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SU SEVERINO

«Aquinas»
(© Aquinas, 51 (2008), n. 1-2, pp. 223-243.)

Valentina Pelliccia *

LA METAFISICA DAVANTI
AL MISTERO EUCARISTICO.


Nota critica alle Lezioni veneziane di Emanuele Severino.

 

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa recente opera di Emanuele Severino, L’identità della follia, 1 [EMANUELE SEVERINO, L’identità della follia. Lezioni veneziane, Rizzoli, Milano 2007.]è la raccolta ordinata delle lezioni che il filosofo bresciano ha tenuto all’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’anno accademico 2000-2001. Le sedici lezioni presenti in questo lavoro interessano gli ambiti filosofici della metafisica e della logica e prendono in esame l’essere e il divenire, il principio d’identità e il principio di non-contraddizione.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaTali elementi logico-metafisici sono esaminati da Severino sulla scorta della sua impostazione razionalistica e quindi sono da lui riconosciuti nel ruolo di fondamento ontologico e cognitivo che essi hanno nella tradizione filosofica, ma sono giudicati inadeguati e addirittura definiti “follia” — perché causa del nichilismo del pensiero occidentale —, sulla base della sua scelta di relegare l’essere alla sola dimensione logica.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIn Emanuele Severino l’essere è il principio assoluto per il quale il pensiero è eternamente in atto. Secondo il filosofo bresciano l’essere non è il principio metafisico di una sostanza composta di atto d’essere ed essenza, bensì è il principio dell’atto eterno del pensiero e suo fondamento semantico nel quale s’identifica ogni singolo significato. Pertanto, in tale prospettiva, i principi logici, come ad esempio il principio di incontraddittorietà e il principio d’identità delle identità, 2 [Cfr. IDEM, Tautót?s, Adelphi, Milano 1995.] non hanno tanto una funzione regolativa rispetto al pensiero quanto, piuttosto, stanno a indicare la struttura costitutiva del pensiero, così come per la metafisica aristotelica e tommasiana l’atto d’essere e l’essenza dicono la sostanza.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNon vi è per il pensiero altro referente che l’essere del pensiero stesso, manifesto in modo immediato nella complessità semantica della «struttura originaria» ed espresso con ordine dalla sintassi della predicazione (i principi e il movimento dell’apparire) che mai è causa della possibile separazione dell’essere dalla propria identità di essere (nel senso che in tale predicazione è negato ogni possibile divenir-altro o meglio divenir-nulla dell’essere), bensì conduce l’essere al conseguimento della pienezza del concreto e quindi alla «Gloria».
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa matrice razionalistica della riflessione di Emanuele Severino è rinvenibile sin dalla scelta di indicare il pensiero quale punto di partenza della conoscenza. Infatti, al pari di Descartes, Severino sceglie la coscienza come inizio della conoscenza e unico campo d’indagine della filosofia e non tiene conto della conoscenza di prima intentio, acquisita con l’atto del cognoscere, 3 [Scrive Étienne Gilson in riferimento all’importanza che ricopre l’atto del cognoscere quando si mette a confronto la posizione realistica con quella idealistica: «Nulla vieta al realista di passare, per via di analisi riflessiva, dall’oggetto presente nella conoscenza all’intelletto, e poi dall’intelletto al soggetto conoscente. È pacifico che questo è l’unico metodo a sua disposizione per sapere qualcosa circa l’esistenza e la natura del soggetto conoscente: “Res sunt, ergo cognosco, ergo sum res cognoscens”. Non è la validità di questa analisi ciò che distingue il realista dall’idealista; non è vero che il realista la neghi mentre l’altro l’accetta: la differenza sta nel fatto che il realista non è disposto ad interpretare il risultato ultimo della sua analisi come se fosse il principio da cui dipende tutta la realtà da lui analizzata. In effetti, dal fatto che l’analisi della conoscenza ci conduca a un “io penso” non si può dedurre che l’“io penso” sia il primo principio della conoscenza; dal fatto che ogni rappresentazione sia indubbiamente una forma di “pensiero” non si può dedurre che sia soltanto pensiero, e neppure che l’“io penso” condizioni tutte le mie rappresentazioni» (ÉTIENNE GILSON, Il realismo, metodo della filosofia, edizione italiana a cura di ANTONIO LIVI, Leonardo da Vinci, Roma 2008, 137).] che precede e induce quella coscienziale di secunda intentio.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaMa, al contrario di Descartes, nel filosofo bresciano il pensiero, espresso dalle proposizioni “il pensiero è l’immediato” 4 [Cfr. EMANUELE SEVERINO, La struttura originaria (1957), nuova edizione ampliata, Adelphi, Milano 2002, 114.] e “l’essere è”, è il soggetto di un giudizio che è la manifestazione di un contenuto di conoscenza universalmente riconosciuto come tale, e per questo stimato come il primo giudizio vero, che non si limita, come nel caso del “Je pense, donc Je suis”, a descrivere un fatto (l’essere in atto di un’operazione immanente) colto dalla coscienza di un soggetto. Severino ha ben chiaro che non si può iniziare un cammino di acquisizione di conoscenze partendo dall’affermazione di un atto, il pensare, che per lo più è stato privato, dallo stesso metodo che lo ha rilevato (il dubbio metodico), del contenuto conoscitivo che lo giustifica nell’atto: 5 [Il risultato dell’applicazione del dubbio è stato chiamato da alcuni critici contemporanei “pensiero vuoto”, ovvero puro atto del pensare privo di contenuto. Tale “pensiero vuoto” è il cogito a cui Descartes perviene, in quanto il dubbio ha eliminato ogni tipo di conoscenza (da quelle del senso comune a quelle della scienza) e l’unica a resistere al dubbio è quella riguardante l’atto del pensare. Ora, questo atto è di per sé ingiustificato, perché è stato privato della causa che lo pone in atto, ossia è stato privato delle conoscenze che lo fanno esistere come atto, perciò è indicato quale “pensiero vuoto”. In proposito Antonio Livi scrive in La ricerca della verità: «Cartesio è il primo ad adottare il dubbio metodico universale quale punto di partenza della riflessione filosofica, e con questo procedimento critico la nozione classica di verità viene radicalmente messa in crisi, perché il metodo cartesiano del “dubbio iperbolico” è indirizzato alla scelta del “pensiero vuoto” (il “cogito” cartesiano, infatti, è proprio il dubbio, ossia il pensiero senza un oggetto diverso da sé). Ciò significa che per la prima volta della storia della filosofia viene messa in discussione la prima certezza del senso comune, quella dell’esistenza del mondo, pur nella consapevolezza […] che essa è l’evidenza primaria che fonda il pensiero, nel senso che lo rende possibile (la riflessione sul pensiero, che è conoscenza, presuppone infatti una previa conoscenza delle cose stesse). Per la prima volta la filosofia esprime così un atto di libertà del pensiero che si affranca dalla reale evidenza delle cose» (ANTONIO LIVI, La ricerca della verità. Dal senso comune alla dialettica, Leonardo da Vinci, Roma 20053, 45). Si veda inoltre dello stesso autore l’articolo, “Fede nella Rivelazione e metodo cartesiano: alle origini dello scetticismo moderno”, in Aquinas, XLV (2002), n. 2, 7-26, in modo particolare 16-21.] è necessario che l’inizio sia rappresentato da un giudizio, pertanto, se si vuole partire dal pensiero, ci si deve rivolgere al contenuto del pensiero e non all’atto del pensare. È per questo che egli afferma come soggetto del giudizio originario l’essere e pone in identità l’essere con il pensiero, perché solo in questo modo può stabilire che il pensiero è l’immediato, in quanto, identificandolo con l’essere, lo ha ricolmato di contenuto semantico ed è quindi un sapere.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’elemento che in modo inequivocabile contraddistingue la posizione filosofica di Emanuele Severino dall’atteggiamento tipico del metodo razionalistico è la completa indipendenza della dimensione logica da quella ontologica; nel senso che Severino non ha alcun interesse nel cercare di scoprire se il contenuto del pensiero sia in corrispondenza con la res, perché l’unica realtà di riferimento è quella che egli individua della dimensione trascendentale dell’essere, e per questo giudica la realtà metafisica esaminata dalla philosophia perennis come effetto della separazione del pensiero occidentale dalla verità dell’essere e causa del suo esito nichilistico.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaSulla base dell’interpretazione del divenire quale passaggio dall’essere al nulla e dal nulla all’essere, Severino accusa il pensiero occidentale di aver identificato l’essere con il nulla e di essersi così allontanato dalla verità dell’essere. Tale allontanamento è la causa del carattere nichilistico del pensiero occidentale, perché il termine “nichilismo” «significa affermare che le cose sono niente, ossia che il non-niente è niente» 6 [EMANUELE SEVERINO, Essenza del nichilismo [1972], nuova edizione ampliata, Adelphi, Milano 1995, 137.] e proprio a questo giunge il pensiero occidentale per aver prestato fede nel divenire. La critica di Severino poggia sull’incapacità dimostrata dal pensiero occidentale di non essere riuscito a mantenere come assoluta l’opposizione fra l’essere e il nulla e di aver, così, ceduto alla tentazione di identificare l’essere con il nulla.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaQuesto errore del pensiero occidentale è stato generato dalla scelta di prestare fede nel divenire e di aver per questo concesso di separare l’essere dall’Uno originario, in quanto è a causa della fede nel divenire che l’«essere può cominciare ad essere solo se altre parti dell’essere non sono […] [e] dunque, l’essere non è». 7 [IDEM, La filosofia dai Greci al nostro tempo, vol. I: La filosofia antica e medioevale (1996), Bur, Milano 20064, 71. In quest’opera divisa in tre volumi e dal carattere manualistico, proprio di qualsiasi lavoro storico della filosofia, è possibile rintracciare da parte di Severino una sorta di “giustificazione storica” della sua posizione. Ad esempio, nelle pagine dedicate a Parmenide, dalle quali abbiamo tratto la citazione presente nel nostro testo, troviamo scritto: «Parmenide scorge che ciò che è identico in ogni cosa è l’essere; e l’essere è ciò che si oppone al niente (questo è il significato supremo dell’opposizione) e che attraversa tutte le cose raccogliendole in una inviolabile Unità. Questa Unità — che è il Tutto e quindi non manca di nulla — è “inviolabile” perché da essa non può separarsi alcuna parte: la separazione dall’Uno originario (che viene affermata anche da chi, come Anassimene, spiega il costituirsi del divenire cosmico mediante un processo di rarefazione e di condensazione) si produce infatti nel divenire, dove una parte dell’essere può incominciare a essere solo se altre parti dell’essere non sono, e dove, dunque, l’essere non è» (ibidem).]
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Il filosofo bresciano nega il divenire come evidenza e sulla base della sua impostazione razionalistica afferma che il divenire è causa del passaggio dall’essere al non-essere e dal non-essere all’essere. In questo processo avviene l’impossibile: è negata l’incontraddittorietà e al suo posto è affermata la contraddizione dell’identità dell’essere con il non-essere. Tale contraddizione è la fede nel divenire, una fede che Severino non può giustificare sul piano universale, in quanto manca di un testimone che faccia giungere a tutti il contenuto della fede; e certo non basta sostenere che questa fede si apprenda dall’acquisizione del pensiero occidentale, perché questa fede è principalmente una questione gnoseologica, quindi riguardante il modo del conoscere in termini universali per l’uomo, e poi epistemologica, nel senso di fondamento per le scienze. 8 [IDEM, Essenza del nichilismo, cit., 45.]

