(§ 54, pp. 267-70.)
IL DOGMA, SANTO KATÉCHON DEGLI “ULTIMI TEMPI”,SVOLGE DUE SUBLIMI COMPITI, O ‘FUNZIONI DI VERITÀ’.
Infatti, cosa dice il Signore? Dice: « La verità vi farà liberi » (Gv 8,32). Ma se dire ‘dogma’ è dire ‘verità sicura regalata da Dio’, domando: possiamo forse noi anche dire: « “Il dogma” vi farà liberi »? E se dire ‘dogma’ è dunque dire ‘Logos’, e dire ‘Logos’ è dire ‘Legge’, possiamo forse noi anche dire, ancor più estremizzando, « “La Legge” (la Legge!) vi farà liberi»?
Proprio così: « La Legge vi farà liberi »!... Possibile!?
Ma questo non è forse come dire: « “To katéchon”, “la forza che trattiene”, “Il potere che frena”, “la catena di ferro”, vi farà liberi», cioè affermare infine un autentico controsenso?
Perché questa è la paradossale, ma veritiera e fortissima promessa del nostro Maestro e Signore e solo sua (infatti nessuno ha mai osato neanche lontanamente affermare qualcosa del genere): che Liberatore è proprio il Katéchon, affrancatrici son proprio le catene.
Ma cosa sono le catene? Sono la ragione, sono il placido ma rigoroso percorso sillogistico, sono le semplici e severe regole del puro calcolo intellettuale, sono il limpido rispetto per la legge naturale, per il sistema prescientifico e prefilosofico universale detto da Livi Senso comune (v. Livi 2010), cioè per il sì obbedienziale alle leggi del creato, dunque sono la fede, e, sopra tutte queste cose e altre simili, come la sorridenza positiva dell’essere, della verità e della pulchritudo, santamente liberatorio è proprio lo slancio senza riserve a obbedire a queste sante catene, cioè alle leggi di Dio.
E si badi bene a questo fenomeno incredibile, che mai davvero nessuno si aspetta: queste catene, raccolte come sono nella memoria delle leggi, cioè nella Tradizione, in sintesi: nell’aurica e sublime parola “verità”, sono proprio ciò che permette lo scatto dell’audacia, il passo in avanti dell’in-novazione, lo scarto vivo della inventio, la rottura delle regole della ricerca, come sempre è avvenuto nella storia e in specie nella storia dell’arte, restando – questa la regola decisiva –, con purezza d’animo, nei limiti ben determinati e precisi dell’essere, e senza mai contraddirlo, si veda Radaelli 2012, Secondo Capitolo: Tradizione e Audacia, passim.
A questo punto, però, bisogna chiarire: sono due le ‘funzioni di verità’ del Katéchon, ossia del Logos, ossia del Cristo, che è a dire della fede, cioè della Chiesa, ossia, in ultimo, del Papa, e, in ultimissimo, del principio di non-contraddizione (di cui peraltro si serve anche il pensiero della società laica): la prima di esse la diremo ‘funzione di forza liberante’per tutte le istanze conseguenti – nel più limpido nitore – alla purezza della ragione, la quale è nell’uomo la patria del Logos, dunque del Cristo, poi della fede, della Chiesa, del Papa, del dogma, fino al principio di non-contraddizione, così da poter leggere l’asserto giovanneo sopra visto in un paradossale:
« La catena che vi lega sarà la vostra libertà»,
« Le porte di bronzo, se son chiuse, vi scarcereranno»,
« I lacci che vi stringono, è così che vi libereranno».
Logos, Legge, dogma, fede, Papa, Chiesa, danno alla ragione umana l’impulso massimo a che essa Chiesa avanzi, si innovi, produca verità, unità, bellezza, armonia, civiltà, benessere, perché la religione secondo ragione umanizza l’umanità e in-civilisce la civiltà come nessun’altra forza al mondo, neanche l’indipendenza, cioè la falsa libertà del terribile Liberalismo. Vedasi l’apporto del cristianesimo alla civiltà occidentale da Cristo ai Lumi, e scusate se è poco. Cioè scusate se è tutto.
Ma contemporaneamente, e per lo stesso motivo, l’altra e opposta funzione di verità del Katéchon, delle Catene di ferro che sono tutte quelle tremende e soprannaturali realtà sopraddette (Logos, Cristo, dogma, fede, Papa e via dicendo), è prigione, è vincolo, è forza che trattiene, e che pure percuote, fustiga, castiga e ricaccia nell’abisso (da dove proviene) l’Avversario, il Mistero d’Iniquità, satana e gli altri spiriti maligni, che è a dire le passioni irrazionali, i vizi, il Rivoluzionario, il Ribelle, la Rivoluzione, la Ribellione.
