Appassionato
cultore di Romano Amerio (1905-97), l’Autore ne espone vita, opere e pensiero, ponendo il lettore di fronte a una produzione
intellettuale che si snoda lungo un periodo di circa 70 anni. Ed ecco l’Amerio filosofo, filologo, storico e anche teologo,
con gli importanti contributi su Cartesio, Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, ma soprattutto su Tommaso Campanella. Intento
primario dell’A. è quello di riportare in luce la figura del maestro dopo l’ostracismo conseguente alla pubblicazione,
nel 1985, del suo Iota unum. È il testo di sintesi del sapere ameriano e, per l’A., è un vero «
compendio metafisico dello scibile cattolico » (p. 135), capace di fornire convincenti e saldi argomenti per avvalorare
la fede. Il libro, tradotto in ben sette lingue, in Italia non fu accolto bene, e Amerio fu bollato come tradizionalista, preconciliare,
lefebvriano. Ma, secondo il Radaelli, è un errore ridurre tutto il pensiero ameriano alla sua posizione sul Concilio Vaticano
II.
In primo luogo perché
Iota unum non è originato direttamente dal Concilio né dalla stima del vescovo scissionista (che Amerio critica
per la sua separazione dalla comunione ecclesiale), ma raccoglie riflessioni avviate già 30 anni prima, inerenti tematiche
più generali. In secondo luogo perché, così facendo, si banalizza l’importante questione di fondo sollevata
da Amerio, ben rappresentata dall’A. nel titolo: Della verità e dell’amore. È qui il nucleo del
pensiero ameriano: il primato della verità sull’amore. Sovvertire tale ordine, producendo così una «
metafisica dislocazione di essenze ", per Amerio si traduce inevitabilmente in un attacco al Cristo, il Verbo di Dio,
il Logos. È per questo che scrive Iota unum e, presentandolo ad Augusto Del Noce, lo definisce un tentativo
di « difendere le essenze contro il mobilismo e il sincretismo dello spirito del secolo " (p. 231). E a Del
Noce, affascinato dall’argomento, pare che « quella “restaurazione cattolica” di cui il mondo ha bisogno
abbia come problema filosofico ultimo quello dell’ordine delle essenze " (p. 233).
Innamorato della verità
e della Chiesa, preoccupato per la secolarizzazione del cristianesimo, per la sua riduzione alla morale e alle opere a scapito
del primato del cristocentrismo, Amerio critica l’« ecumenismo fondamentalista ", la dispersione dell’identità
cristiana nel relativismo religioso, la rinuncia alla Verità per rispetto delle verità-altre, la riduzione dell’unica
vera religione a una delle diverse religioni possibili. È decisivo porre l’assoluta centralità del Verbum:
« Il valore assoluto attribuito alla realtà divina della Parola (Logos), come dei fatti che con la religione ne
discendono […] mettono al riparo l’uomo dal disorientamento del relativismo " (p. 79). È il richiamo
a non sottovalutare i rischi insiti nel naturalismo e in ogni « concezione dello Spirito raccorciata dal soprannaturale
al naturale, […] dal religioso al culturale, dallo spirituale all’intellettuale " (p. 130). Per il Radaelli,
alla fine è avvenuto proprio ciò che il suo maestro temeva: « il sovvertimento dei princìpi per
i quali la ragione è sostituita nella sua prima causalità dall’amore, il progetto dalla realizzazione, l’intelletto
dalla libertà, l’idea dalla praxis […], i valori classici del naturalismo religioso sembrano
avere il sopravvento sulla supremazia del soprannaturale " (p. 206).
L’A., con linguaggio
ricercato e volutamente apologetico, fa risaltare la figura intellettuale e morale di Amerio, e chiarisce l’importanza della
sua visione filosofico-teologica anche per la Chiesa contemporanea. Il risultato è certamente un’arringa difensiva
appassionata e a volte graffiante, ma è soprattutto una provocazione al confronto con il « pensiero forte
" ameriano.
Certo, non è possibile
condividere il giudizio negativo esteso al Concilio nel suo insieme e a tutto ciò che di positivo ne è derivato.
Inoltre, è opinabile il tentativo di spiegare tutte le attuali difficoltà del cristianesimo quasi solamente come
esito di una deviazione dal dogma del Logos, del declassamento della Verità al secondo posto dopo l’amore.
La realtà è più complessa e non si può ricondurre tutta a un solo aspetto: in questo caso c’è
il rischio di riduttivismo filosofico. Eppure l’ipotesi ameriana merita una discussione più approfondita e appare
riduttivo archiviare la sua riflessione – e quella dell’A. – nell’ambito del tradizionalismo nostalgico,
come una posizione ormai superata, incapace di comprendere le novità dello Spirito, se non proprio quasi di ostacolo alla
sua azione, nonostante le dovute riserve.
Se ci si libera dal pregiudizio
fondamentalista, invece, il nucleo della riflessione ameriana si traduce in una provocazione per il pensiero. E non si tratta
di un’isolata visione metafisica del cristianesimo: esso conferisce una forma e un contenuto filosofico a quella componente
ecclesiale che, sulla scia della Tradizione, è protesa a salvaguardare la specificità-identità cristiana.
In tale ottica il lavoro
del Radaelli, riproponendo le questioni teoriche ameriane di fondo, invita a confrontarsi senza pregiudizi, in modo più
sereno. Il testo, dottamente introdotto da A. Livi, decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università
Lateranense, è corredato anche da interviste ad Amerio e recensioni a Iota unum, nonché da un piccolo glossario
per la sua lettura. Insieme all’elenco delle opere ameriane, completi e molto utili sono gli Indici dei nomi, persone, luoghi
e argomenti.
Giuseppe Esposito
|