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LOGOS E THANATOS.

(Pag. 7)

ALTRE DUE CONSEGUENZE:
UNA PER I RAZIONALISTI, UNA PER GLI IDEALISTI

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica(Segue) La dimostrazione per mortem della veridicità degli asserti tomisti è assolutamente congruente, in primo luogo, alla natura integra dell’uomo costituita da Dio in Adamo e da Dio, ancora, gratuitamente maggiorata da suoi doni aggiuntivi quali l’immortalità carnale; in secondo luogo è congruente, e tanto più, alla natura umana reintegrata nelle sue primitive facoltà da GESÙ Cristo, anzi: da lui incrementata, secondo questo particolare aspetto, per via della nuova potenza conferita dal Cristo alla carne gloriosa, non solo, ovviamente, rispetto alla creazione decaduta, ma anche a quella primigenia che non partecipava ancora a Dio come vi partecipa chi rinasce nel Cristo teandrico: nel Cristo tutto Dio e tutto uomo.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaVa considerata, a questo punto, un’altra di quelle conseguenze direttissime di cui si diceva all’inizio, che riguarda appunto il Cristo in rapporto alla natura umana.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaSan Tommaso rileva che « l’uomo, nella sua creazione, ricevette da Dio questo beneficio, che fino a quando la sua mente fosse rimasta soggetta al Signore, le potenze inferiori all’anima sarebbero state sottomesse alla ragione, e il corpo all’anima » (Summa Theol., II-II, q. 164, a. 1). Il disordine provocato dalla mancata sottomissione di Adamo a Dio provoca la dissoluzione delle altre due sottomissioni, per cui, « la morte, le malattie e tutte le altre miserie corporali derivano dalla mancata soggezione del corpo all’anima » (ibidem).
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIn particolare, se prendiamo la ragione, nell’accezione che se ne dà di facoltà dell’uomo di formulare giudizi adeguati, congrui, vediamo che essa solo in Cristo riceve tutta la sua pienezza e svolge tutta la sua potenza, perché solo in Cristo essa viene a trovarsi legata, come detto all’inizio, alla ragione soprannaturale secondo quella sottomissione per cui la creatura è sottomessa al suo Creatore. Ancora san Tommaso più volte mette in evidenza come GESÙ padroneggiasse in sé le stesse sue emozioni, i suoi sentimenti, e fosse padrone della propria stessa morte, proprio in virtù dell’uso retto che egli fa della sua ragione, del suo intelletto: « Con la frase che segue – scrive l’Aquinate – l’Evangelista descrive la morte di Cristo (“E, chinato il capo, spirò”). Anzitutto ne viene indicata la causa: poiché avvenne dopo aver chinato il capo. Il che non va inteso nel senso che avendo egli reso lo spirito, chinò il capo; ma al contrario: poiché l’inchino del capo sta a indicare l’obbedienza, con la quale volle subire la morte. Vedi Phil., II, 8: “Si fece obbediente fino alla morte”. In secondo luogo viene indicato il potere di quel morente: poiché egli “rese lo spirito”, cioè lo rese per virtù propria. Vedi Ioan., X, 18: “Nessuno toglie a me la mia anima; ma sono io che la offro da me stesso”. Infatti, come nota Agostino, nessuno ha in sé il potere di dormire quando vuole, come Cristo aveva invece il potere di morire quando voleva » (In evangelium Ioannis expositio, n. 2452).
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaAllora ci sono più chiare anche le parole di sant’Agostino lette all’inizio: « Dio fece l’uomo in modo che potesse godere l’immortalità, fino a che non avesse peccato; cosicché egli stesso doveva essere l’artefice della sua vita, o della sua morte ». Come avvenne in Cristo: Dio aveva costituito l’uomo con il lume della ragione naturale e, in sovrappiù, gli aveva fatto dono anche della grazia soprannaturale, dono che illuminava la mente di Adamo del lume soprannaturale con il quale egli, nota l'Angelico, si conformava al detto della Scrittura: « Dio fece l’uomo retto » (Eccle., VII, 30). Cristo, nuovo Adamo, ma più perfetto Adamo, in quanto uomo, non avendo peccato godette dell’immortalità che si era procurata per perfetta obbedienza al divino Padre.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaVogliamo mettere bene in luce quanto fosse necessaria all’integrità dell’uomo (compresa la sua immortalità fisica), la presenza della grazia, non a caso chiamata dall’Angelico anche « dono » dovuto a una « giustizia originale », 1 presenza a volte sottovalutata dagli uomini. E citeremo ancora san Tommaso: « L’integrità stessa di quello stato primitivo, nel quale Dio aveva creato l’uomo, […] esigeva che questi fosse creato in grazia. Questa integrità infatti consisteva nella subordinazione della ragione a Dio, delle facoltà inferiori alla ragione, e del corpo all’anima. La prima di queste subordinazioni era causa della seconda e della terza; fino a che, infatti, la ragione fosse stata subordinata a Dio, anche le facoltà inferiori sarebbero rimaste sottoposte ad essa, come fa osservare sant’Agostino. Ora, è evidente che la subordinazione del corpo all’anima e delle facoltà inferiori alla ragione non era dovuta alla natura; altrimenti sarebbe rimasta anche dopo il peccato, poiché le doti naturali sono rimaste anche nei demoni dopo il peccato, come afferma Dionigi.