Il ferro dell’essere, Liberatore del sì e Carceriere del no, svol-ge entrambe le funzioni, appunto di Liberatore e di Carceriere insieme, e la fede, virtù di conoscenza per testimonianza, aggancia l’uomo alla prima e così lo salva e porta alla Gloria, ma attenzione: se rifiutata, lo incatena alla seconda.
Sicché, per restare alla Lumen fidei, tutte queste cose un’En-ciclica come si deve sulla fede le dovrebbe ben dire, e se non le dice sarebbe bene preoccuparsi che il suo silenzio non suoni appoggio alle tesi massimamente egoistiche della gnosi, del borghesismo liberale, laico (e probabilmente, almeno all’origine, massone), che non considera la verità matrice di libertà e di carità, come invece lo è nella santa, luminosa e solida gnosi cattolica portata nel mondo dal Cristo.
E con ciò, dopo aver rimarcato la differenza (tutta a favore della Chiesa) tra visione gnostica e visione cristiana del rapporto tra katéchon e libertà allorché è in gioco la carità, qui si è potuto fare altrettanto allorché in gioco è la verità: la purezza del dogma, ferreo katéchon, nel senso di carcere, di qualsiasi Anticristo, religioso o laico che sia, è talmente potente da poter garantire di dare tanta vera libertà agli intelletti ripieni di fede da offrire loro sia, in primis, la più forte garanzia di poter rendere (per grazia) la più bella ed eroica testimonianza cristiana, sia poi anche (sempre per grazia) la più aggettante apertura al futuro della vita nella civiltà, nella cultura, nelle arti, persino nelle necessità economiche, sia infine (ancora per grazia) la più stabile solidità, che è quel che più preme, nel monolitico e granitico cristallo della verità.
Ciò fu promesso dalla Vergine fin dalla primissima delle sue numerose apparizioni sulla terra. Questa prima apparizione, nel 41 d.C., a solo otto anni dalla morte e resurrezione di Nostro Signore, e non ancora assunta Essa in Cielo, avvenne a san Giacomo Maggiore, fratello di Giovanni, allorché, sul Tago, Ella volle rassicurare quell’apostolo, angustiato per la mancanza di frutti della sua predicazione, e gli predisse che la fede, lì, sarebbe stata invece rocciosa e forte come il basalto di quel pilastro (spagnolo ‘pilar’, da cui “Vergine del Pilar”) su cui lui La stava appunto in quel momento vedendo e venerando. Ogni promessa è debito.
(Tornato a Ierusalem, nel ’43-4 l’apostolo sarà fatto decapitare da Erode Agrippa. Non va confuso con Giacomo il Minore, figlio di Alfeo e Cleofa, cugino di Gesù, così detto perché chiamato al seguito di questi dopo l’altro Giacomo; costui fu il primo vescovo di Ierusalem, martirizzato nel ’63).
(§ 55, pp. 270-5.)
LA FUNZIONE TERRIBILE E CONTRARIA, ORRIBILMENTE FALSIFICATORIA, DEL FINTO KATÉCHON DEGLI “ULTIMI TEMPI”.
C’è però da considerare forse, purtroppo, anche una terza possibilità, una terza funzione del katéchon, ma stavolta ‘funzione di falsità’, e non ‘di verità’: una terza realtà dunque, ma posticcia, fasulla, artefatta, e questa terza realtà è terribile, inaspettata, ripugnante: non se ne vorrebbe proprio parlare. Se se ne parla è perché anch’essa è una realtà, e la realtà, anche la più scabrosa, se ciò diviene l’unica via percorribile per portare alla salvezza le anime, va pur detta.
Con essa il sacro Ferro della Legge non dà all’uomo la libertà, come avviene nella Chiesa per la promessa di Cristo (« La verità vi farà liberi », Loc. cit.), né rinserra la gola a chi, come satana e i suoi, odia la verità, per la profezia dell’Apo-stolo (« Il mistero d’iniquità è già in atto, ma è necessario sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene »), ma sorprendentemente, con subdolo inganno, tradisce in se stesso la propria missione e il proprio stesso essere: in questa terza via la Roccia tradisce la Roccia fingendo d’essere acqua, ma è Roccia; il Basalto il Basalto fingendo d’essere sabbia, ma è Basalto, il Ferro il Ferro fingendo d’essere argilla, ma è ancora Ferro.
