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Enrico Maria Radaelli *

Ingresso alla bellezza. Fondamenti a un’Estetica trinitaria.

LECTIO I.
GRATIA NON DESTRUIT
SED PERFICIT NATURAM.

La grazia non distrugge, ma perfeziona la natura.

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(Pagine 32-45 del libro.) Dove si disegnano le coordinate dell’Æsthetica, rispetto a ciò che viene comunemente chiamato ‘economia della salvezza’. Si ricerca la causa della distanza che si ha nella storia della Chiesa tra teoria e pratica del bello, riguardo allo svelamento della santa Trinità di Dio al mondo pagano: antico e contemporaneo. Si pone l’or-dine delle processioni delle essenze, per stornare ogni pericolo, vuoi di naturalismo razionalista, vuoi di idealismo, vuoi di fideismo: solo Cristo è Signore. Si mostra infine che quando san Tommaso dice Dio, sempre dice Trinità, ultraforma di Dio.

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Inizieremo il nostro cammino intorno alla bellezza, alla pulchritudo, impostandolo in modo che dall’estremo superiore alfa dell’arco – ‘la bellezza in Dio’ – esso tenda la sua riflessione fino all’altro estremo omega, il quale è ancora in qualche modo ‘la bellezza in Dio’, però maggiorata dall’incremento dato dalla deificazione dell’universo adorante il suo Creatore, che convenientemente lo onora e lo ama, attraverso l’unione ipostatica del Cristo e la conseguente partecipazione eucaristica.
La maggiorazione di perfezione – cioè anche della bellezza – non riguarda dunque Dio, ma noi, il creato, giacché, dopo la resurrezione finale dei corpi – compiuto il da farsi nel secolo –, l’universo subirà certamente quel cataclismatico e sostanziale incremento di nobiltà già osservato da abbarbagliati Apostoli sul Corpo divinizzato di Cristo dopo il miracolo della sua risurrezione, e motivo di gaudio e speranza soprannaturali.
Prima di parlare di noi, del creato, e dunque del secolo, sarà necessario parlare appunto di Dio, in ordine all’oggetto della nostra ricerca, per discostare sul nascere nozioni che potrebbero infiltrarsi altrimenti: voglio dire che, correndo noi come tutti il pericolo continuo di cadere nel naturalismo, nell’immanentismo, nell’idealismo – pericolo presente da che mondo è mondo, ma fortificato oggi dalla presa di molte filosofie poco cristiane, per nulla trinitarie – supereremo le insidie con la conoscenza sùbito da presso della fonte divina di ogni verità, sotto l’aspetto che qui più ci riguarda.

È per esempio un comune sentire ritenere che la fonte da cui sgorga la conoscenza che di secolo in secolo monta nel mondo sia l’uomo e la sua storia, per cui, di filosofare in filosofare, l’uomo giunge a certe formulazioni. Questo evoluzionismo culturale ovviamente lambisce anche la scienza estetica, di cui si dà la paternità al diligente Gottlieb Alexander Baumgarten, che nel 1735, seguendo la moda culturale del tempo e una sua particolare inclinazione, conierà il termine æsthetica, in italiano tradotto in ‘estetica’, che è grecismo derivante dall’aggettivo aisthetikòn (capace di sentire, di avere sensazioni), contrapposto genericamente a noethikòn, il quale indica piuttosto una proprietà attinente al pensiero.
Ora, è cosa indiscutibile che in effetti sulla Terra vi siano cause seconde (come il bravo Baumgarten), e tutti i miliardi di uomini che da Adamo a noi hanno molto cogitato e apposto tutti i risultati delle loro cogitazioni uno sopra l’altro, hanno formato quella gran montagna del sapere che è la conoscenza umana allo stadio cui ci è pervenuta: è cosa indiscutibile, e nessuno qui si prova minimamente a discuterla.

Piuttosto, vorrei rilevare che questo ottimo concetto che ci fronteggia va avvicinato a un altro non meno inevitabile: il punto fermo è l’intervento nella storia della Causa prima, che completa e anzi allarga la prospettiva offerta dall’avocazione alle sole cause seconde della realizzazione del percorso storico in tutti i suoi aspetti, stornandola dall’oppressione naturalistica e materialista intrinseca a quel convincimento: come sosteneva l’ottimo filosofo cristiano del II secolo san Giustino, poi ripreso da Origene e poi da quell’anonimo teologo del IV secolo chiamato comunemente Ambrosiaster, « Tutte le verità che vengono dette nel mondo appartengono in primo luogo al Cristo, al Verbo divino »; anzi, stabilendo una legge più generale: « Tutto quanto è stato affermato sempre in modo eccellente e quanto scoprirono coloro che fanno filosofia o istituiscono leggi, è stato compiuto da loro attraverso la ricerca o la contemplazione di una parte del Verbo » (II Apol., 10,1-3). La parte della ragione naturale.
I nostri tre sagaci pensatori [...].

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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)

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