Il saggio costituisce il II° volume (il I° è La Bellezza che ci salva),
dell’ideale dittico in cui Enrico Maria Radaelli ha raccolto
l’apparato metafisico-formale per indicare le sublimi origini
(divine, trinitarie) del linguaggio dogmatico della Chiesa,
come pure le serissime, drammatiche, universali conseguenze
(tutt’altro che divine e tutt’altro che trinitarie)
della attuale dedogmatizzazione del suo Magistero,
della sua liturgia, della sua spiritualià e della sua moralità,
i quali, da santi linguaggi ed espressioni “di fuoco” che erano,
dopo il Vaticano II°
sono stati artificialmente trasformati
in impropri e inadeguati linguaggi ed espressioni “di legno”:
artificiali, innaturali, ossia non più divini.
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Scheda: Edizione pro manuscripto Aurea Domus, dedicata al Pontificium Consilium de Cultura, Prefazione di Roger Scruton, Interventi di Mons. Brunero Gherardini, di Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro e di S. E. R. Mons. Mario Oliveri; Milano, gennaio 2013; in formato aureo, cm 14 x 25, su carta Pordenone vergata avorio delle cartiere di Cordenons (Friuli), pp. 262 + XX, € 35 (distribuito a Milano dalla libreria Hoepli; a Roma dalla libreriaColetti, si può richiedere all’Autore con una ).
Enrico Maria Radaelli has written a brave and truthful bo-ok, which returns the reader to fundamental aspects of the Christian faith.
Drawing on the rich Magisterium of the Church, he confronts the damage done to Catholic teaching by the “woo-den language” [in reference to the definition of the p. 104, ndt] and clumsy secular concepts that entered in the wake of Vatican II.
[...]
Dogma represents the path that truth has taken in the world of mortal things, and it is a path that reveals itself through beauty.
This book should be read by all who have the teaching of the Christian faith as their concern. They will be surprised by it, but only because simple truths have now become surprising.
Roger Scruton
Malmesbury, UK, 21 November 2012 Presentation of the Blessed Virgin
Enrico Maria Radaelli ha scritto un libro coraggioso e veritiero, che farà riflettere il lettore su aspetti fondamentali della fede cristiana.
Ricorrendo alla ricchezza del Magisterium della Chiesa, egli confronta il danno fatto all’insegnamento cattolico dal “linguaggio di legno” [in riferimento alla definizione data a p. 1117, ndt] e dai goffi concetti mondani che penetrarono in conseguenza del Vaticano II.
[...]
Il dogma rappresenta il sentiero che la verità ha intrapreso nel mondo delle verità che periscono, ed è un sentiero che da cima a fondo si rivela attraverso la bellezza.
Questo libro deve essere letto da tutti coloro che prendono sul serio l’insegnamento della fede cristiana che li interpella. Ne saranno sorpresi, ma solo in quanto le semplici verità, oggi, sono diventate sorprendenti [traduzione di don Leonardo Villa, NY, USA; vista e approvata dall’Autore].
Roger Scruton
Malmesbury, UK, 21 novembre 2012 Presentazione della Beata Vergine
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QUALCHE ANNOTAZIONE PER IL LETTORE
CIRCA IL LIBRO DI ENRICO MARIA RADAELLI
“IL DOMANI DEL DOGMA”.
di S. E. R. Mons. Mario Oliveri
Anche il lettore più acculturato potrà trovare sicuramente il libro di Enrico Maria Radaelli come un “sermo durus”, come un discorso difficile, tanto più se egli non avrà familiarità al ragionamento ed al linguaggio filosofico, al linguaggio ed al ragionamento in particolare della Filosofia dell’essere, della Filosofia che io considero senza alcuna esitazione come “La” Filosofia, come la veraFilosofia.
Ma un discorso che ruota decisamente attorno alla Verità, che vuole ragionare sulla Verità, che vuole comunicare la Verità, è sempre un “sermo durus” , un “sermo” difficile. L’uo-mo assai facilmente, tanto più poiché vive in stato di “natura decaduta”, permette che la sua ragione devî dalla Verità, lascia che essa si fermi a “ciò che appare” senza raggiungere “ciò che è”, il “ciò che è” delle cose.
Lo scritto di Radaelli è già nel suo titolo “provocatore”, vuole colpire, vuole indurre a riflessione, vuole vincere ed aiutare a vincere, circa l’argomento affrontato (cioè il Concilio Vaticano II, considerato nella qualifica che esso stesso si è data, di Concilio “pastorale”, dunque anche di “magistero” pastorale), l’interpretazione che ben può chiamarsi “vulgata”, quella diventata “comune”, quella più diffusa, quella che quasi sempre si presenta come la meno meditata, la più facile da sostenere, la più derivante da ciò che appare.
Da cosa sarebbe causato il “domani terribile” che paventa l’Autore? Dall’aver operato in modo (in Concilio e fuori del Concilio) da privare l’Assise Ecumenica del suo carattere più vero, quello più consono alla sua natura, più consono a ciò che un Concilio Ecumenico è sempre stato nella vita della Chiesa, e che non può non essere nella vita della Chiesa, e tale carattere è la qualifica di ‘Dogmatico’.
[...]
Lo scritto di Enrico Maria Radaelli, dal contenuto forte ed elaborato, non è se non una energica affermazione che la Chiesa ha bisogno di supremo magistero nella sua più alta e sicura espressione, ha bisogno di “magistero dogmatico” (non sempre ciò che dice il Magistero è Dogma, è proclamazione della Verità in maniera infallibile), affinché Essa possa, guidata dalla luce piena, compiere con grande efficacia la sua Missione di salvezza, la sua opera pastorale tutta rivolta a generare la fede ed a portare la Grazia di Dio.
