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INGRESSO ALLA BELLEZZA.

Enrico Maria Radaelli *

Ingresso alla bellezza. Fondamenti a un’Estetica trinitaria.

LECTIO iV.
VERBUM DEI IMAGO EST,
IDEO OMNIA VERBA
IMAGINES SUNT.

La Parola di Dio è Immagine,
dunque tutte le parole sono immagini.

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(Pagine 74-85 del libro.) I trascendentali: cosa sono e quali; verifica del trascendentale pulchrum in relazione alla santissima Trinità e ai due Nomi propri del Figlio, Verbum e Imago; verifica dei tre parametri tomisti della bellezza, integrità, armonia e splendore, calcati direttamente dalle qualità personali del Figlio; distinzione, in derivata da splendore, tra bellezza e fascino; ancora confronto tra pulchritudo e veritas.

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Con questa Lectio terremo un’ideale continuità con la precedente, la quale ci ha dato modo di intuire che la bellezza, il pulchrum, è un trascendentale, posto il fatto sommo che essa riguarda l’aspetto, la species, la faccia del pensiero, dell’idea, del verbum, e che quest’ultimo è nome, definizione, proprietà e potenza della seconda Persona della santissima Trinità, del Figlio divino, dunque del Cristo. Per cui, come è trascendentale una delle due proprietà del Figlio, così dovrà esserlo anche l’altra: sic verum, sic pulchrum. E, se ciò non bastasse, bisognerà riconoscere trascendentale pulchrum almeno per il fatto che è solo attraverso l’aspetto, la species, la faccia, l’immagine, che un ente si presenta e si apprende. Dunque l’imago (e pulchrum, in particolare, che è la sua prima connotazione: il parametro per misurarne l’efficacia) dovrà esibire un’estensione non minore di quella dell’ente e della sua intellezione.
Dopo aver chiarito il valore di essere, di forma, di immagine, secondo i parametri che ci insegna il tomismo, conviene al nostro itinerario addentrarsi nella Filosofia dell’estetica attraverso il valore del concetto di trascendentale, per disbrigarne poi la confacenza a riguardo precisamente del pulchrum. Trascendentale: dal latino transcendens, trans scando: salgo sopra.

Trascendentali sono per san Tommaso le qualità proprie a quella ‘superforma’ intensiva dell’essere da lui individuata nell’Esse subsistens, che abbiamo riconosciuto essere la Trinità. L’Esse subsistens trinitarius, e in quanto esse subsistens e in quanto trinitarius, è l’analogante principale, pertanto misura di tutto ciò che per partecipazione al suo essere e alla sua conformazione è ente, in una quasi infinita gradazione di esseri (enti) e di forme.
I trascendentali hanno dunque la loro causa in Dio, e non solo in Dio come dall’ente causa di tutti gli enti, ma da Dio nella forma propria – nel ‘costitutivo metafisico’ che ci è stato rivelato – di Dio. Essi sono determinati da una res, o quiddità, e da una ratio, o ragione di fine. Essi accompagnano l’ente sempre e dovunque, e non solo per il fatto che, come l’ente, si estendono a tutti gli enti e non soltanto a singoli loro settori, ma perché si estendono a tutti i modi o determinazioni anche individuali di quel soggetto di cui si predicano.

Che pulchrum quindi sia o non sia considerato trascendentale è capitale, poiché se lo è, esso certifica che ogni ente, per quanto povero di pulchritudo, partecipando all’essere diletta la ragione e la riposa (ma solo nella misura in cui la povertà di sé partecipa all’essere); se invece non lo è, permetterebbe di diritto uno scarto tra enti che dilettano e non, enti che riposano e non, in assiologie di valori del tutto arbitrarie, relativizzanti, in rigetto dell’oggettività. In secondo luogo, nella fattispecie dell’ente di ragione, cioè dell’idea, se trascendentale lo è, esso si pone come generalissimo e però anche individuabilissimo ente portatore di significato, cioè di un essere; al contrario: se non, fa perdere all’idea ogni stabilità e certezza di riconoscimento.

In altre parole, è necessario individuare quel criterio generalissimo e omnicomprensivo – quale il trascendentale – che permetta di affermare sia che è dilettevole l’apprensione di Dio, sia che in qualche modo lo è anche l’apprensione dell’ente più inerte e inessente, come l’Inferno, o come lo sgorbio su di un muro, giacché anch’essi, Inferno e sgorbio su un muro, oltre a partecipare alle categorie poste dagli altri trascendentali, partecipano a quella categoria specifica dell’aspetto chiamata pulchrum; in secondo luogo poi – che è di gran lunga il più rilevante –, quel criterio è il fondamento per giungere a dimostrare scientificamente la correlazione analogica data dal linguaggio nel suo senso più lato e generale, per la quale esso non solo ha tra le sue forme retoriche anche la figura della metafora, ma esso stesso è una metafora, poiché la metafora è la forma del linguaggio.
[...].

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(Pagina protetta dai diritti editoriali.)

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