Se la Chiesa (se il Papa, se il Katéchon “che trattiene” le forze del male), nella sua configurazione storica, si fa essa stessa partecipe, compagna, alleata del proprio nemico, partecipe dell’antico Avversario, che dire, che pensare, che figura immaginare?
Sant’Ambrogio, commentando il Cantico, « Nigra sum, sed formosa » (1,5), riconosce che la Chiesa è santa e peccatrice: santa nella sua essenza soprannaturale, peccatrice nei suoi uomini – Pastori e greggi –, sempre passibili di cadere in qualsiasi genere di vizi e in qualsiasi comparto del male, ivi compreso quello contro la virtù della fede, come purtroppo dimostrano i molti eresiarchi nati dalle sue stesse file.
Forse che la configurazione storica e transeunte della Chiesa è tanto peccatrice, o perlomeno tanto capace di perdere l’orientamento perché presa da vagheggiamenti e sogni suggeriti subdolamente dal millantatore, da potersi fare persino nemica, persino, senza volere, traditrice, della sua stessa essenza sovrastorica e santa? può avvenire mai ciò?
Stanti le parole di Cristo sopra viste (« Quando il Figlio del-l’uomo tornerà, troverà ancora fede sulla terra? », e ripeto: Egli non si chiede se troverà carità, ma se troverà fede), sventuratamente sì, ciò può avvenire: perché la domanda « troverà ancora fede sulla terra? », posto che la fede è portata dalla Chiesa, sua ragione prossima, può essere traslata in: « troverà ancora ‘la Chiesa’ sulla terra? », e la Chiesa potrebbe non essere più trovata per due cause: o a opera dei suoi nemici esterni, come comunemente e giustamente si ritiene, che la vogliono da sempre annientare, analogamente all’annientamento di Cristo, suo Capo e Modello di vita, ma pure a opera dei suoi nemici interni, in ciò simili dunque a Giuda, dove l’Anticri-sto è dato dalla attuazione della profezia di Cristo in Mt 24, 15: « Quando dunque vedrete stare in luogo Santo l’abominio della desolazione, di cui parla il profeta Daniele, chi legge intenda! », laddove, con il riferimento a Daniele, Gesù allude a Dn 9, 27: « Egli stabilirà un saldo patto con molti, per una settimana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore; e questo, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore ».
Nel 167 a.C. il re greco Antioco Epifane, conquistato Israele, fece erigere sacrilegamente un altare a Zeus sull’altare del tempio di Dio in Ierusalem. Questo evento orrendo è co-nosciuto come “l’abominio della desolazione”.
“L’abominio della desolazione”, che pur culminerà con il se pur temporaneo impossessamento da parte di satana, del-l’Anticristo e di ogni forza che lo prepari e lavori per lui, del « luogo Santo », ossia del Trono più alto, che è a dire della Chiesa nella sua conformazione storica, non è qualcosa che avviene di colpo, ma, come si può intuire, è qualcosa che nasce e che si diffonde lentamente, proprio elaborando e divulgando una dottrina che poi si radica dando vita a una cultura, a un modo di pensare, che deve potersi espandere e trovare rispondenza e consenso nei popoli in un percorso di anni e anni, come è successo col Liberalismo, e, nella Chiesa, ieri col Modernismo e oggi, anche se nessuno ne parla, col dubitativo e relativizzante “Martinismo”, con la “teologia della Liberazione”, con la « dislocazione della divina Monotriade » di cui entrambe quelle due “non-teologie” sono, se pur in prospettive diverse, i più logici risultati, e con la conseguente detronizzazione della “teologia dell’Annuncio” a opera della falsa “teologia dell’Incontro”, che di per sé, come si è visto, è solo una “non-teologia” che detronizza una teologia.
Detronizzazione, questa, che – pur avvenuta sul piano della distorsione della realtà –, resta però impossibile che davvero avvenga, perché è impossibile che i due piani – del pratico e del teorico – possano intersecarsi: la “teologia dell’In-contro” si intronizza su un “luogo Santo” – quello della “teologia dell’Annuncio” – che non le appartiene perché è luogo teoretico, è luogo ideale, è luogo conoscitivo e veritativo, è, come direbbe Livi, luogo “aletico”, ossia ‘portatore sano di verità’, e quell’altra, la non-teologia, è invece luogo pratico, attuativo, realizzativo, per il quale c’è necessità di essere in possesso dei dati veritativi intercettabili unicamente dal luogo a esso necessariamente previo della conoscenza.
