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INGRESSO ALLA BELLEZZA.

Enrico Maria Radaelli *

Ingresso alla bellezza. Fondamenti a un’Estetica trinitaria.

LECTIO XIX.
DE ARTE: KOINÈ VERBI DIVINI
IN HISTORIA (III, c).

Larte come Koinè del Logo divino nella Storia (III, c).
[Arte: Linguaggio universale, o Koinè, della Verità, o Logos,
nella Storia universale, o Historia.]

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(Pagine 336-347 del libro, conclusioni del § 9, terza e ultima parte della Lectio XIX.) Dove si accenna alle conclusioni metafisiche dovute alla recente dissoluzione dell’arte di adorazione del sacro trinitario in un irenico sacro religioso; al distacco dalla Ragione dell’arte ateizzata: all’arte come scandalo anticristico, come politica, come oscenità; dovute infine alla ‘Quæstio Æsthetica’ nel confronto tra Missale Romanum e Novus Ordo Missæ. [Per la prima parte della Lectio, sull’arte di adorazione dal I secolo a Caravaggio, andare a pag. 1, per la seconda parte, confronto tra Missale Romanum e Novus Ordo Missæ, a pag. 2].

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Infine, per concludere il nostro giro ricognitivo atto a cogliere (ove siano) i germogli capaci di ridare all’Æsthetica la fioritura necessaria per produrre nuova pulchritudo, e indicare parimenti le desertificazioni dove facilmente non si trovano che rovi e ramarri, si potrebbe dire che in realtà è oscurato persino il dogma, né vi è più il senso di riverenza e di apprezzamento verso il dogma, ma solo doxa, opinione, e quest’opinione non è neppure più obbligante ma solo discrezionale, assomigliando spesso i cattolici – anche chiamati ad alte responsabilità religiose –, più al sentire liberale dei protestanti che a se stessi, tanto che è davvero raro oggi trovare un vescovo che combatta un qualche errore dottrinale; 1 [A non avvertire il fenomeno, è una spina dirlo, sembra siano ormai solo i Pastori; persino un Maurizio Ferraris può irridere alla conoscenza religiosa dei fedeli chiedendosi retoricamente: « In cosa credono i credenti che se la prendono con il laicismo? " (« Il Sole/24Ore », 2 aprile 2006, p. 32), rispondendo soddisfatto che, a una sorta di exit poll alle porte delle chiese, « scopriremmo tutto un proliferare di nestoriani e monofisiti, di ariani e di catari, di seguaci di Melantone, Zwinglio o Carlostadio ». Infatti è noto che con l’ultimo concilio fu deciso di non parlare mai più di eresie. “Ariani oggi?” Non per i Pastori, ma in verità molti cattolici sostengono che « l’essere ‘figlio di Dio’ di Cristo non implica una filiazione divina naturale con conseguente sua preesistenza prima di tutti i secoli. […] Anche noi […] siamo capaci di diventare ‘figli di Dio’. Questa mia conclusione è la stessa a cui pervenne molti secoli fa il sacerdote Ario, teologo molto sfortunato in quanto incompreso » (ORTENSIO DE SPINETOLI o.f.m., presentando il suo Gesù di Nazaret, Bologna, 16 marzo 2006); l’arianesimo è diffusissimo: sceneggiati TV sulla Sacra Famiglia e film come Nativity mostrano nella loro stolidità quanto la filmografia sia sostanziata di naturalismo (lo è da sempre: neanche i film più “spirituali” riescono a dare di Cristo, come sempre è avvenuto nelle arti figurative, la doppia natura: di uomo e di Dio): nel quadro del più smaccato, irrazionale e sdivinizzante arianesimo (nutrito dai falsi storici detti Apocrifi) la Vergine (la Mai toccata da mani umane!) è trattata come una ragazzetta qualunque, vagheggia figli, è oggetto di sensualità, e non solo con il marito Giuseppe; questi, non più Il Castissimo, è magari vedovo con figli; GESÙ, il Cristo, è un disobbediente non all’altezza dei miracoli che combina. Degli orrori. E il sacro Annuncio dell’Angelo? Quando c’è, è solo una luce, un soffio di vento. Nulla di cattolico, cioè nulla di vero: dove la pudica, aurea, veridica e parlante iconografia con cui la Storia ha magnificato nei secoli il suo momento più centrale, sublime e davvero divino? Le greggi istupidite arianeggiano, i Pastori le lasciano fare, le voci critiche belano, perché la comune cultura è infettata da una comune lebbra, il naturalismo di satana.] e casomai – tranne rari casi –, non tanto per difendere la verità, ma, al più, per supplire a un qualche sentimento di carità, come se solo la carità fosse il valore e più non lo fosse, prima, sopra, e per darle senso, la verità.

Il motivo? Barsotti diceva che « tanti sacerdoti e vescovi non hanno più fede. Anzi no – aggiungeva –, non dico che non abbiano più fede, ma non hanno più il coraggio di testimoniarla. Con purezza. Forse per il timore di non essere più accettati dal mondo. Ma, agendo così, in una prospettiva tutta politica, oppure facendosi interpreti di una spiritualità che io definisco “massonica”, sono meno accettati ancora ». 2 [DIVO BARSOTTI (in LUCIO BRUNELLI, E s’io fossi foco…, Intervista a D. Barsotti, « Il Sabato », 20 ottobre 1990), I cristiani vogliono essere cristiani. Interventi del Padre dagli anni ’50 ai nostri giorni, a cura di PAOLO CANAL, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2006, p. 201.]
(E difatti: quanti saranno i vescovi ad avere il “coraggio” – dobbiamo chiamare ormai così quello che sarebbe puro e semplice senso del dovere – di celebrare la s. Messa in Rito Romano, altro non facendo che affiancare il Santo Padre nella sua opera di ripristino dell’adorazione dovuta alla Maestà di Dio?)
L’unico è divenuto plurimo, il sole è frantumato in fiaccolette vaganti. Il principio di non contraddizione non intimidisce più, e l’arte, dinanzi al non essere propalato dalla non conoscenza, inscena, come ultimo grido di koinè, la non rappresentazione.
L’efficacia espressiva del Logos [...].

[Per l’inizio della XIX Lectio (§ 8, su Caravaggio e la filosofia dell’æsthetica) andare a pagina 1; il § 9: La dissoluzione del sacro volto come possibilità storica, si trova a pagina 2.]

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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)

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