I.
Sospingere l’uomo verso l’infinito. Questo è il compito di ogni parola. Questo è il compito del linguaggio.
Quindi ogni parola deve essere atta a compiere questo sforzo immane. Le parole che seguono sono state raccolte perché l’ascesa
sia compiuta celermente, con efficacia, trepidazione e in gran numero. Esse si appoggiano ai pioli preparati dal divino Carpentiere,
pioli su cui egli per primo salì per salire in croce, pioli sui quali hanno battuto nei secoli mille e mille santi falegnami,
mille umili suoi operai.
Ecco come: sant’Ambrogio,
per esempio, proferisce delle parole ispirate da Dio per interpretare rettamente un passo della Scrittura proferito da un Profeta,
per esempio Davide. Quel passo della Scrittura è stato ispirato a Davide da Dio, a suo tempo, perché quella
parola fosse insegnata al popolo: piolo per salire. Dio apre gli occhi ad Ambrogio perché scriva parole su precedenti parole,
da lui ancora suscitate, in un tempo precedente e per il medesimo fine: parlare di sé agli uomini.
Abbiamo, così, una
Tradizione che legge una Scrittura. Tradizione e Scrittura sono dette da Dio attraverso due uomini. Il primo in
ordine di tempo, nella Scrittura, è un Profeta; il secondo, nella Tradizione, un Interprete che spiega il Profeta. Al centro
dei due, Dio: il Dio Trinitario, nella persona del Figlio, Parola incarnata.
A questa sacra Parola si
riferiscono le parole umane, venute prima e dopo di lui. Egli stesso, Parola Prima, si è espresso inizialmente attraverso
il Profeta, poi attraverso l’Interprete. Cosicché, in pochi termini, sono stretti i tre parlanti: Dio, il
Profeta scritturale, l’Interprete: « Apri la tua bocca alla parola di Dio, sta scritto. Tu la apri, egli parla.
[…] Lo stesso Figlio di Dio dice: “Apri la tua bocca, la voglio riempire”. ». 1
[Sant’Ambrogio, Commento sui Salmi, Psal.,
XXXVI, 65-66; in Giovedì della VI Feria ordinaria, Lectio II dell’Ufficio divino.] Ecco un piolo. Così pure gli altri.
Non sono pioli nuovi, quindi,
ma eterni pioli ripuliti, rinsaldati, rinforzati, quasi a togliere il lavorio del tempo e dell’oblio che fatalmente possono
averne nascosto qualcuno alla vista, possono averne fatto sembrare qualcuno insicuro. I pioli nascosti vengono illuminati, quelli
che paiono incerti vengono mostrati saldi e forti.
Tutti questi pioli vanno
piantati nei cuori di ogni uomo come una scala: piantati, sanguinano. Sanguinano amore per il cielo. Odio per la terra. Essi possono
forse scandalizzare, quindi, ma non vogliono scandalizzare: vogliono suscitare fede. Forse tramortire.
Certo, bisogna salire.
Bisogna quindi faticare. Ma le parole sono fatte per facilitare la salita e, infine, per suscitare nell’uomo il desiderio
stesso di salire: in qualche maniera misteriosa, anche i pioli più bassi sono già celesti, sono già lassù.
Questo è un mistero che il Carpentiere, loro divino inventore, ha loro conferito perché l’uomo, laggiù
com’è nel fango, non disperi, ma aneli.
E ora diciamo subito di
cosa parliamo e perché parliamo.
Queste pagine sono la raccolta
di alcuni scritti sul tema decisivo della relazione tra GESÙ Cristo e i giudei e della successiva
relazione, disegnata dalla Dottrina quae dicitur della sostituzione, tra costoro e la Chiesa. Il tema è cardinale:
decide delle essenze poste nell’Antica e nella Nuova Alleanza, ma anche di quelle postesene fuori. Dice che ci si
salva attraverso l’intelletto divino, se fede nel Logos vuol dire qualcosa, e non con le mani e opere umane.
Tali scritti sono stati
provocati da fatti che in modi vari, negli ultimi decenni, potrebbero aver infirmato profondamente la natura della dottrina perenne
della Chiesa a questo riguardo, dando luogo, con una sua progressiva lenta e ostinata rotazione, a una sorta di (nuova) anticristianità.
Questa germinerebbe, ancora una volta, dal suo stesso seno. 2 [Così anche il Sommo Pontefice Paolo VI: « La Chiesa si trova in un’ora inquieta di autocritica,
si direbbe meglio di autodemolizione. E’ come un rivolgimento acuto e complesso » (Discorso al Seminario lombardo,
6 dicembre ’68).] Lo scioglimento di una dottrina in
altra dottrina, la migrazione di un’essenza in altra essenza, la perdita di identità di una Chiesa sciaguratamente
dissigillata dai termini perentori del sacro Patto, tutte cose che il trono più alto sintetizza in una sola parola: «
rivolgimento », son cose talmente pericolose da sconvolgere non solo, strettamente, la Civitas Domini ma,
di seguito, anche tutta quella Civitas hominis di cui la prima dovrebbe essere forma e principio. Infatti la Chiesa sta
a quel mondo che ne segue l’insegna-mento come l’anima sta al corpo. Se quindi il suo principio d’identità
dovesse svaporarsi, sarebbe tutto il mondo a perdersi con esso: quello che la segue, ma anche quello che non la segue.
Lo stato di « rivolgimento
» della Chiesa fu descritto senza indulgenze anche da Sua Santità Giovanni Paolo II, e ancora oggi non si può
non aderire all’autorevolezza di un pensiero che, proferito dal trono più alto, tanto più si impone quanto
più è impietosamente realistico, attuale, storicamente insuperato: « Bisogna ammettere realisticamente
e con sofferta sensibilità che i cristiani, oggi, in gran parte, si sentono smarriti, confusi, perplessi e persino delusi;
si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie
eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellione; si è manomessa la Liturgia; immersi nel “relativismo”
intellettuale e morale, e perciò nel permissivismo, i cristiani sono tentati dall’ateismo, dall’agnosticismo,
dall’illuminismo, vagamen-te moralistico, da un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva
». 3 [Giovanni Paolo II, Discorso del 6 febbraio 1981 al Convegno per le Missioni al popolo.]
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