È del tutto auspicabile che tale scritto induca a serena e profonda riflessione.
† Mario Oliveri
Albenga, 6 gennaio 2013 Epifania del Signore
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PERCHÉ SONO D’ACCORDO
CON IL LIBRO DI ENRICO MARIA RADAELLI
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di Mons. Brunero Gherardinii
Quando, pochi mesi or sono, questo libro arrivò nelle mie mani con le prime bozze, non mancai di prenderlo in seria considerazione per la radicalità del titolo, e quindi del contenuto.
Un libro come questo, che non fa mistero sul dogma non può esser preso sotto gamba. Né la lettura d’un libro siffatto è un passatempo. L’interrogativo, infatti, sul domani « terribile o radioso » del dogma scuote nel duplice senso di rasserenare e di provocare.
Il domani del dogma, in realtà, è sempre « radioso » tanto quanto « terribile »; i motivi per cui lo si vede circonfuso di luce e diffusivo di essa son gli stessi per cui incute non tanto il terrore, quanto il rispetto e l’ammirazione.
C’è nel dogma la presenza di quell’assoluto che trova in esso, e soltanto in esso, una almeno analogica rappresentazione formale.
[...]
Non c’è dubbio che il nuovo libro di Enrico Maria Radaelli farà discutere e, nello stesso tempo, raddrizzerà qualche idea storta.
L’auspichiamo per il bene della Chiesa e della sua teologia.
Brunero Gherardini
Città del Vaticano, 10 gennaio 2013 San Pietro Urseolo Confessore
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DALLA CULTURA POP ALLA CHIESA “MELANCHOLICA”.
IL LINGUAGGIO DOGMATICO AI TEMPI DELLA “CRISI FORMALE”.
di Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro
Per gustare appieno questo libro, per spremerlo ben bene e cavarne tutto il succo, bisogna avere vista aguzza e, soprattutto, grafia minuta. Perché il saggio di Enrico Maria Radaelli è uno di quei libri che vanno letti guardando attentamente che cosa voglion dire le parole. Ma non basta ancora: poi, vanno annotati, laddove il lettore incontri uno sbalzo da cui è invitato a prendere senza timidezze il volo e depositare i propri pensieri accanto a quelli dell’autore. Con grafia minuta, appunto, poiché tra queste pagine, i pensieri corrono veloci e lontani rincorrendo quelli dell’autore e serve spazio, molto spazio... Un libro che si riempie di marginalia ha fatto il suo ufficio. L’autore non può chiedergli di più, se vuole può dilettarsi spiluccando tra i marginalia del lettore. Non è detto che gli piacciano, forse non tutti. Ma, a questo punto, il libro non è più suo. O non solo.
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Finalmente, qualcuno l’ha detto: “crisi formale”. Questa nostra povera Chiesa si trova in una condizione inedita della sua vita e Radaelli la definisce maneggiando con cura termini e concetti acuminati come quello di “crisi” e di “forma”. Mostra come la Chiesa di Roma sia toccata dalla malattia nell’intimità dell’“essere”, ma senza che ne venga mutata l’essenza poiché la Chiesa cattolica non è passibile di tale mutazione. Basterebbe questa intuizione per giustificare il libro.
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La “crisi formale” si manifesta in una sorta di “mal d’e-sistere” che fa pensare alla “melancholia”. Quella tristezza di fondo, quella depressione inconsapevole, che porta un soggetto, pur tra sussulti di incomprensibile esaltazione, a vivere passivamente, senza prendere iniziative, adattandosi agli avvenimenti esterni con la convinzione che non lo riguardino o che in essi non possa avere un ruolo determinante. Si potrebbe definire come il desiderio, in fondo all’anima, di una cosa, di una persona mai conosciuta o di un amore che non si è mai avuto, ma di cui si sente dolorosamente la mancanza o per raggiungere i quali non ci si sente all’altezza.
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Siccome continua, e continuerà, a essere vero l’assunto di Marshall McLuhan secondo cui “il mezzo è il messaggio”, l’aspetto più inquietante della crisi diagnosticata da Radaelli sta nel fatto che il vero messaggio dell’evento conciliare non è la sua dottrina, ma il mezzo attraverso cui questa è stata trasmessa: il linguaggio. E il linguaggio non è solo un contenuto, una dottrina, ma un metodo. Anzi è metodo che si fa esso stesso contenuto e dottrina. Dunque, ci troviamo davanti a qualche cosa di più mutevole e inafferrabile di un semplice errore dottrinale o di un semplice sistema si errori.
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A causa della fallimentare adozione del linguaggio pastorale, gli errori possono essere replicati all’infinito e trovare forme nuove e continuamente cangianti. Il rischio di chi si oppone a tale deriva è quello di combattere battaglie di retroguardia contro i fantasmi degli errori che sono già stati lasciati sul campo dal linguaggio che li aveva prodotti. Non è un caso se persino coloro che si attardano nelle celebrazioni del Vaticano II sembrano così vecchi.
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Se non si decostruisce il linguaggio conciliare, si rischia di porre riparo ai guasti del Vaticano II quando, di fatto, sono già in atto un Vaticano III, un Vaticano IV, un Vaticano V… che non hanno bisogno di essere formalmente convocati in quanto la loro modalità di esistere non è più quella classica e istituzionale cui è dovuto sottostare il Vaticano II, ma possono essere celebrati direttamente sui mezzi di comunicazione.
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Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro
Milano, 28 gennaio 2013 San Pietro da Nola, Confessore