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Dopo questa breve presentazione delle ragioni storico-teoretiche che giustificano la critica di Emanuele Severino nei riguardi di tutto il pensiero occidentale, siamo ora chiamati a conoscere quale sia il fondamento sul quale egli edifica il suo ragionamento per capire il suo punto di vista; ossia, dopo aver già accennato alla dimensione trascendentale dell’essere cui si riferisce il filosofo bresciano, dobbiamo ben comprendere in che cosa consista la verità dell’essere da lui indicata come referente del discorso, per rimandare a questo referente la nostra comprensione graduale del suo ragionamento e delle dirette conclusioni. Il soffermarci solo sul contenuto o sui termini impiegati per la critica non ci permette di capire che cosa egli stia dicendo, perché non avremmo la possibilità di giungere all’individuazione dei principi metafisici e logici sui quali confrontare la sua posizione con la nostra, la quale ha come fondamento epistemologico, al posto della dimensione trascendentale, le certezze del senso comune, 9 [Per la giustificazione filosofica del senso comune e la formalizzazione della logica aletica che della filosofia del senso comune ne consegue, si vedano principalmente le opere di Antonio Livi, Filosofia del senso comune. Logica della scienza & della fede, Ares, Milano 1990; Il principio di coerenza. Senso comune e logica epistemica, Armando, Roma 1997; Verità del pensiero. Fondamenti di logica aletica, Lateran University Press, Città del Vaticano 2002; Senso comune e logica aletica, Leonardo da Vinci, Roma 2005; Metafisica e senso comune. Sullo statuto epistemologico della filosofia prima, Leonardo da Vinci, Roma 2007.] unitamente alla dottrina metafisica dell’actus essendi di Tommaso d’Aquino come loro formalizzazione.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaPer questo iniziamo col dire che, secondo Severino, «l’essere eternamente appare legato al suo “è” dalla necessità dominatrice; pertanto eternamente appare il senso verace e concreto della dominazione della necessità, in cui consiste la struttura della verità dell’essere. […] L’ente che appare, appare incluso nella totalità dell’essere, ma la totalità appare solo formalmente: la concreta pienezza dell’essere rimane nascosta». 10 [EMANUELE SEVERINO, Essenza del nichilismo, cit., 215.]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’essere è il contenuto concreto del pensiero e l’“è” al quale è legato è lo stesso essere espresso attraverso il linguaggio. Scrive Severino in La struttura originaria:

