua pastoralità ogni sua anche minima virgola...................p. 85
21. Il sacro Nome « Io sono! » come divina origine
del linguaggio asseverativo della Chiesa, ossia
del suo linguaggio dogmatico, autoritativo e obbligativo...........p. 90
21 a. Sintassi di un linguaggio infuocato....................................p. 92
21 b. Il ‘Linguaggio-Dogma’, il ‘Linguaggio-Cristo’,
è l’unico capace di esprimere la divina realtà del Padre.
Ogni altro linguaggio è in ordine a esso.....................................p. 96
21 c. Le cinque proprietà del ‘Linguaggio-Dogma’,
cioè del ‘Linguaggio-Cristo’.....................................................p. 99
22. Due conclusioni generali al 1° capitolo:
1), Verità e Bellezza di insegnamento sono equivalenti.
2), L’imperatività dogmatica dell’insegnamento
della Chiesa discende direttamente dalla ss. Trinità..................p. 101
* * *
Secondo capitolo.
I due modelli teoretici di Chiesa presenti
dopo il Vaticano II: uno che parla
una “lingua di legno” e adogmatica,
l’altro una “lingua di fuoco” e dogmatica............................p. 104
23. Natura dogmatica del linguaggio della Chiesa...................p. 105
24. In cosa consista la (sostanziale) differenza
tra il linguaggio dei teologi e il linguaggio dei vescovi.............p. 112
25. Il linguaggio dogmatico è la via aurea dell’amore:
tanto dogma, tanto amore; niente dogma, niente amore...........p. 113
26. L’espressione dogmatica della Chiesa
è una lingua di legno o una lingua di fuoco?............................p. 117
27. Il linguaggio della Chiesa è dogmatico
perché è pronunciato vicariamente, in Cristo, da Dio stesso....p. 117
28. I quattro motivi per cui il linguaggio della Chiesa
(di per sé dogmatico) è autoritativo e obbligativo....................p. 118
29. Primo: il linguaggio della Chiesa è autoritativo
e obbligativo perché ha origine nell’essere del Padre...............p. 119
30. Secondo: il linguaggio della Chiesa è autoritativo
e obbligativo perché, come il suo contenuto, viene da Dio......p. 120
31. Terzo: il linguaggio della Chiesa è autoritativo
e obbligativo perché, come il suo contenuto,
obbedisce al principio di non–contraddizione..........................p. 123
32. Quarto: il linguaggio della Chiesa è autoritativo
e obbligativo perché fa, perché attua la realtà..........................p. 126
33. Florilegio dei passi del Nuovo Testamento
in cui la Legge dell’amore è da Dio
espressamente comandata........................................................p. 129