Come fa dunque a salire la “teologia dell’Incontro” su un luogo tutto perpendicolare alla sua propria postura? Tentativo audace, certo, ma insano. Un po’ come quello di Antioco Epifane, in fondo, che era sì riuscito a intronizzare una non-realtà sbieca e disassata, cioè del tutto fantastica, inventata su sogni e immaginazioni come Zeus al posto della realtà diritta e solida del Dio di Israele, ma poi – se pur dopo atrocità inenarrabili – fu sbaragliato e ucciso (v. I-II Mc): la realtà (Dio) ha sempre l’ultima parola. Se no, non sarebbe.
Ed è invece ciò che sta avvenendo da cinquant’anni: è la famosa ‘de-dogmatizzazione’ di cui qui si parla e di cui parlano, come visto, apprezzati uomini di Chiesa e chiarissimi filosofi come Antonio Livi, è l’« adogmatismo » di cui parlano illustri teologi come Brunero Gherardini (v. Gherardini 2011), è lo pseudopastorale « linguaggio di legno » in luogo del dogmatico « linguaggio di fuoco » di cui chi scrive disegna origine, intenzioni, modalità di diffusione e di governo, ma di cui mostra anche la pur certa sconfitta – e la conseguente vittoria della Chiesa – nel già citato suo Il domani … del dogma.
Se le cose stanno davvero così, il momento parrebbe grave: si tratterebbe allora di scongiurare il consolidamento di una presa di possesso infausta, avvenuto il quale si accelererebbe – con la caduta della dottrina e, con essa, del principio di non-contraddizione che affigge la realtà a se stessa – la profezia di Daniele e del Cristo stesso.
Non è il caso: son troppi, troppi i popoli ancora privi del santo Annuncio, e troppo persi quelli che, avutolo, lo hanno di recente abbandonato, come è sotto gli occhi di tutti e come scopre drammaticamente pure il cardinale Schönborn.
Saprà la Chiesa tornare a raccogliere la grande sfida del dogma, che è a dire la grande sfida contro la “bonomia per convenienza o timore”, che è a dire la grande sfida per sa-persi davvero infuturire nel realismo più schietto, e non nella vicendevole vanagloria di Pastori e di greggi, come peraltro aveva saputo ben fare per duemila anni, o tenterà ancora di autodivorarsi nel relativismo de-dogmatizzante insegnato sull’esempio, per dirne uno, degli ultimi arcivescovi di Milano, fino a quando Cristo stesso, Katéchon ultimo, divino, som-mo e universale, proferirà il suo “Basta!”?
Dalle risposte che l’arcivescovo di Vienna si dava per trovare il superamento della crisi, parrebbe proprio di no: parrebbe cioè che la Chiesa, ora come ora, non sia all’al-tezza della situazione in cui si trova, perché il cardinale non ha fatto altro che enunciare cinque “sì” alla situazione così com’è, cinque imbelli accettazioni del dato di fatto, e ciò è già stupefacente: che un esponente di rilievo della tutta e solo “pratica” e non teoretica “non-teologia dell’Evento” e “del-l’Esperienza”, non riesca a essere sufficientemente pratico da rispondere adeguatamente all’avversità, p. es. all’avversità dello svuotamento delle chiese, cioè dell’apostasia.
Quello sentito nella chiesa Cattedrale di Milano il 10 dicem-bre 2013, in faccia ai suoi ben cinque “sì”, e anzi proprio a causa loro, era un cardinale frastornato, come frastornata è la Chiesa esperienziale, tutta prassi e pastorale, che non sa più distinguere tra bene e male e che non sa vedere in una coppia formata da « un giovane credente, che partecipa alla vita della parrocchia, che suona l’organo », che però «convive con un altro uomo », altro che « due giovani puri, anche se la loro convivenza non è ciò che l’ordine della creazione ha previsto » (sic!).
* * *
INDICE.
Prefazione di Antonio Livi. ...........................................p. I
1. Orientamenti emersi dal dibattito in Rete......................pag. III
2. Quando il dibattito sale di livello
e tocca e principi dell’ecclesiologia..............................pag. XIII
3. Per quale riforma?.......................................................pag. XVIII
Prima Parte.
