[...] I
‘revisionisti’ della Dottrina, per concludere i loro progetti fondamentalmente anticristici e, di conseguenza, antitrinitari,
1 [Insistiamo sull’intima connessione della retta comprensione intorno all’uno
e all’altro delle due impre-scindibili verità, come stabilito dal Logos stesso in I Ioan., II, 23:
« Chiunque nega il Figliuolo, non ha neanche il Padre; chi confessa il Figliuolo, ha anche il Padre ».]
contano su due fatti vertiginosi: primo, che i santi Padri della Chiesa che li accuserebbero severamente di falsificazione
sono morti, come sono morti tutti i Pontefici che hanno indottrinato sapientemente, caritatevolmente e univocamente le
generazioni che si sono succedute nella Chiesa. Come si sa, i morti non possono parlare, non possono gridare, non possono sgridare.
Secondo, che nella storia è sovrano – come ricorda Romano Amerio – il grande suo oblio: le genti sono
smemorate, passano facendo il loro presente e dimenticano il passato fatto. Se poi, come mostra il Luganese, le autorità
che fanno la storia ricordandola o smemorandola, compiono queste operazioni con interna determinazione, la nescienza si ammuffisce
in ignoranza, la smemoratezza invincibile marcisce nell’affettata. 2 [Romano
Amerio, Iota unum… cit., §§ 330-31.]
Per certi versi, quest’oblio
è anche frutto dell’obbedienza dei condotti ai loro conduttori: più un gregge crede ciecamente ai propri pastori,
più sarà portato a credere, candidamente, che i propri pastori di oggi siano simili (e agiscano similmente) a quelli,
anche se dimenticati, di ieri: insegnanti di verità questi, insegnanti delle stesse verità quelli. È
giusto che imperi questa fiducia, perché a generarla è la costituzione stessa del pastore e del pasturato.
È invece uno scandalo
e, ci pare proprio, il più grave degli scandali, che si abusi dell’obbedienza fiduciosa. 3
[« Guai a colui per cui avviene uno scandalo: sarebbe meglio che gli fosse messa una macina da mulino
al collo e fosse gettato in mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi pargoli » (Luc., XVII, 2)].
Vengono scosse fede e carità della cristianità con una sola percossa. Con una sola percossa viene frantumato l’invaso
che raccoglie l’estensione universale della Chiesa nel tempo, rompendo sia l’unità di forma della sua carità
che l’unità di forma della sua verità, entrambe, per definizione, perenni.
Gli ecclesiastici ecumenisti,
quando sostengono che una dottrina, per esempio quella della ‘sostituzione’, era proferita in un certo tempo in quanto
era valida solo per quel certo tempo, non hanno argomenti ‘dottrinali’, ma solo ‘pratici’, ovvero, in
senso lato, politici, perché quelli dottrinali, strettamente, sono spezzati dalla loro stessa dottrina relativista: come
abbiamo già esposto, 2 [Vedi supra, § 70, pag. 251, da: «
Gli apostoli dunque… »] ma è bene ripetere che, se si pone relativa una dottrina, relativa diviene
anche la dottrina che relativizza: infatti il relativismo è un assoluto, ed è un assoluto che annienta se stesso
compiendo un atto contro natura, compiendo cioè sul piano logico qualcosa di simile all’autofagia: la natura del
relativismo è tale che esso immediatamente divora se stesso. Cosa questa che invece non avviene quando si riconosce la
perennità della verità e delle dottrine discendenti dalla verità, giacché la loro stabilità
garantisce prima di tutto la pacificazione delle dottrine, all’interno della loro storia, nel continuum della doctrina
perennis. La dottrina perenne defluisce nella storia perché la storia le è omogenea come un cerchio è
omogeneo al suo centro.
