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INGRESSO ALLA BELLEZZA

Enrico Maria Radaelli *

INGRESSO ALLA BELLEZZA.
FONDAMENTI
A UN’ESTETICA TRINITARIA.

Con Prefazione di Elio Franzini.

INDICE RAGIONATO.

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Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaPer la prima volta nella storia della filosofia viene illustrata la fondamentale unità e simmetria tra pensiero e realtà, cioè tra linguaggio umano e natura.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaL’Autore delinea una Teoria generale del linguaggio, metafora della realtà naturale, che riconduce la conoscenza a strumento decisivo – al contrario di ogni dottrina relativista – per condurre l’uomo dalla vita terrena all’eterna.
Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa sua dimostrazione si appoggia su due argomenti, il primo fondato sulla scienza teologica soprannaturale offerta dall’insegnamento di san Tommaso d’Aquino su Verbum e Imago, i due sacri Nomi della Seconda Persona della ss. Trinità (Lectiones II-IV); il secondo – attraverso una rosa di sette indizi – fondato sulla scienza del linguaggio, della retorica e dell’economia (Lectiones XIII -XVI); vengono così soddisfatte sia le esigenze della ragione soprannaturale che quelle della ragione naturale.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaLa salita alla bellezza è spiritualmente vertiginosa e riserva panorami e vedute inusitati: confronti tra bellezza e fascino, tra sillogismo e ‘proporzione aurea’, tra pulchrum e verum, tra logos e imago. E porta alla ribalta decisivi eventi: frantumate da Monteverdi le tavole dell’armonia; confutato dalla pittura di Caravaggio il relativismo kantiano; e, in ogni pagina, esaltato l’amoroso intreccio – quasi una danza – tra Pulchritudo e Veritas, tra Poesia e Realtà; intreccio capace, lui sì, lui solo, di portare l’uomo alla vita: alle vette d’amore di Dio Trinità. Dove? Sugli Altipiani infiniti della Bellezza.

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PRima di leggere.

Aurea Domus - Metafisica e teologia cattolicaDove vengono date le indicazioni per la lettura del libro, se ne spiegano le difficoltà e le facilitazioni e se ne racconta la nascita.

Præfatio. Di Elio Franzini.
PREFAZIONE.

Æstheticæ Trinitariæ Prolegomena.
PROLEGOMENI a un’Estetica Trinitaria.

Dove viene indicato il fine di una Filosofia dell’estetica posta in una prospettiva trinitaria: essendo fine spirituale, e perseguito solo a mezzo di strumenti spirituali, è tutto rivolto alla vita; vengono posti poi i termini della questione, e inquadrati nell’oggettività tomista; è infine indicata la conclusione: una Teoria generale del linguaggio umano, metafora della realtà naturale, per un realismo estetico e gnoseologico basato sul concetto intensivo di essere, da utilizzarsi nell’ambito della Filosofia della conoscenza. I concetti saranno raccolti sia dai dati esperienziali diretti, cioè dall’aspetto delle cose del creato, sia da quelli elaborati sulla speciale testimonianza di Cristo, cioè dalla scienza della Trinità di Dio secondo il pensiero di san Tommaso.

I LEctio. Gratia non destruit sed perficit naturam.
La grazia non distrugge ma perfeziona la natura.

Dove si disegnano le coordinate dell’æsthetica, rispetto a ciò che viene comunemente chiamato ‘economia della salvezza’. Si ricerca la causa della distanza che si ha nella storia della Chiesa tra teoria e pratica del bello, riguardo allo svelamento della santa Trinità di Dio al mondo pagano: antico e contemporaneo. Si pone l’ordine delle processioni delle essenze, per stornare ogni pericolo, vuoi di naturalismo razionalista, vuoi di idealismo, vuoi di fideismo: solo Cristo, Verbum e Imago di Dio, è Signore. Si mostra infine che quando san Tommaso dice Dio, sempre dice Trinità, ‘ultraforma’ di Dio.

II LEctio. In Esse subsistenti Trinitas ipsa subsistit.
Nell’Essere sussistente sussiste la Trinità.

Primo fondamento metafisico a una Teoria generale unificatrice della realtà: a partire dall’essere, poi dall’essere in atto, e accostandosi infine a persona, viene descritto ciò che san Tommaso chiama la ‘superforma’ della Trinità di Dio; viene poi mostrato che da essa dipende sia la religione che il linguaggio; senza di essa non vi sarebbe né l’una né l’altro, né la bellezza che ne consegue; viene infine descritto il secondo fondamento metafisico alla teoria, la realtà interno/esterno in Dio.