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica« È chiaro quindi che anche la prima subordinazione, cioè la subordinazione della ragione a Dio, non dipendeva esclusivamente dalla natura, ma dal dono soprannaturale della grazia. […] Perciò sant’Agostino scrive che, “appena compiuta la trasgressione del precetto, venuta loro a mancare la grazia, [Adamo ed Eva] si vergognarono della nudità del loro corpo; sentirono infatti il moto della loro carne disobbediente, quale castigo proporzionato alla loro disobbedienza”. Da ciò si comprende che, se l’obbedienza della carne allo spirito venne a mancare con la sottrazione della grazia, le facoltà inferiori erano soggette in forza della grazia presente nell’anima
» (Summa Theol., I, q. 95, a. 1).
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaAl venire meno della grazia, da cui riceve il lume soprannaturale che gli dà rettitudine d’intenti, autocontrollo, possedimento della scienza delle cose, al primo uomo viene meno la vita e il suo corpo viene offerto alla decomposizione. Egli porta disordine nel legame che subordinava la sua ragione naturale al lume soprannaturale dato dalla grazia, sicché questo disordine si ritorce immediatamente contro di lui: le facoltà inferiori della sua natura si ribellano all’integrità non più retta dalla luce divina e la loro ribellione porta tutto l’uomo in cui albergavano a decomporsi.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaTre sono le decomposizioni. Decomposizione spirituale: l’anima non è più atta a vedere Dio e muore (Inferno) decomponendosi dalla grazia che la componeva a Dio; decomposizione intellettuale: la ragione, padroneggiata dalle potenze inferiori, cade nell’errore e nell’ignoranza (i mali spirituali) decomponendosi dalla perfetta teoreticità che la legava univocamente e limpidamente alla realtà sensibile; 2 decomposizione carnale: il corpo perde la sua forma (l’anima) e si decompone in materia minerale.
Questo vuol dire che c’è una relazione diretta tra Logos e Thanatos, tra Ragione e morte, tra Somma Sapienza e mortalità umana.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIl vero legame di Thanatos non è quello erroneamente celebrato con Eros (amore di dilezione), ma quello con Logos (Ragione, anzi: Ragione di Amore 3), da cui dipende immediatamente, direttamente: « Cristo GESÙ, il quale annullò la morte » (I Tim., I, 10): Cristo, cioè l’unione teandrica tra Logos, l’Intelletto divino, e l’integro intelletto umano. 4 Quindi il Logos divino, in unione ipostatica con l'intelletto umano non ferito dal peccato, annullò la morte, Thanatos, conseguenza del peccato.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaSolo l’Incarnazione del Logos divino poteva restaurare l’ordine sconvolto dalla mente del primo uomo, mente disobbediente, mente disordinata, ricapitolando in un unico imperativo d’obbedienza i tre ordini enunciati da san Tommaso: il corpo all’anima, le facoltà inferiori alla ragione, la ragione a Dio. Il Logos divino « ricapitola in se tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili » (Eph., I, 9). Le visibili, cioè le facoltà naturali; le invisibili, cioè le potenze soprannaturali. Le prime non possono vivere, non possono sopravvivere, senza le seconde. E cosa è mai vivere o sopravvivere se non si vive a lungo, anzi se non si vive per sempre, anzi: nell’eternità? 5
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’uomo, anche il più severo razionalista, non ha scampo: la sua immortalità può raggiungerla sì con la ragione, come sempre ha sostenuto, ma solo se è la ragione divina incarnata chiamata Cristo, come ha sempre negato. In altri termini: la ragione umana non può assolvere alla sua funzione ordinatrice e dominatrice se non è sottomessa alla grazia soprannaturale, alla fede, che le è estranea nel senso di estrinseca e non nel senso di avversa; e che le è superiore.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaDate queste condizioni il razionalista, che tanto bene ripone nella ragione, può cogliere il bene essenziale e primario che la ragione offre: la ragione offre all’uomo la vita. La ragione è l’unica facoltà capace di dare all’uomo la vita. Vita eterna essendo la Ragione eterna.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’abbiamo già rilevato: la vita, la storia, l’universo, la realtà più materiale, esistono solo in virtù di una realtà immateriale, pura come puro è l’intelletto, cui pochi riconoscono il carattere fontanile e sorgivo che gli spetta. (Segue)