La bellezza della cosa
sta nel fatto che, contemporaneamente – come si sarà già capito – tra un cerchio e il suo centro sussiste
anche uno scarto, una diffrazione assoluta, tanto iatale quanto è distante l’immobile dal mobile. E le due cose:
omogeneità e disparità, possono coerire solo così: nella prospettiva assoluta (come quando
tutti i punti del cerchio guardano il punto centrale), non mai nella prospettiva relativa (come quando si toglie il punto centrale
e i punti del cerchio rimangono senza il loro centro). Nella prospettiva assoluta tutti i punti del cerchio si proiettano in un
solo punto, tanto quanto la storia riconosce l’aspetto principale del proprio essere nell’essere (antecedente) di
Dio, suo creatore provvidente e sussistente, nel loro essere, quindi, per benevola partecipazione all’essere del punto centrale;
nella prospettiva relativa, per cui si pretende pensare un cerchio senza il centro che lo dà, ogni punto è determinato
(relativo) solo dai punti contigui, per cui il cerchio non ha un termine oggettivo, esterno, per riscontrare di essere cerchio
e, senza punto centrale di riferimento, di fatto è indeterminato, è nulla. Questo è il mistero della creazione:
coabitare con il suo Dio, partecipare a Lui.
Torniamo a noi. E tutto
questo, ovvero l’atto di voler relativizzare l’assoluto divino, perché avviene? Per la preoccupazione di aprire
maternamente le braccia ai ‘fratelli maggiori’. ‘Fratelli maggiori’ che, peraltro, di questo abbraccio
toto cælo falsificante non ne vogliono assolutamente sapere, pretendendo nel contempo – proprio come i figlioletti
perversi con le mamme che di essi hanno fatto idoli viziati – che ci si sbracci sempre più.
Ma un’azione buona,
l’abbiamo visto nel capitolo precedente, non può essere conseguenza di un’azione cattiva. I pastori aprono
le braccia ai ‘fratelli maggiori’ e perdono così, nell’allargamento delle braccia, ovvero della dottrina,
anche le pecorelle che gli erano in grembo. Questo è precisamente ciò che sta avvenendo.
In concomitanza della festa
dell’Ascensione uscì un anno fa 5 [Siamo nel 2003] un documento
della Pontificia Commissio Biblica 6 [La Pontificia Commissio de re Biblica,
organo del Magistero ecclesiastico, fu voluta da Leone XIII per promuovere e dirigere gli studi biblici. Essa doveva assolvere
a tre compiti: promuovere efficacemente fra i cattolici lo studio biblico, approfittandosi dei convincenti risultati ottenuti
dalle più recenti ricerche; tutelare con le armi di una sola savia critica i superiori interessi della sacra Scrittura;
sciogliere con acutezza e discre-zione questioni e problemi emergenti (cfr. Enciclopedia Cattolica, voce Commissioni
Pontificie, col. 61). Il Papa sotto il cui regno fu chiuso il Vaticano II, così come fece con tutti i principali vasi
sacri del Tempio, svuotò anche la Commissio del significato originario per cui era stata creata.] con breve
ma sostanziale Prefazione del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger. Le duecento
pagine dell’opuscolo sono compendiate in due concetti ben espressi nelle righe conclusive della Prefazione.
Titolo del documento: Il
popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana. 7 [Pontificia
Commissio [de re] Biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2001 « Collana Documenti Vaticani »).] Ciò che ora viene discusso è,
ancora una volta, il proferito, il parlato, nella sua oggettività che non ha niente a che fare con il parlante, con il
proferente, perché al fedele è dato discutere solo del Magistero (e solo quando non ne è vincolato ciecamente,
ovvero quando esso non è ‘ordinario’ 8 [Cfr. Denz. 1792:
« Inoltre, con fede divina e cattolica, si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta
o tramandata, e che la Chiesa propone di credere come divinamente rivelato sia con un giudizio solenne [ex cathedra], sia nel
suo magistero ordinario e universale » (Concilio Vaticano I: Cost. dogm. « Dei Filius »).] ), mai
del Magistrato.
Per la prima volta nella
storia della Dottrina della Fede viene enunciata fin dal titolo l’approvazione di sacre Scritture non cattoliche, di sacre
Scritture giudaiche. Per farlo, si esprime prima di tutto la consapevolezza che l’importanza del passo che si vuole compiere
tocca qualcosa di decisivo. Questo per stornare fraintendimenti sulla leggerezza, che noi invece quasi si auspicherebbe, delle
menti: « Senza l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento sarebbe un libro indecifrabile, una pianta privata delle
sue radici e destinata a seccarsi ». Quindi il Nuovo non fa a meno dell’Antico: il legame è riconosciuto.
Ma è anche garantito? Contro ogni aspettativa [...].
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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
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