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R. DE MATTEI SULLA LITURGIA

« Corrispondenza Romana »
(© CR n.1086 del 3/4/2009)

LITURGIA:
QUESTIONE DI FORMA
O DI SOSTANZA?

Recensione del saggio di Roberto De Mattei *:

La Liturgia nella Chiesa nell’epoca della secolarizzazione
,
Solfanelli, Chieti, 2008, pp. 80, € 7.


Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaSbrigativamente – o meglio astutamente, per non dire artatamente – liquidata come una questione puramente “formale” o “di lingua”, la valorizzazione della liturgia tradizionale o gregoriana (comunemente conosciuta come di San Pio V o tridentina) è un punto che da decenni investe la Chiesa.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaGià prima del Concilio Vaticano II alcune frange progressiste, supportate da una cultura laica e laicista (la stessa che adesso attacca il motu proprio Summorum Pontificum), chiedevano una traduzione del messale: esse vennero accontentate dal cosiddetto “messale di Paolo VI”, che però non si limitò a tradurre quello fino ad allora in uso, ma modificò completamente il rito, tra l’altro abolendo di fatto il latino (ma non, stranamente, le parti in greco e in ebraico, quasi che ai fedeli fosse più comprensibile il significato di “Kyrie eleison” che di “Deo gratias”).
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIn La liturgia nella Chiesa nell’epoca della secolarizzazione (Solfanelli, Chieti 2008, p. 80 € 7) Roberto de Mattei ripercorre le vicende che portarono all’ostracismo – di fatto, sia pure non di diritto – del latino, individuando la causa dell’avversità per la lingua classica nella cultura modernista nella Chiesa e di quella marxista nella società.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNon è un caso che i primi avversari dell’uso del latino siano stati, fin dai tempi di Lutero, i protestanti, nemici di quella visione “verticale” (simbolizzata anche e soprattutto dall’altare tradizionale) e favorevoli ad una visione “orizzontale” (che trova un suo corrispettivo nell’altare moderno, mutuato dalla tavola eucaristica luterana – ma l’intero Novus ordo Missæ nacque per favorire una forma di incontro liturgico con i non cattolici, riuscendo, di fatto, solo a provocare una frattura interna al cattolicesimo): una visione “orizzontale” che ha quasi necessariamente consentito una serie di abusi che sarebbero stati impensabili con il vecchio rito. Sono i risultati della “svolta antropologica” della nuova teologia, quella che preparò il Vaticano II e ne gestì l’applicazione: «non semplice ripresentazione di temi modernistici, ma assunzione dei temi classici del modernismo dopo il marxismo, ossia dopo un pensiero che si presenta come radicale “filosofia della prassi”».

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaÈ l’inversione del rapporto tra lex credendi e lex orandi (in una visione corretta, è quest’ultima a dover discendere da quella e non viceversa), è la desacralizzazione del rito – che passa necessariamente attraverso l’abolizione del latino –, è la colpevole rinuncia ad ogni forma di trascendenza che ha gli stessi presupposti dell’apertura a sinistra che «non interruppe la persecuzione comunista del cattolicesimo e favorì la migrazione dei cattolici verso il comunismo». Però, si sottolinea da parte di chi critica un “ritorno al passato” (ma sarebbe meglio dire “alla Tradizione”), il nuovo rito è più comprensibile.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaQuesto è indubbiamente vero, ma essere più comprensibili è buona cosa trattandosi di una conferenza o di una rappresentazione teatrale; nel caso del sacrificio eucaristico l’importante è comprenderne l’essenza (e non la forma) e parteciparvi interiormente (e non mediante gesti o canti): cosa è più formale, ripetere meccanicamente molte formule – non sempre perfettamente comprese – oppure concentrarsi nella preghiera e nell’adorazione mentre il celebrante recita silenziosamente le parole che permettono la trasformazione dell’eucaristia nel corpo di Cristo?

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaEcco perché fin dall’apparire del Novus Ordo i tradizionalisti hanno chiesto la possibilità di celebrare in rito antico e non di usare la versione latina della nuova messa: perché non è affatto una semplice “questione di lingua”.

* Docente di Storia del Cristianesimo e della Chiesa all'Università Europea di Roma, presidente della Fondazione Lepanto e direttore di « Radici Cristiane ».

 

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