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1 Summa Theol. I, q. 100, a. 1: « La giustizia originale, in cui fu creato il primo uomo, era un “accidens” appartenente alla natura della specie, non come cosa prodotta dai principi essenziali della specie, ma come un dono, elargito da Dio a tutta la natura. E questo è evidente, perché gli opposti appartengono a un unico genere: ora, il peccato originale, che si contrappone a tale giustizia, è denominato peccato di natura; ed è per questo che si trasmette di padre in figlio. E per tale motivo i figli sarebbero stati simili ai loro genitori nella giustizia originale ».
2 Cfr. Summa Theol., I, q. 94, a. 1: « La rettitudine dell’uomo creato da Dio consisteva nel fatto, che le creature inferiori erano subordinate alle superiori, e le superiori non erano ostacolate dalle inferiori. Quindi il primo uomo non trovava impedimento nelle cose esteriori alla contemplazione chiara e continua degli effetti intelligibili da lui percepiti per l’irradiazione della prima verità, mediante la cognizione sia naturale che gratuita ».
3 Cfr. Summa Theol., I, q. 43, a. 5, ad. 2: « Il Figlio è Verbo, ma non un verbo qualunque, bensì un verbo che spira l’Amore »; anche sant’Agostino, De Trin., 9, 10: « Cognizione piena di Amore ».
4 Il celebre asserto per cui « forte come la morte è l’amore » (Cant. VIII, 6b), lega eros a thanatos nella potenza; ma l’amore dipende dall’intelletto, che, come appena visto, lo formula, descrive, conosce; questa identificazione dell’amore come cognizione d’amore, e non come un qualsiasi amore, permette il successivo atto di volontà – amare – « forte come la morte ». Dunque forte come Thanatos è propriamente Logos. Questo è fatto da precisare, a contrasto della diceria che fa credere che gli affetti siano forti come la morte (cioè più forti): no, non gli affetti ma il unicamente il soprannaturale Amore spirante dal soprannaturale Verbum. L’asserto infatti è preso dalle sacre Scritture, le quali parlano del Cristo e non hanno senso se viene loro tolto il significato cristico. Cfr. anche: Enrico Maria Radaelli, Il Mistero della Sinagoga bendata, Effedieffe, Milano 2002, pag. 40, nota 3.
5 San Tommaso distingue tra eternità, proprietà esclusivamente divina, di cui però godono per partecipazione i beati e per la cui partecipazione si può dire che essi vivono ‘nell'eternità’, in Dio, e il tempo imperituro dell’inferno vissuto dai demoni e dai dannati. È differenza di specie, perché nell’eternità, essendo essa tutta insieme, non vi è il procedere del tempo che si dà invece fuori dalla visione di Dio, e che anzi costituisce un aspetto, e non l’ultimo, della pena: « Il fuoco dell’inferno è detto eterno unicamente perché non finirà mai. […] Quindi nell’inferno non vi è vera eternità, ma piuttosto il tempo, secondo la frase del Salmo: “Il loro tempo si estenderà per tutti i secoli” (Psal. 80, 16). » (Summa Theol., I, q. 10, a. 3).

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