Questo è il primo
di una serie di otto articoli di taglio prevalentemente metafisico che Romano Amerio, studente di Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano, redasse dall’età
di 19 anni fino ai 21, cioè dall’aprile del ’24 al luglio del ’26, per la rivista cattolica ticinese « Pagine nostre ». È evidente
che la collaborazione con la rivista era già consolidata, ma non risulta negli archivi. D’altronde già dal liceo lo studente doveva aver avuto dei proficui
rapporti anche con altre riviste cantonali, quali « Amico dei Giovani » e « Popolo e Libertà » (fogli vicini al partito cattolico), di cui sono
stati rintracciati alcuni suoi brevi interventi etico-politici. Il pensatore manterrà per tutta la vita un legame privilegiato con l’editoria giornalistica luganese,
tanto che il libro che lo renderà famoso, Iota unum, avrà la sua fondazione nella raccolta di plurimi articoli redatti per anni per le pagine culturali del
quotidiano cittadino cattolico « Ticino nostro ».
In questa prima serie l’autore pone con sicurezza la piattaforma a
quello che sarà il suo pensiero metafisico fino allo spegnimento, a 92 anni, della lucerna naturale. Il giovane pensatore, infatti, ha già ben chiari i principii
intorno ai quali si agglomera il pensiero cattolico soprannaturale, principii che senza tema e sideralmente lo distinguono da ogni altro pensiero. Non solo: egli, non sgomentandosi
di essere in qualche punto anche drastico, con l’arditezza giovanile che lo caratterizzerà anche negli anni più senili, inchioda il fulcro centrale della metafisica
su tre cardini indistruttibili: l’essere la religione assolutamente intrinseca all’uomo; l’essere il pensiero precedente all’atto; l’essere il creato
univoco e unitario.
In questo primo scritto Romano Amerio cerca il confronto tra la concezione
idealistica della religione e quella discendente dalla Rivelazione, cioè tra una delle concezioni della religione germinate dall’uomo e quella germinata da Dio, per
avere l’occasione di piantare nella storia del pensiero moderno questi cardini antichi, per delineare il perimetro dove si divide la metafisica cattolica dall’anticattolica,
per gettare nello stagno del pensiero falsificatorio, che dall’inizio dell’era moderna operava per il soffocamento del dogma, il fuoco vivificante del tomismo. L’Autore
dimostra che non solo la religione è essenza fondamentalmente teoretica, non solo non può aversi quindi una religione unicamente pratica, non solo poi essa sostanzia
e costituisce l’uomo, ma che tutto questo la religione è in quanto precede l’uomo e ne è legge trascendente.
Abbiamo postillato i punti nodali dello scritto sull’esempio delle
‘catene’ con cui in origine venivano corredate da commenti critici le Scritture sacre, in modo da distinguere le glosse nostre dalle note dell’Autore. La redazione
del testo e delle sue note è fedele alla redazione stampata sugli originali di « Pagine nostre » raccolti dall’Autore in Iuvenilia.
Riportiamo
qui il motto stampato sulla sua copertina: « Memento Creatoris tui in diebus juventutis tuæ. (David) ».
Il Curatore
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1. L’IMPORTANZA DEL PROBLEMA.
Il problema
religioso ha in ogni tempo e dappertutto occupato lo spirito umano. L’uomo lo trova nell’ambito della sua coscienza individuale come esigenza intrinseca nell’atto
stesso che lo spirito rivela a se medesimo la realtà cosmica, lo coglie nella sua condotta individuale come inspirazione e direttiva delle azioni, lo coglie nella storia,
somma delle condotte individuali, come motivazione di tutto lo sviluppo umano. Dalla considerazione della realtà spirituale immediata e dall’esperienza individuale,
come dalla visione della storia e dalla sua meditazione inquanto espressione concreta di tutta l’umanità, il problema religioso, la religione, scaturisce necessariamente
e assume subito un carattere di preminenza su tutte le altre manifestazioni della vita razionale. E la ragione di questo preponderare che colloca la religione in cima alla gerarchia
degli interessi umani è tale da imporsi spiccatamente a una veduta anche sommaria. La base infatti della religione è il Divino; e il Divino, come confessa Panfilo
Gentile della scuola idealistica, « è lo stimolo immanente sotto il quale perpetuamente si genera la storia ideale dell’uomo ». 1
[Giovanni Gentile, Sommario di una filosofia della religione, Bari, Laterza 1923, pag. 25,
Cap. I. È un’esposizione della filosofia religiosa condotta sui capisaldi dell’idealismo, con alcuni abbozzi di interpretazione dei miti. Sebbene quest’opera
sia costrutta con sufficiente serietà la miglior fonte per la conoscenza del pensiero religioso dell’idealismo restano sempre i Discorsi di Religione di Giovanni
Gentile, Vallecchi, Firenze 1920, e la Teoria dello Spirito come Atto puro, Laterza, Bari, del medesimo.] Io non discuto qui il senso che nell’espressione gentiliana ha il termine « Divino », senso che mi risulterebbe evidentemente antitetico a quello adottato
nella terminologia ortodossa. Mi limito a raccogliere la constatazione di preponderanza di un fenomeno capitale della vita.
La vita si pensa
Il motore del mondo non è dato dalla vita in sé, cioè dal bisogno, dalla
economia, ma dal pensiero di sé: o riconoscersi dipendente,
o indipendente: quindi religioso, o non religioso.
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Infatti il problema religioso
è sostanzialmente il problema della vita; e nulla di più profondo la vita può proporsi come oggetto di pensiero
che la vita stessa. Ogni concezione della vita, del suo perché e delle sue finalità è connessa a una particolare
soluzione religiosa. Se la soluzione sarà positiva avrò il potenziamento della vita, se sarà negativa o agnostica
avrò rispettivamente la deviazione o la stasi. Comunque l’urgenza del problema è tale da non ammettere sottrazione:
l’uomo che vi si trova di fronte deve determinarsi. (Vai
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