III LEctio. De duobus Dei Filii Nominibus.
I due Nomi del Figlio di Dio.

Terzo fondamento metafisico a una Teoria unificatrice della realtà: il concetto di immagine (imago) nella Trinità e nel creato; ricognizione della dottrina tommasiana dei due Nomi sacri da riconoscere al Figlio: Verbum e Imago; loro legamento nella sua divina Persona, in una indissolubile ‘supersimmetria’. Conseguenza: pulchrum è un trascendentale con la medesima estensione e potenza di verum, e bellezza e verità sono equipollenti.

IV LEctio.
Verbum Dei Imago est, ideo omnia verba imagines sunt.

La Parola di Dio è Immagine, dunque tutte le parole sono immagini

I trascendentali: cosa sono e quali; verifica del trascendentale pulchrum in relazione alla Trinità e ai due Nomi propri del Figlio, Verbum e Imago; verifica dei tre parametri tomisti della bellezza, integrità, armonia e splendore, calcati direttamente dalle qualità personali del Figlio; distinzione, in derivata dall’ultimo, tra bellezza e fascino; ancora confronto tra pulchritudo e veritas.

V LEctio. Splendor. Sed veri syllogismi splendor.
Splendore. Ma splendore di sillogismo.

Dove si parla dello splendore come dote eminente della bellezza, e che si distingue in splendore evidente e splendore indiretto, i quali danno luogo alla poesia, al fascino, e altro; dove si vede che queste cose sono determinate dalla proporzione, la quale regola sia l’immagine che il sillogismo, dunque sia la bellezza che la conoscenza; dove si studia l’analogia come speciale proporzione e logica e figurale; dove si giunge al sancta sanctorum della proporzione, lo sponsale incontro di intelletto e realtà.

VI LEctio. Inter pulchritudinem veritatemque similitudines.
Analogie tra bellezza e verità.

Dove si mostrano i doppi legami tra bellezza e verità nella disamina conclusiva della divina Persona del Figlio: armonia, integrità e splendore sono i tre parametri di entrambe perché sono tre doti fondamentali della persona: essendolo in Dio lo sono analogamente nell’uomo. Dove si mostra l’utilità della loro tensione a Dio; dove si vede che la proporzione armonica tra arte e natura, se non si considera questa in relazione a Dio, conduce l’arte al relativismo naturale; Caravaggio, Velasquez e il tomismo, ovvero quasi un’ode al difetto nell’arte; ancora distinzione tra bellezza e fascino; dove si mostra che arte e linguaggio nascono e dipendono solo dal Figlio: la supersimmetria (ultrasimmetria) dei due Nomi dell’Intelletto divino si estende al creato; dunque se si perde la Trinità si perde tutto.

VII lectio. Syllogismus et aurea proportio lætitiam gignunt.
Il sillogismo e la proporzione aurea generano letizia.

Dove si mostra, nella ‘economia della salvezza’ dell’uomo, il magnanimo imperio universale di Cristo – Verbum e Imago – sul mondo e sulla storia, attraverso lo sviluppo delle civiltà, e l’acquisizione degli strumenti per la conoscenza, la sua espressione e la sua letizia: sillogismo e proporzione aurea. L’ipotesi di due secolari culture a confronto, trasversali alla Storia: quella del obbediente (= del Logos) e quella del no ribelle, sulle quali in ogni caso si estende la sovranità divina che si diceva; armonia classica e armonia nuova: Claudio Monteverdi come divaricatore e legame tra le due.

VIII LEctio.
“Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt.” (I).

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.”

Dove si dà inizio allo studio di un tema diviso in quattro Lectiones: “Se i puri di cuore vedranno Dio”, ovvero qual è, filosoficamente parlando, il meccanismo della conoscenza, posto che ciò che va conosciuto è il Padre attraverso il Figlio (Verbum/Imago), partecipando lo Spirito Santo. Si pongono i termini della questione: se c’è un luogo spirituale dove si sviluppa il raziocinio e un luogo dove si ricevono le coordinate per compierlo. Dove si studia la densa trama tra Intelletto e Amore.

IX LEctio.
“Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt.” (II).

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.”

