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. Fare questo discorso, così come lo fa Radaelli, significa riportare in primo piano la logica aletica, quella
logica della verità che oggi si tende a emarginare o addirittura ignorare quando in primo piano ci sono appunto le varie
espressioni della logica pragmatica.
In rapporto al problema
che Radaelli affronta in questo libro si dà il caso che molte (anche legittime) istanze pragmatiche abbiano di fatto determinato
noti indirizzi di teologia pastorale e azione ecumenica che hanno contribuito a offuscare la specificità della fede trinitaria
e del vero culto « in Spirito e verità » (Ioan., IV, 23).
Ben vengano allora queste
precisazioni e queste (forse talvolta troppo veementi) polemiche sulle azioni intraprese e da intraprendere per garantire l’ortodossia
a tutti i livelli, da quello propriamente teologico a quello della comune opinione pubblica (dove il “sensus fidelium”
è di grande aiuto per cogliere l’importanza dei problemi dottrinali). Il popolo cristiano ha bisogno di essere continuamente
confermato nella fede, sia nel momento della catechesi che nella liturgia, ma lo stesso problema si pone quando si tratta dell’evangelizzazione,
perché il mandato missionario è stato formulato dal Signore proprio in termini trinitari: « Andate e ammaestrate
tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo » (Matth., XXVIII, 19).
Ecco allora che acquista
grande rilevanza il riproporre in termini radicali il problema della verità su Dio: è vero soltanto il volto di
Dio manifestato nel messaggio cristiano, o sono veri anche quei volti con i quali sono rappresentati dal messaggio religioso dell’ebraismo
e dell’Islam?
Per dirla in termini più
precisi dal punto di vista formale: la nozione di Dio del cristianesimo è l’unica nozione vera, oppure sono vere,
almeno in parte, le nozioni che di Dio hanno Israele e l’Islam?
La risposta consueta è
che non si dovrebbe porre il problema in termini così drastici, di verità o falsità, e che – nel caso
che si debba proprio parlare di verità – occorre attribuire alle tre religioni “monoteistiche” la prerogativa
della verità “naturale” su Dio: ossia, che Dio esiste e che è l’unico Dio. Questo si intende dire,
in effetti, quando si parla di “religioni monoteistiche”.
In realtà, il livello
della “verità naturale” è ampiamente superato, perché quando si parla di ebraismo e di Islam
non ci si riferisce a filosofie precristiane, che noi oggi diciamo “pagane” (si pensi al Dio aristotelico, concepito
come “primo motore non mosso”), le quali esprimono la religiosità naturale di ogni uomo e le certezze del senso
comune riguardo a Dio, concepito come Mistero; queste filosofie, in quanto vere nei limiti delle possibilità della ragione
naturale, sono di per sé aperte a una eventuale Rivelazione soprannaturale, e di fatto la loro parziale ma fondamentale
verità è servita e serve come un insieme di premesse razionali (“praeambula fidei”) che rendono
possibile l’accoglimento della Rivelazione da parte della ragione umana sorretta dalla grazia.
Ma quando si tratta della
religione ebraica o di quella musulmana non siamo più nell’àmbito della “religione naturale”:
in questi casi bisogna parlare piuttosto di religioni “positive” o “istituzionali”, rilevando inoltre
il fatto che queste religioni oggi esistono proprio perché si sono chiuse alla Rivelazione di Cristo (così infatti
avvenne che i primi cristiani, tutti ebrei, si distinsero dagli ebrei ostili al cristianesimo; e così avvenne poi che Maometto
denunciasse i cristiani come blasfemi per la loro fede nella Trinità e nell’Incarnazione del Verbo eterno).
La dottrina di ebrei e
musulmani non è quindi da intendersi come sapienza religiosa che può diventare un avviamento alla fede cristiana:
essa è invece una radicale contestazione di essa, nei confronti della quale ebrei e musulmani si sono posti come antagonisti.
La loro dottrina su Dio,
pertanto, non è un innocuo “monoteismo” integrabile nella dottrina cristiana, ma un’alternativa radicale
e assoluta.
Il dogma della Santissima
Trinità è scandalo per gli ebrei e bestemmia per l’Islam, perché chi concepisce Dio secondo la dottrina
ebraica o islamica non è in alcun modo disposto ad accettare la rivelazione che Cristo ha fatto della sua natura divina
e del suo rapporto con Dio Padre e con Dio Spirito Santo.
Si dirà che si tratta
di rilevamenti scontati, ovvii: ma riflettere seriamente su questa ovvietà, per poi metterla in rapporto critico con la
prassi, è quanto ha fatto Radaelli con questo libro. (Vai
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