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184-195 del libro.) Dove si vede che l’uomo che non aderisce alla realtà naturale non vedrà neppure l’Ultima;
dove si mostra che conoscere è un atto di fuoco, tutto il contrario che gelido, come di fuoco è l’Intelletto
di Dio; legame tra intelletto, ragionamento e libertà; legame tra questi e linguaggio: Cristo come modello esemplare. Conclusioni.
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(Segue dalla X
LECTIO) Ora, stabilito finalmente che “uomini dal cuore puro” sono quegli uomini che con le operazioni dell’intelletto
adeguano il proprio spirito – condotto dalla buona volontà – alla realtà che li guarda, perché
mai essi infine « vedranno Dio »?
Questa domanda – lo aveva [...] san Bernardo da Clairvaux – pone
alla Filosofia dell’estetica una difficoltà centrale, cui ho accennato già nella IX
LEctio: essendo l’arte quella fantasia che sappiamo, tutta fuori la realtà, è forse essa
peccato? San Bernardo, essendo quel purista estremo che sappiamo, e che per questo oggi sarebbe senza mezzi termini marchiato
da epiteti come integralista, fondamentalista, massimalista, o con altri termini spregiativi e anatemizzanti (e anche brutti),
risponde per il sì, e lo vedremo chiaramente più avanti. Ma forse ciò che egli risponde non è ciò
che lo farà poi santo, ovvero è opinabile, almeno sotto il profilo di una maggiore cura di quanto quel devotissimo
Padre non abbia riposta nel distinguere realtà da realtà – e inganno da inganno – nell’arte.
Invece, riprendendo il discorso interrotto su realtà, fantasia
e uomini dal cuore puro, essi « vedranno Dio », direi, prima di tutto perché, vedendo (e seguendo)
la realtà ogni giorno e ogni ora quale essa è, e non volendosi sottrarre ad essa con nessun sotterfugio, con nessuna
visione ego riferita, con nessuna delle fantasie elencate nel Decalogo: fantasie di altri dèi che non siano il Signore,
o di feste che non siano gradite al Signore, o fantasie nate dall’ira, o dalle altre passioni di avidità, di lussuria,
di disprezzo per la verità, e via dicendo; ecco: questi uomini per niente fantasiosi (così si potrebbe dire) e per
niente dispersi nei sogni vacui e irreali del proprio Io, vedranno anche la Realtà ultima cui quella quotidiana
conduce.
Non la vedranno essi invece, quella ultima, se non vedranno quella quotidiana.
E si sarà ben capito che la realtà quotidiana viene o non viene nascosta al cuore dell’uomo solo dalla carne
che circonda il cuore dell’uomo dal suo Io.
La causa dell’avere o non avere la vista pura dipende per ciascuno di
noi solo dal cuore: se esso è libero, sottile, leggero nel proprio spirituale moto intellettuale di adesione o distacco
nei confronti della realtà, confrontandosi con realtà sempre più spirituali discendenti dal sommo Spirito,
esso compirà la sua opera di raggiungimento dello Spirito e di conformazione perfetta a lui. È un lavoro tutto di
cuore, cioè è un lavoro tutto intellettuale.
In altre parole, se l’uomo mantiene il proprio spirito sovrano sulle
potenze inferiori, e se non permette ai granelli di sabbia del mondo e della carne di intralciare le macchine delicatissime che
elaborano i puntiformi accostamenti, già di per sé concernenti mille difficoltà (reperimento dei mille dati,
attenzione grande in ogni momento, discernimento dell’aspetto nozionale sotto quello retorico, dell’aspetto
affettivo e politico da quello teoretico, per dirne solo alcune), la sua mente resterà sempre pura
quanto pura è la mente che compie soltanto atti spirituali, di intelligenza (quali sono appunto unicamente gli atti d’amore
oblativo), atti intrinsecamente buoni, assentimenti. Essi sono continui, umili e assoluti atti di assenso alla
realtà, e in questo sono atti analoghi a quelli compiuti dal Figlio nei confronti del Padre – Maestro all’uomo
precisamente in questo –: atti di perfetta obbedienza (dunque umiltà ), ad assentire alla realtà del Principio.
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14. AMORE DI RAGIONE.
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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
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