Dove si espone il cosiddetto ‘sillogismo di dipendenza’, conclusione del sensus communis delle cose; poi la preesistenza all’uomo della luce e della tensione con cui si forma nella mente il raziocinio; la purezza e l’intorbidamento del ragionamento di Adamo; il realismo intrinseco al sillogismo, in stretta analogia al Verbum divino, cui si oppone il delirio irrealistico del peccato, che nasce dal fantasma dell’avidità; il realismo della conoscenza si fonda sull’essere delle cose, pari in tutto a quello dell’intelletto, con il quale dunque può ben accompagnarsi e proporzionarsi.

X LEctio.
“Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt.” (III).

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.”

Dove viene mostrato l’intreccio tra intelletto e volontà, e quale tra i due abbia il primato; dal verdetto si ha la corrispondenza, o invece la discordanza, con l’ordine di processione delle Essenze divine; dove si vede quanto e come gli affetti (anche l’amicizia) possano turbare il raziocinio; esempio di ribellione (!) del valore pace allo svolgimento del ragionamento, se anteposto al valore verità, come Amore a Verbo.

XI LEctio.
“Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt.” (IV).

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.”

Dove si vede che l’uomo che non vede e aderisce alla realtà naturale non vedrà e aderirà neppure all’Ultima; dove si mostra che conoscere è un atto di fuoco, tutto il contrario che freddo, come di fuoco è l’Intelletto di Dio, Verbum e Imago; legame tra intelletto, ragionamento e libertà; legame tra questi e linguaggio: Cristo come modello esemplare del puro di cuore che vede Dio. Conclusioni.

XII LEctio. De Intellectu, Dei hominumque lætitia.
L’Intelletto, letizia di Dio e degli uomini.

Dove si mostrano alcuni tra i molti motivi per cui l’uomo, come Dio, è allietato dal proprio intelletto; dove si vede come la ragione sia al fondo di ogni sua azione, e che l’uomo si riconosce uomo perché ragiona, e di ciò sommamente si allieta; dove si conclude che la conoscenza non può dunque essere frutto peregrino di una causa non peregrina; dove infine si nota che l’incontenibile letizia dell’intelletto è letizia regina, attorniata però – come sarà anche nel Regno dei Cieli – dalle gioie dei sensi e degli affecta.

XIII LEctio.
De universali doctrina: Verba ut rerum translatio. Proœmium.
Teoria generale: Il linguaggio come metafora della realtà. Proemio.

Dove, conclusi i presupposti metafisici offerti dalla sacra scienza trinitaria, si pongono i termini per una Teoria generale del linguaggio umano, metafora della realtà naturale, la quale dice che forma del linguaggio umano è la metafora; dove ancora si ricorda che la realtà più vera e viva non è l’attuale, ma la futura, di cui l’attuale è però buona metafora; la metafora è dunque cardinale alla vita; dove infine si considera il problema della esaustività della conoscenza.

XIV LEctio.
De universali doctrina: Verba ut rerum translatio. Ratio (I).

Teoria generale: Il linguaggio come metafora della realtà. Argomenti (I).

Dove si propongono i primi tre indizi per una Teoria generale del linguaggio umano, metafora della realtà naturale: il primo si desume dalla nascita delle parole, astratte dalla sostanza delle cose; il secondo dalla nascita dei segni scritturali, astratti dalla forma delle cose; il terzo dalla melodia con cui viene espresso il discorso, quasi un percorso, in un certo paesaggio, o essa stessa un paesaggio.

XV LEctio.
De universali doctrina: Verba ut rerum translatio. Ratio (II).

Teoria generale: Il linguaggio come metafora della realtà. Altri argomenti (II).

Dove si propongono altri due indizi per una Teoria generale del linguagg: il quarto, dato dalla triangolazione moneta/deposito/valore, analogo alla triangolazione del costrutto metaforico premessa minore/premessa maggiore/giudizio; il quinto, dato dalla stessa figura retorica della metafora, presente sia sul piano naturale che su quello soprannaturale.

XVI LEctio.
De universali doctrina: Verba ut rerum translatio.
Ratio (III, et de Kant iudicium).

Teoria generale: Il linguaggio come metafora della realtà.
Argomenti finali (III, e critica a Kant).