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica«La struttura originaria è struttura, perché è predicazione, cioè una relazione in cui qualcosa è detto di qualcos’altro appunto perché quest’altro è ciò che esso è — e quindi il qualcosa detto è dedicato (prae-dicatum) a qualcos’altro. Questo dire non è un’operazione del mortale (o di un dio — e non è in alcun modo un’operazione). Per esprimerlo potrebbe forse essere più adatta la forma latina inusitata dix, che si forma su dico, così come lex si forma su lego. Il dire è l’apparire delle relazioni tra le cose, e quindi anche della relazione tra le cose e quelle certe cose che sono i segni delle cose e delle loro relazioni». 11 [IDEM, La struttura originaria, cit., 24.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLe parole sono enti rispetto all’essere e quindi sono indicabili come determinazioni. Tali enti, però, non hanno un actus essendi separato e nemmeno ricevuto dall’essere, bensì hanno lo stesso atto dell’essere, sono infatti eterni; ma non solo, se le parole hanno lo stesso atto dell’essere vuol dire che non si può affermare che esse partecipino dell’essere, al contrario bisogna riconoscere che sono l’essere. Sono in identità con l’essere, tanto quando sono nel loro status di concetto astratto dell’astratto, quanto, dal loro passaggio nel cerchio dell’apparire, sono nello status di concetto concreto dell’astratto.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLe parole sono costituite da una materia, rappresentata dai segni, che mostra la loro morfologia e da una forma che determina il loro significato, ma soprattutto possiedono un doppio legame d’identità con l’essere, il principio di identità delle identità, perché, nel dire l’essere con il linguaggio, ogni ente (ogni sostantivo o ogni soggetto) viene legato, attraverso la sintassi, al predicato “essere” e tale legame dice tanto l’identità del singolo ente con altri enti nell’essere (prima identità) quanto l’identità dello stesso ente con l’essere (seconda identità chiamata “identità delle identità”), in questo modo la predicazione esprime l’ente come eternamente identico all’essere e non oscillante fra l’essere e il nulla. Va inoltre aggiunto che «da un lato, queste due identità si implicano, come si implicano tutte le altre identità degli essenti con se stessi. […] E l’implicarsi di queste due (e di ogni altra) identità è daccapo (come suggerisce la stessa parola “implicazione”) il loro essere insieme. Ognuna delle due identità è il suo essere insieme all’altra. Ogni identità è il suo essere insieme alla totalità dell’identità (e questa identità delle identità è l’identità “concreta” […]). Ma, dall’altro lato, queste due identità non sono soltanto l’essere, ognuna, insieme alle altre (sì che ognuna è identica al suo essere insieme all’altra): ognuna è, anche, l’altra; queste due identità sono identiche, sono lo stesso. […] La struttura originaria della verità è la struttura, cioè l’implicazione necessaria di una molteplicità di identità, che appunto per questa loro implicazione sono identiche, cioè sono un’unica identità. E anche l’affermazione che sono un’unica identità è insieme l’affermazione di una di tali identità». 12 [IDEM, Tautót?s, cit., 164-166.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLe identità significano lo stesso significare, ma non lo stesso significato concreto, per cui non è eliminata nella loro identità la loro differenza. Tale differenza non implica la separazione delle identità perché «ogni identità è distinta dal significato concreto che le compete in quanto essa è in relazione alle altre identità. Ma questo significato concreto è lo stesso significato che compete ad ogni altra identità in quanto essa è a sua volta in relazione alle altre identità (in cui lo stesso essente si trova ad essere). Questo significato concreto è cioè l’identità delle identità. Le quali, dunque, sono differenti tra loro in quanto ognuna è distinta dal proprio significato concreto, cioè dalla propria relazione alle altre identità; e non sono differenti tra loro, in quanto ognuna è in relazione al proprio significato concreto, cioè al significato concreto che è lo stesso di ogni altra identità, e che è, appunto, l’identità delle identità». 13 [Op. cit., 167.]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa conoscenza dei fondamenti del pensiero di Emanuele Severino ci consente di capire (ma non per questo di giustificare o addirittura fare nostre) le sue critiche alla tradizione filosofica. Egli giudica i risultati della speculazione dell’Occidente a partire dalla sua scelta di intendere l’essere nel senso univoco della predicazione logica in atto: per questo motivo, non tenendo in considerazione il senso analogico attribuito all’essere dalla tradizione, il filosofo bresciano non concepisce la possibilità logica dell’essere in potenza e l’esperienza metafisica del divenire e della contingenza. 14 [Cfr. GIANFRANCO BASTI – ANTONIO L. PERRONE, Le radici forti del pensiero debole. Dalla metafisica, alla matematica, al calcolo, Il Poligrafo, Padova 1996, 50-69.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaEgli, infatti, presupponendo l’eternità e la necessità dell’essere e della sua predicazione, nega lo stato di contingenza degli enti, perché il contrario significherebbe far dipendere l’esistenza degli enti da una Causa prima necessaria che li renda partecipi dell’essere, il che è inammissibile per il fatto che gli enti (le parole, secondo Severino) sono già l’essere; inoltre, il divenire è concepito come la causa della separazione degli enti dal loro atto d’identità con l’essere, quindi, tanto la contingenza quanto il divenire, che a questa è legato, sono impensabili perché sono l’affermazione della negazione degli enti stessi.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCosì, dalla prospettiva della dimensione trascendentale dell’essere, Severino critica i contenuti del pensiero occidentale e con le sue categorie pone sullo stesso livello l’essere come divenire (inteso metafisicamente come il movimento dalla potenza all’atto degli accidenti) con l’essere come sostanza che indica l’atto d’essere di una res. 15 [Cfr. HORST SEIDL, Metafisica e realismo. Dibattito su critiche moderne alla metafisica tradizionale, Lateran University Press, Città del Vaticano 2007, 191-197.]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa mancata distinzione fra i due modi dell’essere (l’essere come divenire e l’essere come sostanza), spinge il filosofo bresciano a stimare il divenire come il divenir-altro della sostanza e questo divenir-altro è la “follia” dell’Occidente. 16 [Cfr. EMANUELE SEVERINO, L’identità della follia. Lezioni veneziane, cit., 31-41]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNon solo, per Severino anche l’identità di una sostanza è legata al divenire e assume le fattezze della contraddizione, poiché l’identità indicata dall’Occidente è formulata nel senso di volontà di identità e «l’espressione “diventar se stessi” è una contraddizione, un’impossibilità, perché vorrebbe dire oltrepassare lo stato in cui ci si trova per incominciare a essere lo stato in cui già ci si trova». 17 [Op. cit., 33. In queste pagine Severino spiega questa sua interpretazione della volontà di identità dell’Occidente, riportando l’esempio dell’essere potenzialmente un uomo da parte di un giovane e scrive: «Il giovane è potenzialmente un uomo (uomo maturo, intendo dire). L’esser uomo è dunque ciò che in verità il giovane è; il giovane è un potenzialmente esser uomo, quindi il suo diventare attualmente l’esser uomo è sì, in questo senso, un diventar se stesso, ma non secondo lo stesso rispetto: è esplicare nell’attualità ciò che egli è nella potenzialità. Ma se prescindiamo da questo uso specifico dell’espressione “diventar se stessi” e la prendiamo così come è scritta, l’espressione è contraddittoria: non si diventa se stessi. Anche quando il giovane diventa uomo, è sì vero che realizza la propria potenzialità, che realizza se stesso, ma diventando altro dal suo essere giovane, perché altrimenti resterebbe un giovane in perpetuo, perpetuamente giovane fino alla morte. Diventare significa dunque diventare altro, diventar-altro» (ibidem).]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNella metafisica aristotelico-tomista per la quale l’ente si dice in molti modi, 18 [Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, 7, 1028a.] ovvero in modo analogico, e la sostanza è l’ente come tale, nel senso che essa è «l’oggetto proprio della metafisica; gli attributi e gli accidenti lo sono indirettamente, cioè per riguardo alla sostanza». 19 [CORNELIO FABRO, Partecipazione e causalità secondo Tommaso d’Aquino, Società Editrice Internazionale, Torino 1960, 488.] si mantiene la differenza tra l’essere di un accidente e l’essere di una sostanza; soprattutto, l’essere di un accidente è riconosciuto quale predicato dell’essere di una sostanza, vale a dire che non è lo stesso essere di una sostanza, non è esaustivo nell’esprimere la ricchezza dell’essere di una sostanza, ma comunque dice, rende noto, qualcosa di quella ricchezza.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIl divenire, che riguarda il passare dalla potenza all’atto, non interessa l’atto d’essere della sostanza che è di per sé già in atto, bensì interessa le potenzialità che l’atto d’essere della sostanza racchiude, le quali non trasformano la sostanza, non la mutano in un’altra sostanza, ma nel tempo portano a perfezione il suo atto, mutando gli accidenti della sostanza. Pertanto, nel momento in cui le possibili potenze di una sostanza passano in atto, quello che noi acquistiamo è una maggiore conoscenza della sostanza.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’unico movimento che può essere attribuito alla sostanza è quello del nascere e del morire. Con ciò però non stiamo affermando che la sostanza provenga dal nulla e al nulla faccia ritorno, perché il suo atto d’essere richiede come causa non una potenza assoluta, il nulla, bensì un atto assoluto che sia Causa prima e Fine ultimo. 20 [  Rimandiamo a quanto abbiamo già scritto nel saggio Verità dell’esperienza e problematizzazione metafisica. Antonio Livi e Emanuele Severino a confronto, in VALENTINA PELLICCIA (ed.), Per una metafisica non razionalistica. Discussione su “Metafisica e senso comune” di A. Livi, Leonardo da Vinci, Roma 2008, 143-144.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaMa non solo, tale atto assoluto è da attribuire necessariamente all’“esse per essentiam”, ovvero all’Ipsum esse subsistens, secondo il linguaggio di Tommaso d’Aquino, in quanto solo l’Ipsum esse subsistens può rendere partecipe la sostanza dell’essere, pur mantenendo, rispetto alla sostanza, la sua assoluta trascendenza. 21 [Nell’esporre l’insegnamento di Tommaso d’Aquino circa la presenza di Dio nelle creature, Cornelio Fabro scrive: «Il modo fondamentale della presenza di Dio è quello “per essentiam” che corrisponde alla causalità diretta e totale che Dio esercita sulle creature tutte […]. L’“esse per essentiam” realizza la forma più intensa ed insieme più aperta ed universale di presenza. E questo almeno sotto tre aspetti: da parte del soggetto della presenza, la creatura ch’è penetrata da Dio in tutti i suoi principi e le sue perfezioni di essere; da parte del principio della presenza ch’è la divina essenza la quale non può essere presente che nella sua indivisibile totalità in ogni singola cosa; e infine da parte della divina trascendenza per cui la divina essenza è talmente sempre tutta presente in una singola cosa ch’è egualmente tutta presente in ciascuna altra singola cosa creata, materiale o spirituale, perfetta o imperfetta, buona o cattiva… come Causa Prima, senza perciò mai diminuire o esaurirsi» (CORNELIO FABRO, Partecipazione e causalità secondo Tommaso d’Aquino, cit., 473).]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaOra, l’assoluto al quale ci riferiamo non può non essere nella sua perfezione che un assoluto personale, una Persona, 22 [Si veda su questo argomento l’articolo di LUIGI IAMMARRONE, “L’assoluto personale, problema fondamentale della metafisica”, in Aquinas, 50 (2007), n. 2, 703-730.] e questi è quello che “tutti chiamano Dio”. 23 [Con quest’ultima proposizione rimandiamo a quel tipo di conoscenza dell’esistenza di Dio, universale e necessaria, che Tommaso propone al termine della presentazione di ciascuna delle cinque vie dimostrative della necessità logica dell’affermazione dell’esistenza di Dio: «E tutti riconoscono che esso è Dio» (Tommaso d’Aquino, Summa theologiæ, I, q. 2, a. 2). Questo tipo di conoscenza dell’esistenza di Dio quale fondamento della realtà è quella che Tommaso ha indicato come præambulum fidei e che dall’epoca moderna è stata denotata come certezza del senso comune.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCome abbiamo avuto modo di constatare, le divergenze fra la posizione di Emanuele Severino e la nostra, che abbiamo già detto è legata a quella della tradizione aristotelico-tomista e alla moderna filosofia del senso comune, sono legate direttamente alla scelta del referente dell’intero discorso filosofico avanzato dalle due posizioni. Inoltre, riteniamo opportuno aggiungere un’ulteriore considerazione riguardo alla causa del nostro confronto con il filosofo bresciano: questa concerne la costatazione del fatto che per Emanuele Severino il pensiero occidentale è destinato necessariamente al tramonto, pertanto egli ha già sentenziato una fine per l’Occidente, e la sua lettura dei contenuti elaborati dall’Occidente non è altro che una dimostrazione del fine nichilistico al quale è destinato.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaQuest’ultima considerazione non è di poco conto, al contrario ci permette di capire il perché lo sforzo del raffronto dialettico proviene solo da noi, che rappresentiamo un “prodotto” del pensiero occidentale, in quanto Severino ha già giudicato in modo perentorio i risultati speculativi dell’Occidente e non manifesta nessun interesse a mettere in discussione la sua posizione. Così, è dovuto anche a ciò, il fatto che il nostro atteggiamento sembra essere quello di chi si sta difendendo, piuttosto che quello di chi ricerca dal confronto dialettico maggiore conoscenza dell’oggetto di studio.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaEmanuele Severino non ci concede la possibilità di “render ragione” dei contenuti del pensiero occidentale, perché dal suo punto di vista non è attesa alcuna obiezione da parte dello stesso pensiero occidentale, tenendo presente la sua inarrestabile fine nichilistica. Ma, dal nostro punto di vista, nessuno può impedirci di indicare le inesattezze con le quali sono giudicati i risultati speculativi a cui l’Occidente è giunto con l’ausilio del lavoro filosofico di uomini stimati per le loro doti intellettive e con la verifica circa la verità degli asserti delineata anche dallo scorrere dei secoli.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaPertanto, quando il filosofo bresciano, nelle sue lezioni veneziane, affronta il tema cristiano del mistero eucaristico, presupponendo la sua metafisica trascendentale dell’essere e la sua interpretazione del divenire come il divenir-altro, noi non possiamo non replicare proponendo il corretto insegnamento del mistero eucaristico da parte della fede e la comprensione delle categorie metafisiche utilizzate per esprimere tale Mistero.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNella seconda lezione trascritta in L’identità della follia, intitolata Precipitare nell’esser-altro, 24 [EMANUELE SEVERINO, L’identità della follia. Lezioni veneziane, cit., 31-50.] Severino richiama alcuni esempi, traendoli dal generale contesto del pensiero occidentale, per spiegare che cosa egli intenda per divenir-altro e fra questi compare quello del mistero eucaristico.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaEgli presenta l’eccezionale evento sacramentale dell’Eucarestia come se costituisse uno dei consueti modi nei quali si manifesta il divenir-altro nell’interpretazione dell’Occidente e giunge a definirlo “follia”. Afferma Severino:

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica«Già nel mito è presente il divenir altro. La parola “metamorfosi”, che è piuttosto recente nella lingua greca, significa cambiar la forma (metá-morphé): l’umano che diventa animale o l’animale che diventa umano, come in molti racconti; o, per chi è cristiano, il vino che diventa sangue, il pane che diventa corpo di Cristo; ma, più semplicemente, è una metamorfosi anche il fatto che io prima tenessi in mano il pennarello e adesso l’abbia posato sulla cattedra. Stiamo procedendo in una direzione in cui dovrà apparire che quella che per i non credenti è un’evidente follia — il pane che diventa corpo di Cristo — è invece l’atteggiamento normale, l’attitudine fondamentale tanto per il senso comune che per la cultura e per la scienza. Ci avvicineremo al luogo in cui dovrà apparire che la follia di ciò che il linguaggio religioso chiama transustanziazione (ossia cambiamento della sostanza) è la stessa follia di ogni divenir altro: ogni divenire altro è l’impossibile». 25 [Op. cit., 34.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNella scelta di accostare il mistero eucaristico al racconto mitologico è possibile intuire già una certa diminuzione di valore dell’Eucarestia. Questo perché, l’Eucarestia è spostata dal proprio contesto religioso, fondato sulla fede nella rivelazione divina, per essere posta allo stesso livello di un racconto mitico il quale, anche se può essere inteso in modo positivo quando è espressione di una visione generale del mondo e assume il carattere religioso, è inteso, nella maggior parte dei casi, come quella forma di narrazione che raccoglie più errori e mantiene solo un fondo di verità. Inoltre, nel voler equiparare il mistero eucaristico a qualsiasi conoscenza dell’Occidente, in quanto sono tutte riconducibili all’errore fondamentale della fede nel divenire e della concezione del diventare come divenir-altro, non comprendiamo il perché Severino parli dei “non credenti”.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCi domandiamo, infatti, come sia possibile che egli indichi l’esistenza di qualcuno che non crede al mistero eucaristico, visto che questo si presenta nel rispetto delle categorie del comune pensare dell’Occidente.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCosì come la introduce Emanuele Severino, l’Eucarestia non richiede un ulteriore atto di fede oltre a quello primordiale della fede nel divenire. Se si afferma che esistono dei non credenti significa che Severino non è solo, che ci sono altri che come lui sono nella prospettiva della verità dell’essere e giudicano come “follia” tanto l’Eucarestia quanto ogni altra conoscenza e modo d’essere sottoposto all’errore del divenir-altro; ma chi siano questi “altri” non c’è dato ancora sapere, in quanto Severino non ne parla nei suoi scritti. 26 [La nostra difficoltà riguardo alla possibilità di rintracciare nel pensiero di Emanuele Severino l’esistenza degli “altri” (quali altrettanti soggetti oltre all’“io”) si basa tanto sul fatto che non sono richiamati dal filosofo bresciano, quanto sulla stessa interpretazione dell’“io”. Invero l’io è ridotto a una funzione, l’«“io” significa: “Questa eterna autoriflessione dell’apparire, nella cui verità da sempre abita l’essere”» (EMANUELE SEVERINO, Essenza del nichilismo, cit., 240). Al soggetto non è riconosciuta un’esistenza personale e se lo stesso “io” non è persona, non si vede come si possa affermare l’esistenza di “altre” persone alle quali riconoscere il loro ruolo di soggetti della conoscenza. Si vedano su questo argomento le osservazioni di DARIO SACCHI, Lineamenti di una metafisica di trascendenza, Studium, Roma 2007, 133-142.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaSe ci fosse risposto che il cristianesimo rappresenta uno degli Apparati 27 [Cfr. EMANUELE SEVERINO, La filosofia futura. Oltre il dominio del divenire [1989], nuova edizione riveduta, Bur, Milano 2006.] sui quali l’Occidente tenta di poggiarsi per scongiurare la sua fine nichilistica e, non essendo l’unico, c’è chi gli presta fede e chi no, riteniamo che tale risposta non ci soddisfa, perché l’Eucarestia, se è espressione del divenir-altro, deve essere una conoscenza ritenuta vera da parte di tutti, in quanto tutti, sulla base della fede nel divenire, concepiscono la transustanziazione e non intuiscono nessuna differenza tra la transustanziazione e il fatto che “io prima tenessi in mano il pennarello e adesso l’abbia posato sulla cattedra”.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaSolo chi è al di fuori della fede nel divenire può non accettare l’Eucarestia, ma bisogna sapere chi, oltre Severino, ha conoscenza della verità dell’essere e ha coscienza di prestare fede nel divenire. Per chi invece conosce presupponendo la fede nel divenire, l’Eucarestia è accettata necessariamente ma è privata del Mistero, perché non è più una conoscenza acquisita attraverso la fede soprannaturale 28 [Sulla differenza gnoseologico-teologica che intercorre tra la “fede naturale” e la “fede soprannaturale” rimandiamo all’attento studio di ANTONIO LIVI, Razionalità della fede nella Rivelazione. Un’analisi filosofica alla luce della logica aletica, Leonardo da Vinci, Roma 20052, 45-66, in particolare 62-66. In questo lavoro il filosofo toscano spiega con chiarezza che con “fede soprannaturale” si indica in modo esclusivo la fede nella persona di Gesù, Dio Figlio, e in quello che Egli ci rivela del Padre e della nostra salvezza, mediante l’invio dello Spirito Santo.]bensì è una conoscenza per esperienza.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCerchiamo ora di capire che cos’è l’Eucarestia, a quale ambito della conoscenza appartenga e quale “tipo” di metafisica le sia confacente, nel senso di indicare il tipo di approccio scientifico in grado di non violare la sua natura. Per conseguire al meglio tale scopo chiederemo l’ausilio di un’illustre guida, vera autorità in questo campo dottrinale della fede: il teologo Antonio Piolanti (1901-2001).
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa nostra scelta di coinvolgere nella nostra riflessione filosofica un teologo è dettata dalla consapevolezza del fatto che lo studio della Parola di Dio è svolto da uomini che innanzitutto ricercano assiduamente l’ordine logico delle proprie idee, per formulare delle adeguate ipotesi interpretative delle verità della Rivelazione.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa verità anticipata dalla Rivelazione è l’oggetto della scienza teologica, per questo lo sforzo intellettivo del teologo è duplice: egli ha l’obbligo di non trasformare con le proprie riflessioni l’oggetto, perché la verità della Rivelazione è il referente del discorso al quale si deve conformare il lavoro di ricerca; per riuscire nell’intento di elaborare l’ipotesi interpretativa più confacente alla verità della Rivelazione, il teologo deve investigare circa la bontà dei suoi strumenti di lavoro, ovvero deve investire sulla sua preparazione tanto sul piano dell’ordine logico, quanto su quello della verità metafisica che fonda la logica nei suoi principi ed è prova di verifica circa la verità delle conclusioni del ragionamento.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaConsapevoli di questo, noi riconosciamo che Antonio Piolanti, oltre ad essere una indiscussa autorità in teologia sul tema del mistero eucaristico, è stato un teologo che ha dato vigore al proprio studio perché ha avuto un acuto discernimento critico in base al quale ha vagliato i metodi e i linguaggi della filosofia, utilizzando solo quello che gli avrebbe permesso di conoscere nel modo migliore e sempre adeguato tale sacramento. Infatti, Piolanti è stato in grado di mantenere nelle sue argomentazioni la natura di Mistero dell’Eucarestia, nel senso di dato della fede soprannaturale, non esaurendo il suo contenuto attraverso la conoscenza per inferenza.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIniziamo dunque la nostra conoscenza dell’Eucarestia a partire da ciò che insegna il catechismo della Chiesa Cattolica. L’Eucarestia è il sacrificio stesso del Corpo e del Sangue del Signore Gesù sulla Croce e vertice dell’azione santificante di Dio verso di noi e del nostro culto verso di lui. 29 [Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), redatto dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, 1992, n. 1325.] «La verità sulle origini dell’Eucarestia emerge dalle testimonianze dei Vangeli e di S. Paolo [Mt 26, 26-28; Lc 22, 19-20; Mc 14, 22-24; 1 Cor 11, 23-24] che, pur considerate nel loro valore puramente umano e naturale, documentano irrefutabilmente il fatto della istituzione del rito eucaristico da parte di Gesù, alla vigilia della sua morte». 