PREMESSA.
Tutte le volte che ci si avvicina al Verbo, ci si avvicina al Sancta Sanctorum, al
mistero del Dio Uno e Trino e al nostro stesso mistero di uomini. Il Verbo è lo stesso
principio del nostro essere. Avvicinarsi al Verbo è avvicinarsi a ciò che è
nel seno stesso del Padre. Ci si avvicina adorando.
1.
ASCENSIONE DI CRISTO AL CIELO,
DISCENSIONE DELL'ARTE DAL CIELO.
Una domanda che nei secoli ha assillato la cristianità
è quella che si chiede come il monolite del dogma possa variarsi e discendere nella vastità della latitudine e longitudine
della storia, del mondo, delle mille culture, usanze, categorie.
L’insoddisfacente
risposta ha portato spesso ad eresie (iconoclastia e protestantesimo), e ad addossare alla Chiesa un’ingiusta prevaricazione,
di fatto non riscontrabile, nei confronti di civiltà non appartenenti al primigenio mondo greco-latino in cui fu rigettata.
L’esportazione simpliciter di modelli occidentali in culture lontane è piuttosto il prodotto di uno strazio,
e produce uno strazio, che sottolinea non tanto la volontà quanto l’incapacità di misurare correttamente la
questione, e spesso banalmente di non avvertirla.
Va subito detto che la
Chiesa non ha una cultura d’origine: nata ebrea, essa viene cacciata dal mondo ebraico e le è giocoforza inserirsi
nell’ambiente greco-romano. L’apostasia giudaica, compiuta da Gerusalemme il Venerdì avanti la Pasqua del Signore,
gioca provvidenzialmente a beneficio di una libertà culturale derivante dal doversi riconoscere, la Chiesa, in certo modo
orfana del mondo: orfana di lingua e orfana di tempio, orfana cioè di quell’insieme di apparati simbolici
costituenti il plesso semantico mosaico. Dal momento dell’ascensione di Cristo al Cielo la Chiesa infatti, con il comando
appena ricevuto di cristificare il mondo, è costituita Madre di tutte le civiltà e di tutte le arti e culture nate
dall’adorazione del Dio testificato.
Ma,
come già Cristo, figlio di una Vergine per parte di madre, e dello Spirito Santo per parte di padre, anch’essa trova
nel mondo, per mistica analogia, un padre putativo, meramente putativo, di modo che si ricordi d’essere transeunte nel mondo,
pellegrina nel mondo, appartenente com’è unicamente a Cristo.
Con la nascita di tale
Chiesa umano/divina incede con efficacia potente (nel seme c’è già tutta la pianta), la Koinè,
la lingua universale usata in sovrapposizione a quelli che potremmo chiamare i dialetti locali e mondani: sicché la Chiesa
proferisce una lingua sacra talmente univoca e talmente sopramondana da poter essere proferita in tutti i luoghi del mondo e in
tutti i suoi tempi.
Il padre putativo è
significato, paradossalmente, dall’insieme culturale di segni espressivi che in ogni dove del mondo accoglierà il
Verbo trascendente, quali quelli della civiltà greca e parallelamente della romana. Gli insiemi culturali che offrono protezione
all’ostensione divina sono padri adottivi, putativi, di quell’increatus ens, non loro seme né di nessuno,
che è la Chiesa. Questo concetto va esaltato per sgombrare il campo sia ai timori che alle intenzioni di
sopraffazione culturale di un sistema di segni privilegiato sugli altri. L’incarnazione è evento tale da imporre
al mondo e a ogni suo luogo di ricercare la forma artistica congrua con cui trasmettere la trascendenza dogmatica, materializzata
nel seno della Vergine Maria, fino all’occupazione intellettuale e pratica dell’universo nell’unicità
della Koinè, realizzata nella pluralità delle culture putative.
2.
L'ICONA UNIVERSALE.
E l’Antica Alleanza? Non ha forse, il Nuovo Patto, anche una continuità con il Vecchio?
Non ha detto il Signore essere, la Sua, un’opera di perfezionamento? La teologia tomista risponde adeguatamente a queste
domande, e io faccio mie le sue conclusioni: continuità, perfezionamento e rottura sono i tre aspetti di un’unica
economia salvifica per la quale « l’intero Vecchio Testamento consiste nel tendere al Nuovo e nel manifestarsi
in esso » 1 [Vaticano II, Schema
preparatorio De fontibus Revelationis, cap. III, Il Vecchio Testamento. Acta Synodalia I, 181-90.]: continuità nelle divine Persone da adorare e nelle parole (Gesù dice:
« la Legge e i Profeti ») che insegnano ad adorare; perfezionamento nell’essenza del culto, che
da figurale si fa reale, e nella chiamata degli adoranti, che da un solo popolo si estende a tutti i popoli della terra; rottura
con i segni dell’adorazione, che da mosaici, profetici e gelosamente circoscritti divengono (debbono divenire) rispettivamente
cristici, attuali, universali. Con l’imperativo del Signore di spandersi per tutto l’ecumene umano ad annunziare il
suo vangelo, gli Apostoli sono liberati, con la liberazione dalla circoncisione, dalla giudaicità. La circoncisione annoda
tutto il sistema di segni cultuali antecedente, ormai obsoleto, anzi nocivo 2 [Cfr. San Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q. 103: La durata dei precetti cerimoniali;
in particolare a. 3: Se le cerimonie dell'antica legge siano cessate con la venuta di Cristo, e a. 4: Se dopo la passione
di Cristo si possano osservare le cerimonie legali senza peccato mortale.]. Essa viene riconosciuta
figura superata da una più vera realtà per la quale debbono operarsi ben altre circoncisioni.
A nemmeno quarant’anni
dall’istituzione del nuovo Tempio vivente, il vecchio tempio viene raso al suolo dagli eserciti di Tito, e con esso definitivamente
tutto il plesso di segni significanti in cui era configurato. Questo a indicare che c’è una rottura fondamentale
tra il sistema di segni del primo tempio e quello relativa al nuovo: nel primo sistema Dio, l’Altissimo, non è rappresentabile;
al contrario nel secondo è doverosamente, anzi dirò necessariamente e in aeternum rappresentato. (Vai
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