Dove si propongono gli ultimi due indizi per una Teoria generale del linguaggio: il sesto, dato dalla relazione, cioè dalla nozione che è alla base di tutte le figure retoriche; dove si vede che la somiglianza, data dall’estensione della relazione, impone l’atto conoscitivo come necessario, sicché le conclusioni relativistiche di Cartesio e poi di Kant perderebbero forza di realtà: il relativismo infatti può essere buttato giù solo dalla Trinità, sorgente e forma di tutte le relazioni. Il settimo e ultimo indizio si richiama infine alla supersimmetria tra verba e imagines, discesa dal Figlio Verbum e Imago nel creato, attraverso il Cristo. Conclusioni.

XviI lectio.
De arte: koinè Verbi divini in historia (I).

L’arte come Koinè del Logo divino nella Storia (I).

Dove si considera come il monolite del dogma Verbum/Imago si possa incarnare nel ventaglio di verba/imagines delle diverse civiltà; nozione di Chiesa ‘mistica figlia adottiva del mondo’; dove si vede salvo il basilare principio di non estraneità del Logos dal mondo, per cui da Cristo Icona universale nasce la koinè del Logos divino nella Storia; dove si risolve l’attrito tra invariabilità dogmatica e variabilità espressiva; dove si vede che l’Idea si adatta perché è universale.

XviII lectio.
De arte: koinè Verbi divini in historia (II).
L’arte come Koinè del Logo divino nella Storia

.Dove si mostra che la teologia è figlia della gnoseologia e della teodicea; dove si considera il bene della varietà del pensiero intorno all’invariabilità del dogma; dove si giunge al dilemma posto da san Bernardo, di essere l’arte o bella o religiosa; dove si mostra il pericolo di un legame tra il Cistercense, gli iconoclasti e Lutero, non cogliendo essi tutte le conseguenze della realtà teandrica di Cristo (e della Chiesa); dove si mostra che la Teoria posta dai due Nomi Verbum/Imago risolve la questione.

XIX lectio: pag. 1, pag. 2, pag. 3.
De arte: koinè Verbi divini in historia (III).

L’arte come Koinè del Logo divino nella Storia.

Dove si mostra la continuità dell’arte di adorazione, innestata con la croce del Nuovo Testamento, dalla nascita della Chiesa fino al XVII secolo; dove si chiarisce l’arte di Caravaggio alla luce della grazia, e il suo realismo si fa argomento a sfavore del relativismo gnoseologico postulato da Kant; dove si mostra che la pittura può copiare la natura solo per via della costruzione sillogistica (e il Merisi, oltre che della grazia divina, fu anche il pittore dell’intelligenza umana); dove si accenna alla recente dissoluzione dell’arte di adorazione del sacro trinitario in un irenico sacro religioso; dove si considera il distacco dalla Ragione dell’arte ateizzata: arte come scandalo anticristico, arte come politica, arte come oscenità; dove si considera la ‘Quæstio Æsthetica’ nel confronto tra Missale Romanum e Novus Ordo Missæ; conclusioni metafisiche.

XX lectio.
De vehementi pulchritudine, scilicet de cupiditate Dei.
La bellezza intensiva, ovvero proprio la voglia di Dio.

Dove si mostra la particolare bellezza detta intensiva, dovuta all’arsione di contemplare Cristo e la Trinità senza attendere il possesso del Regno dei Cieli; problemi inerenti: primo, come conciliare il rigetto della figura della relazione (e della metafora, dunque del linguaggio, etc.) con l’Essere che è e che dà ogni relazione; secondo, come conciliare la povertà e il silenzio dell’eremo con la ricchezza e lo splendore richiesti dalla stessa religione, che nel culto richiede la massima dovizia; dove si studiano i rapporti tra carità contemplativa e carità attiva in ordine all’Estetica.

XXI lectio.
De pulchritudine in Regno Cælorum.
Sulla bellezza nel Regno dei Celi.

Dove si mostra l’inarrestabilità dell’intelletto, sua caratteristica saliente, che dà alla bellezza il significato che le è più proprio, di visibile garanzia all’uomo della sua immortalità; dove si indaga sulla questione dell’omogeneità delle opinioni nel dogmatico singolare del Regno dei Cieli, che dissolverebbe l’arte; dove si mostra che nel Regno dei Cieli è bandita l’ironia cattiva, ma permangono la socratica arguzia, il gioco, il fascino, il ragionamento, la poesia, come i corpi e la materia, ma nel perfetto ordine di obbedienza e sottomissione allo splendore del vero.

indice dei nomi di persone e di luoghi.

 

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