30 [ANTONIO PIOLANTI, Il Mistero Eucaristico, quarta edizione riveduta e aggiornata, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, 46. In riferimento al racconto dei testi Neotestamentari, Piolanti precisa che «dalla semplice lettura si rileva la sostanziale concordia dei venerandi documenti che non è incrinata dalle accidentali divergenze. Questa concordia discors lascia intravedere una speciale affinità tra Matteo e Marco da una parte e tra Luca e Paolo dall’altra. […] La testimonianza del Vangelo di Giovanni [6, 1-72] riguarda la promessa dell’Eucarestia; gli altri testi sparsi nel Nuovo Testamento toccano altri punti della dottrina e della prassi eucaristica» (op. cit., 47). ]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’Eucarestia è memoriale del sacrificio di Cristo, nel senso che rende presente e attuale il compiuto sacrificio di Cristo sulla Croce, come offerta al Padre in favore degli uomini 31 [Cfr. CCC, nn. 1362-1372.]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica Nel suo studio esegetico Antonio Piolanti spiega che «Cristo, nel corso della Cena, emanò il comando: “Fate questo in memoria di me” [Lc 22, 19; 1 Cor 11, 24]. Gli Apostoli, che ben conoscevano il valore dello zikkaron ebraico, compresero chiaramente che Gesù chiedeva loro di celebrare il rito compiuto in quel momento, come “memoriale” di quanto si era svolto sotto i loro occhi. La storicità di quest’ordine è ormai assodata […] occorre qui spiegare l’intima portata. Il testo di S. Luca 22, 19, dice: “Hoc facite in meam commemorationem”. L’interpretazione deve fare perno su i due concetti fondamentali: quello di “fare” e quello di “commemorare”: a) “Hoc facite”. Il Signore chiede un’azione non un ricordo soggettivo. L’azione poi, nel contesto liturgico nel quale fu richiesta, deve ritenersi in senso cultuale. […] b) “In meam commemorationem”. […] In vista delle parole “hoc facite” la reiterazione del gesto pone il “memoriale” di Gesù nel novero dello “zikkaron” oggettivo, costituito dalla celebrazione stessa, volta a commemorare l’evento pasquale della salvezza. Occorre notare che il Signore dice “in memoria di me”; dunque l’oggetto del memoriale è Cristo stesso, certo nel complesso della sua missione, nella quale è inclusa anche la sua morte e la sua risurrezione». 32 [ANTONIO PIOLANTI, Il Mistero Eucaristico, cit., 75-76. Nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia, Giovanni Paolo II scrive: «La Messa rende presente il sacrificio della Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica. Quello che si ripete è la celebrazione memoriale, l’“ostensione memoriale” (memorialis demonstratio) di esso, per cui l’unico e definitivo sacrificio redentore di Cristo si rende sempre attuale nel tempo. La natura sacrificale del mistero eucaristico non può essere, pertanto, intesa come qualcosa a sé stante, indipendentemente dalla Croce o con un riferimento solo indiretto al sacrificio del Calvario» (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 17.04.2003, §12).]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaOra, dopo aver saputo che l’Eucarestia è un dato della fede nella Rivelazione e sacramento di unione santificante dell’uomo a Dio, passiamo alla comprensione del linguaggio scelto dalla Chiesa, e confermato lungo il corso dei secoli, che è stato ritenuto adeguato a esprimere il Mistero senza tradire, né avere la pretesa di esaurire, la verità soprannaturale in cui consiste.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIl linguaggio scelto dalla Chiesa è un linguaggio filosofico, la Chiesa lo ha preso in prestito dalla filosofia, in quanto essa consiste nella formalizzazione del proprio oggetto di studio, l’intero dell’esperienza, e quindi giunge alla costruzione di un linguaggio giustificato e sollevato dai vincoli della contingenza culturale e temporale, perché fondato sul carattere atemporale del suo oggetto di ricerca. 33 [Cfr. ANTONIO LIVI, Metafisica e senso comune. Sullo statuto epistemologico della filosofia prima, Leonardo da Vinci, Roma 2007. Si vedano inoltre Tomás Melendo, Metafisica del concreto. I rapporti tra filosofia e vita, trad. it.: Leonardo da Vinci, Roma 20053; e, per una lettura storico-critica, CARLOS CARDONA, Metafisica dell’opzione intellettuale, traduzione italiana a cura di M. Porta, Edizioni Università della Santa Croce, Roma 2003.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaNella molteplicità e nel divenire delle res, che costituiscono gli oggetti dell’esperienza che ciascuno di noi fa “dell’intero”, ciò che resta immutato, da prima della nostra esistenza a dopo la nostra morte, sono le componenti fondamentali “dell’intero dell’esperienza”: il mondo, l’uomo, Dio e le loro proprietà fondamentali costituiscono il referente costante del discorso filosofico sul quale si fonda il suo linguaggio. Pertanto la Chiesa può usufruire del linguaggio e delle concezioni fondamentali della filosofia per il loro carattere scientifico e la loro perenne validità. Restiamo comunque consapevoli del fatto di non poter affermare che il contenuto della Rivelazione dipenda dalla filosofia e che non tutti gli approcci metafisici siano adatti all’interpretazione del dato di fede, come abbiamo modo di costatare dal nostro stesso confronto con il pensiero di Emanuele Severino.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLo studio teologico non può conseguire il suo fine avvalendosi del sussidio di categorie filosofiche fondate sulle rappresentazioni piuttosto che sulle res, poiché il cristiano non è chiamato a credere a “un’idea di Dio” ma al Dio vivo e vero, che la metafisica denomina giustamente l’Ipsum esse subsistens, l’Assoluto personale, il quale non si manifesta alla “coscienza di un soggetto trascendentale” bensì si rivela a delle persone concrete, che ingiustamente Kant denomina negativamente «io empirico».
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaDunque, quando la Chiesa afferma che nel Sacramento dell’Eucarestia il corpo e il sangue di Gesù sono presenti “veramente”, “realmente” e “sostanzialmente”, siamo chiamati a comprendere questi termini sul piano filosofico se vogliamo comprenderle in senso teologico. «Le parole “veramente”, “realmente” e “sostanzialmente” sono state usate dal Concilio di Trento “vere, realiter, substantialiter” (DS 1651) per indicare che nell’Eucarestia Cristo non è presente in signo, in figura (presenza simbolica) o in virtute (presenza virtuale, non sostanziale)». 34 [ANTONIO PIOLANTI, Il Mistero Eucaristico, cit., 101.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaGli avverbi “veramente”, “realmente” e “sostanzialmente” derivano dai relativi aggettivi “vero”, “reale” e “sostanziale” e sono posti come avverbi, in quanto devono esprimere la qualità dell’atto della presenza di Gesù nell’Eucarestia.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa presenza è di per sé attribuita a qualcuno o a qualcosa, ma è attribuita a qualcuno o a qualcosa da un soggetto della conoscenza.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLo stesso soggetto attribuisce a se stesso la presenza nel momento in cui si intuisce come soggetto della conoscenza (prima intentio) e quando riflette sui propri atti conoscitivi (secunda intentio). L’essere presente è in rapporto all’intelletto e alla coscienza, riguarda l’ambito della conoscenza, ma il soggetto sa mantenere distinte la presenza di tipo logica da quella metafisica, nel senso che sa ricondurre la presenza alla natura della cosa e non confonde ciò che è il prodotto della sua mente (immaginazione o fantasia, idea o ragionamento) con l’esistenza della res che dipende dall’atto d’essere.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica In riferimento a Gesù, l’atto della sua presenza ai credenti è indicata come presenza metafisica e lo affermiamo sulla base dell’indicazione dell’avverbio “sostanzialmente”, il quale completa e definisce il significato dei due avverbi che lo precedono, “realmente” e “veramente”. Infatti, quest’ultimi sono fra lo integrativi, perché insieme rafforzano il loro intento di riuscire ad indicare l’Eucarestia come qualcosa di concreto e corrispondente alla verità degli enti: ma è il richiamo alla sostanza che conferma in modo perentorio l’identità di questo referente della fede. 35 [Riguardo alla denominazione di “reale” della presenza di Gesù nell’Eucarestia, Paolo VI, nell’enciclica Mysterium fidei del 03.09.1965, scrive: «Tale presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre [forme di presenza di Cristo nella sua Chiesa] non siano “reali”, ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di essa, infatti, Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente. Malamente dunque qualcuno spiegherebbe questa forma di presenza, immaginando il corpo di Cristo glorioso di natura “pneumatica” onnipresente; oppure riducendola ai limiti di un simbolismo» (PAOLO VI, Mysterium fidei, § 40).]