34. Per i novatori « Il Vaticano II è un evento linguistico »
col quale imporre alla Chiesa la propria lingua di legno
per poterle sottrarre la sua propria lingua di fuoco....................p. 139
35. Col Vaticano II l’ortoprassi usurpa il trono
all’ortodossia, l’atto alla conoscenza, l’amore alla fede............p. 144
36. Il rischio portato dal Vaticano II è che la Chiesa,
col nuovo suo linguaggio mitizzante e “narrativo”,
perda, e faccia perdere al mondo, il senso della realtà..............p. 146
37. La forma dei concili ecumenici della Chiesa
è naturaliter dogmatica. Come il loro linguaggio.....................p. 153
38. Usi e significati del termine ‘pastorale’.
Sua attuale adulterazione..........................................................p. 158
39. Sintesi delle sette qualità del modello teoretico
canonico di Chiesa, dato dal linguaggio dogmatico.................p. 166
40. Se la terapia con cui la Chiesa somministra
« la medicina della misericordia » e quella con cui
somministra « la medicina del rigore » sia la medesima..........p. 168
41. Alcuni esempi di “parole di fuoco”
(il fuoco brucia il legno) del lessico dogmatico........................p. 172
42. I due motivi opposti per cui sia per tradizionisti
che per novatori la scelta di dare una forma meramente
‘pastorale’ al Vaticano II è stata provvidenziale.......................p. 178
43. La questione delle novità dottrinali.....................................p. 179
44. I tre gradi di magistero: i due dogmatici e il ‘pastorale’......p. 180
45. I due poli, « rottura della continuità »
e « riforma nella continuità », sono entrambi novatori
e sono entrambi in errore.........................................................p. 185
46. La fondamentale tesi di Romano Amerio:
« La Chiesa non va perduta nel caso non pareggiasse
la verità, ma nel caso perdesse la verità »...............................p. 187
46 a. L’ermeneutica « delle due vie » (rottura de facto,
continuità de voce) è il ‘raggio di fuga’ che farà uscire
la Chiesa dalla sua crisi ‘formale’.............................................p. 192
47. La dedogmatizzazione forzata della Chiesa
porta alla formazione in essa di due modelli linguistici,
di due cuori, di due riti, quasi di due Chiese............................p. 196
48. Se un Papa possa peccare contro la verità..........................p. 201
49. La meravigliosa « adæquatio rei et intellectus »,
o ‘adeguamento del pensiero alla realtà’, è il fine
per cui viviamo e che Cristo ha per noi già compiuto...............p. 207
49 a. Di più: la « adæquatio rei et intellectus »,
raggiunta con le ferite della Bellezza della Verità,
permette di guadagnare l’unità, l’amore, la pace......................p. 212
49 b. La « adæquatio rei et intellectus », attraverso
il linguaggio dogmatico della Chiesa, conduce a Cristo,
Verità, Bellezza e Pace nostra..................................................p. 215
50. La soluzione delle presenti difficoltà della Chiesa
è tornare al pieno esercizio del munus docendi........................p. 216
51. Illustrazione dell’unica proposta seria da fare
per il 2015, 50° della chiusura del Vaticano II.........................p. 217
52. Cosa debbono fare i tradizionisti per concorrere
a riportare la Chiesa nel solco della Tradizione........................p. 219
53. È il linguaggio ad aver causato l’attuale
grave stato d’infermità della Chiesa,
ed è il linguaggio che la riporterò alla sanità.............................p. 225
54.
Cosa debbono fare tradizionisti e novatori insieme
per riottenere dal Cielo la pace nella Chiesa e fare,
prima dell’unità dei cristiani, l’unità dei cattolici......................p. 228
* * *
Terzo capitolo.
Conclusione: il vulnus odierno della Chiesa
è lo stesso stato ipodogmatico, ipoliturgico
e ipospirituale in cui essa si trova, tenuta come
prigioniera dal “Linguaggio di legno” del Vaticano II.......p. 234
55. Il domani – terribile o radioso? – del dogma,
della Chiesa, del mondo, dipende unicamente dalla forma
del linguaggio del Magistero della Chiesa................................p. 234
55 a. Ia conclusione: dopo il Vaticano II i modelli
teoretici di Chiesa, o forme, o tradizioni, o destini, sono
divenuti due, e inconciliabili, irriducibili uno all’altro..............p. 238
55 b. IIa conclusione: come possano, l’obbedienza al Papa
e l’obbedienza al dogma, tornare a essere l’unica
obbedienza che debbono essere: quella al Papa-Dogma..........p. 245
55c. IIIa conclusione: percorrere o non percorrere la terza
strada aperta da Romano Amerio deciderà del domani
– terribile o radioso? – del dogma (e della Chiesa,
e del mondo)............................................................................p. 247
55 d. IVa e ultima conclusione: necessità che i vescovi di oggi
assomiglino in tutto ai più santi vescovi di ieri, per esempio
a sant’Atanasio........................................................................p. 249
56. Quasi un post scriptum: se si sarebbe potuta
impugnare la forma pastorale data al Vaticano II.....................p. 251
57. Perché la Dedica al Pontificium Consilium de Cultura...p. 253
Indice dei nomi delle Persone e dei Luoghi.........................p. 255
Enrico Maria Radaelli. Bibliografia ragionata...................p. 262
* * *
(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
* * *
|