Uno schiaffo. Anzi, più di uno: adamantino, di logica stringente, di animo puro, il professor Enrico Maria Radaelli ci ha abituati così.
E non poteva esservi titolo più indovinato di Street Theology, da “Street Art”, Arte di strada, o da strada, dunque Teologia di strada, o da strada, e buttiamo via san Tommaso e tutto il resto. Questo, per rendere in due parole la drammatica situazione che sta vivendo la Chiesa dal Vaticano II a Francesco, dove tra un papa e l’altro Radaelli, con potenti argomenti, dimostra e illustra una continuità di fondo che però mette in subbuglio quella coi papi precedenti, « come l’arte di un Giotto o di un Michelangelo – scrive – la mette con un Haring o un Basquiat ». È sempre magistero, lì, e qui è sempre arte, ma questa è Street Art, e quella, appunto, è Street Theology.
Negli anni Sessanta c’è stato un passaggio di mano della conduzione spirituale, culturale e morale del mondo, via via più accentuato, per cui oggi a condurre i popoli non è più la Chiesa, ma l’élite laicista, e infatti il mondo si è ateizzato e la Chiesa ha perso milioni di anime, che Papa Francesco sta cercando in tutti i modi di recuperare. Ma chi, come e quando ha causato questo spostamento di leadership?
E questo cambio di conduttore morale è pacifico o è in qualche misura turbolento? e poi: si è concluso con un qualche vincitore, o ha tutt’ora qualcosa da dire e da sollecitarci, proprio a noi che stiamo vivendo la vita della Chiesa e del mondo in questi momenti di cambiamento così epocali?
Perché mai l’Autore mette con tanta convinzione la necessità di avere la più forte certezza delle cose al di sopra di ogni altro valore, fosse persino l’amore, cui peraltro è in ogni riga evidente il suo attaccamento più intimo e ardente?
Chi sarà, infine, il “vincitore” di questo così profondo ribaltamento, se mai ci sarà? E deve per forza vincere qualcuno? E a noi cosa avverrà, dopo? E Dio, il Signore Gesù, che parte ha in tutto questo sovvertimento di valori?
Tutte domande cui un libro immenso, intenso, spiritoso, drammatico e serissimo come questo sa rispondere anche andando ben oltre le attese, con quella completezza e profondità che ben conosciamo del filosofo milanese.
Se Bernini, Caravaggio e Borromini raffigurano bene il valore di ciò che fu il concilio di Trento per la Chiesa, oggi potremmo dire con eguale forza icastica che a rappresentare il tipo di teologia che sgorga dalle labbra della Chiesa sono i Kendridge, i Banksy, i Giant, e non è escluso che su qualche muro, magari non dei più visibili, degli immensi giardini vaticani, si possa ammirare un loro “graffito”, forse persino quello riportato sulla copertina del libro di Radaelli.
A. M.
* * *
(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
* * *
|