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaPertanto Gesù è presente nell’Eucarestia nel modo d’essere di una sostanza e il vero e il reale gli sono attribuiti nel grado di perfezione proprio della res. 36 [Sul tema del Mistero della reale presenza, rimandiamo alle complete pagine dell’opera di ANTONIO PIOLANTI, Il Mistero Eucaristico, cit., 101-371.]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCristo è presente nel Sacramento dell’Altare mediante «la conversione totale (via ad realem præsentiam) della sostanza del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo». 37 [Op. cit., 218.] Questa conversione è stata espressa dalla parola transubstantiatio ed indica il passaggio totale di una sostanza nell’altra. 38 [Cfr. op. cit., 221.] Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaOra, «nelle conversioni naturali rimane invariata la materia prima come ponte fisso sul quale si succedono le diverse forme sostanziali; ogni agente creato esige infatti nella sua azione la preesistenza di un soggetto in cui agisca [TOMMASO D’AQUINO, IV Sent., d. 11, q. 1, a. 3, qc 3, sol. 1]. Nella conversione eucaristica invece viene mutata anche la materia, che passa tutta, insieme con la sua forma, nella sostanza del corpo di Cristo. In questo la transustanziazione conviene con la creazione: come la creazione è “productio ex nihilo sui et subiecti” così la transustanziazione è la trasformazione di una cosa in un’altra senza la permanenza di un soggetto comune». 39 [Ibidem.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaCiò significa che non sono le possibili forme di una materia a succedersi nel composto al punto da trasformarlo, bensì che, nella conversione eucaristica, avviene «una vera mutazione di una forma in un’altra, di una materia in una susseguente […]. Da ciò segue che mentre nelle conversioni naturali, per il succedersi delle forme, tanto il termine a quo, quanto il termine ad quem subiscono delle alterazioni (corruzione-generazione), nella conversione eucaristica non rimanendo il soggetto fisico (materia), non è possibile alcuna successione di forme, cioè non si ha alcuna corruzione e generazione. Non è possibile dunque che Cristo si renda presente per generazione, come neppure per creazione, trattandosi di conversione e precisamente di conversione totale. Il termine a quo si trasforma totalmente nel termine ad quem, che rimane totalmente esente da qualunque alterazione». 40 [Op. cit., 221-222.]
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa persona di Gesù, che è persona divina, è quindi indicabile mediante le specie del pane e del vino. Infatti, tanto il pane quanto il vino sono per l’uomo una forma di conoscenza della presenza di Gesù, in quanto questi danno la possibilità di individuare e così di indicare dove è presente il Signore, una volta che è avvenuta la conversione eucaristica. 41 [Come spiega Paolo VI nell’enciclica Mysterium fidei: «Perché nessuno fraintenda questo modo di presenza [di Cristo nell’Eucarestia], che supera le leggi della natura e costituisce nel suo genere il più grande dei miracoli, è necessario ascoltare docilmente la voce della Chiesa docente e orante. Ora questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo, ci assicura che Cristo non si fa presente in questo Sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione. Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova “realtà”, che giustamente denominiamo ontologica. Giacché sotto le predette specie non c'è più quel che c'era prima, ma un'altra cosa del tutto diversa; e ciò non soltanto in base al giudizio della fede della Chiesa, ma per la realtà oggettiva, poiché, convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino che le sole specie, sotto le quali Cristo tutto intero è presente nella sua fisica “realtà” anche corporalmente, sebbene non allo stesso modo con cui i corpi sono nel luogo» (PAOLO VI, Mysterium fidei, § 47).]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa conoscenza della presenza di Gesù nell’Eucarestia è data all’uomo mediante la fede, perché è una conversione unica, singularis, e misteriosa, mirabilis, che conosciamo perché ci è stata rivelata. Le delucidazioni storico-teoretiche sul mistero eucaristico che ci ha fornito Antonio Piolanti ci permettono di capire che nel caso unico dell’Eucarestia non avviene, come afferma Emanuele Severino, una “metamorfosi” del pane e del vino, bensì una conversione totale della materia e della forma del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo. La metamorfosi è una trasformazione “rilevante” per la quale, però, non è richiesta il mutamento della sostanza, nel senso che il soggetto resta sempre lo stesso nonostante gli accidenti mutino in modo tale da far sembrare al termine del processo che ci sia un altro soggetto.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaIn natura abbiamo molti esempi che possono aiutarci a capire che cosa si intenda per metamorfosi, per questo prendiamo in esame quello più comune rappresentato dalla farfalla. Sappiamo che la farfalla è un insetto che raggiunge il suo stato dopo essere passata per un periodo di preparazione e di sviluppo in un bozzolo. Ora, all’inizio di questo periodo l’insetto ha la forma propria di un bruco, ma al termine del processo arriverà a possedere persino le ali. Il passaggio che ha vissuto è una metamorfosi, ovvero un cambiamento che è avvenuto mediante la forma, senza che questo incidesse sul mutamento della sostanza.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaPertanto, non si tratta di due soggetti, il bruco e la farfalla, posti uno all’inizio e l’altro alla fine del processo, ma dello stesso soggetto, lo stesso insetto, che ha subito delle trasformazioni significative dei suoi accidenti. Se poi, vogliamo prendere un esempio anche dalla mitologia greca, possiamo soffermarci sull’episodio vissuto da Ulisse e dai sui marinai dopo il loro incontro con la maga Circe. Quando la maga trasforma i marinai in maiali, i marinai subiscono a loro malgrado una metamorfosi, perché pur restando gli stessi assumono le fattezze di maiali.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa trasformazione dei marinai non riguarda le loro sostanze, che restano le medesime, sono sempre loro, ma la forma che ha mutato i loro accidenti. Teniamo peraltro presente che la verità che questo racconto vuole indicare non è quella di un fatto, ma più in generale quella di un paradigma, fondato sulla fantasia degli eventi, che l’uomo deve tener presente circa le conseguenze delle proprie scelte. Per concludere possiamo ritornare sull’esempio che è solito fare lo stesso Severino, quello della legna che diventa cenere. In tale circostanza non si hanno due diversi soggetti all’inizio e alla fine del processo, quindi prima la legna e poi la cenere, piuttosto c’è un unico soggetto, rappresentato dal legno, che ha subito il mutamento della forma dei suoi accidenti.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica La conoscenza dell’Eucarestia offerta dal Magistero richiede, da parte nostra, una preparazione adeguata per la comprensione dei termini con i quali è presentato il Santo Sacrificio. Infatti, pur non dipendendo da una corrente filosofica, la dottrina della fede va alla ricerca di un linguaggio scientifico in grado di indicarla senza minare il suo contenuto. Un linguaggio confacente a tale scopo è quello filosofico, il quale, coniato secondo le esigenze della stessa filosofia, si presenta già giustificato e quindi si presta in ambito teologico a essere riadattato alle esigenze della fede; si prenda quale esempio l’ineguagliabile lavoro che Tommaso d’Aquino ha compiuto sulla filosofia in favore della teologia.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaVa, però aggiunto che non basta il linguaggio filosofico, la fede ricerca anche la possibilità di collaborare con una filosofia che impieghi le medesime categorie della fede, nel senso che si rivolga allo stesso referente della fede.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaPertanto, non sono in grado di presentare i contenuti della fede quelle forme di filosofia che non hanno come referente le res, perché il Dio che si rivela è una persona divina e anche il credente è una persona e non un’idea. Se le categorie filosofiche sono legate alle rappresentazioni, non possono mai comprendere, né giustificare, i termini “veramente”, “realmente” e “sostanzialmente” utilizzati per indicare il modo in cui Cristo è presente nell’Eucarestia, perché dalla loro impostazione non possono pervenire allo stesso referente della fede e non possono indicare la res in questione.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaAllo stesso modo non dispongono dei mezzi, sul piano metafisico, per capire che la transustanziazione è la conversione di tutta la materia e di tutta la forma, del pane e del vino, nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo. Così ammonisce Paolo VI nell’enciclica Mysterium fidei:

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica«Non si può tollerare che un privato qualunque possa attentare di proprio arbitrio alle formule con cui il Concilio Tridentino ha proposto a credere il Mistero Eucaristico. Poiché quelle formule, come le altre di cui la Chiesa si serve per enunciare i dogmi di fede, esprimono concetti che non sono legati a una certa forma di cultura, non a una determinata fase di progresso scientifico, non all'una o all'altra scuola teologica, ma presentano ciò che l'umana mente percepisce della realtà nell'universale e necessaria esperienza: e però tali formule sono intelligibili per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Invero quelle formule possono fruttuosamente spiegarsi più chiaramente e più largamente, mai però in senso diverso da quello in cui furono usate, sicché progredendo l'intelligenza della fede rimanga intatta la verità di fede» (§§ 24-25).

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaI presupposti della metafisica trascendentale di Emanuele Severino sono inadeguati per il contenuto della fede: non rimandano alla sostanza, e quindi alla persona nel caso dell’uomo, e non si predispongono ad accogliere il mistero della Persona divina e a riconoscere per l’uomo la felicità nel conoscere e nell’amare questa Persona. Egli predilige lo stato impersonale della “verità dell’essere” e giudica la “Gioia”, in cui consiste “l’apparire infinito del destino”, l’inconscio più profondo del “Tutto”. 42 [Cfr. EMANUELE SEVERINO, Destino della necessità, Adelphi, Milano 1980, 430, 434, 493; Idem, La follia dell’Angelo. Conversazioni intorno alla filosofia, a cura di Ines Testoni, Mimesis, Milano 2006, 52-53.] Guido Sommavilla sintetizza con queste parole le caratteristiche fondamentali di ogni impostazione filosofica atea, nella quale include anche quella di Severino:

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolica«Tutte le logiche atee, le logiche senza mistero, sono costrette a deprimere il fenomeno del consapevole e a privilegiare, di contro, l’inconsapevole, l’inconscio. Il loro logos trascendentale assoluto o il loro essere trascendentale assoluto deve essere perciò, assolutamente […], inconscio, deve essere, rispetto al pensiero cosciente, soltanto logos pensabile, pura pensabilità, la quale però non deve essere considerata un’inferiorità […], anzi per altri lati una superiorità (i lati dell’eternità, infinità, necessità assoluta). La ragione spesso inconfessata, ma incontrovertibile, è che esso sarebbe, altrimenti, Dio, il Dio onnisciente, e come tale anche possibile e temibile giudice universale. […] Un’altra conseguenza, è […] che tutte queste logiche atee (l’ateismo è infatti il loro primum logicum e insieme primum voluntarium) non riescono più a fornire nessuna buona ragione a garanzia dell’uomo individuo e dei suoi diritti (e doveri), della sua dignità, inviolabilità, vita personale. […] L’individuo umano è così sigillato nella sua precarietà non solo a riguardo dell’essere o del logos universale, ma a riguardo di qualsiasi realtà o esigenza che singolarmente lo trascenda in senso estensivo-quantitativo: gruppo, tribù, partito, città, stato». 43 [GUIDO SOMMAVILLA, Il pensiero non è un labirinto. Dialettica e mistero, Jaca Book, Milano 1980, 218.]

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaAl contrario, nella Summa theologiæ, Tommaso d’Aquino riconosce che la fede illumina la ragione umana al punto da renderla in grado di dimostrare come il mistero eucaristico sia proporzionato alla bontà di Dio e risponda all’aspirazione naturale dell’uomo di comunione con Dio-Amore. 44 [Cfr. TOMMASO D’AQUINO, Summa theologiæ, III, q. 75, a. 1.]

© Aquinas, 51 (2008), n. 1-2, pp. 223-243.

* Professore incaricato nella Facoltà di Filosofia,
è docente di Applicazioni di logica aletica della Pontificia Università Lateranense
e membro dell'Associazione Internazionale “Sensus communis” (Roma).

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