Il magistero di Papa Francesco.............................................p. 13
1. Il magistero veloce (e spiazzante) di Papa Francesco.....pag. 13
2. Ipotesi di un magistero “infuturente”.............................pag. 15
3. Quella in atto è la “Guerra delle Forme”. Sì:
ancora una volta Chiesa contro Chiesa, come a Nicea,
come a Costanza. Stavolta, però, nella sua forma...........pag. 17
4. Se la Sede Apostolica possa essere giudicata:
possibilità, condizioni e limiti.........................................pag. 18
5. La grazia, il principio di non-contraddizione,
le forme di magistero e le sue possibili mancanze
(colpe? peccati?) verso lo Spirito Santo.........................pag. 22
6. Il concilio ecumenico Vaticano II, davanti
ai gravi errori che correvano nella Chiesa,
avrebbe dovuto essere proclamato dogmatico................pag. 25
7. La grazia dello Spirito Santo e Papa Francesco..............pag. 27
8. “Diversamente Francesco” e “diversamente Papa”....pag. 29
9. Il “diversamente Francesco” come matrice
di una struttura magisteriale papale parallela,
nascosta, informale, di controllo su quella ufficiale........pag. 34
10. Il “magistero sistema” di Papa Francesco:
non più solo parole, ma gesti, simboli, mimesis, silenzi..pag. 35
11. Il magistero di Papa Francesco: di spirito o di carne?.....pag. 40
12. « Non contro Roma, né senza Roma, ma con Roma e
in Roma »: se e come si possa cannonneggiare la Chiesa
dall’interno stesso delle sue mura (dogmatiche)...............pag. 42
13. Se la forma “pastorale” del Vaticano II sia un abuso,
e come tale possa costituire un pericoloso precedente....pag. 44
14. « Non contro l’amore, né senza amore, ma con
l’amore e nell’amore »: è l’inizio della « dislocazione
della divina Monotriade »............................................pag. 46
15. Le cinque componenti strategiche che delineano
l’obiettivo finale del magistero di Papa Francesco..........pag. 49
16. Perché il tanto apprezzato antirelativista
Papa Benedetto XVI è un antirelativista dimezzato........pag. 52
* Un incontro. Assolutamente necessario...........................pag. 52
Seconda Parte.
Filosofia e teologia estetica della Lumen Fidei...................p. 57
17. Sulla Lettera enciclica Lumen Fidei.
Considerazioni filosofiche a uno scritto teologico..........pag. 57
18. Sulla tonalità generale dello scritto.................................pag. 58
19. Sul particolare e specifico plurale maiestatis papale......pag. 60
20. Contro la “bonomia” voluta da Papa Giovanni XXIII:
natura extragiuridica, anzi: fortemente amorevole,
del linguaggio asseverativo e giuridico della Chiesa.......pag. 62
21. Asimmetria teologica tra la scelta di Papa san Damaso
– utilizzare il plurale maiestatis – e la scelta
di Papa Giovanni Paolo I – abbandonarlo –...................pag. 65
22. Il linguaggio della Lumen Fidei come frutto ratzingeriano
del mutamento di linguaggio avvenuto col Vaticano II..pag. 68
23. La vera, ma equivoca, e mai considerata ermeneutica,
in cui va inquadrato il concilio ecumenico Vaticano II...pag. 70
24. La verità non si impone con violenza sulla coscienza. Ma
la coscienza ha l’obbligo – e la libertà – di obbedirle....pag. 71
25. I quattro punti che dirimono la questione decisiva
e centrale del rapporto tra verità e libertà.......................pag. 74
26. Anche tutto il Nuovo Testamento conferma
il carattere imperativo della verità sull’uomo
e quello obbedienziale dell’uomo verso la verità............pag. 79
27. Se costituire il Vangelo (o la Fede) come ‘Incontro
con una Persona’ e non come ‘verità’, così da
occultare la sua asimmetria con l’uomo, possa
essere un’eresia............................................................pag. 81
28. Questo è il dogma che lega tra loro fede e amore:
« La fede è il principio, l’amore il fine ».....................pag. 85
29. Fides ex auditu, aut fides ex visione?
Cioè: la fede nasce dall’ascolto o dalla visione?.............pag. 92
30. La “teologia della Visione”, portando il Paradiso
in terra, scardina ab imis la conoscenza per fede............pag. 94
31. L’argilla del sentimento posto dalla “teologia
dell’Incontro” sostituisce il basalto del giudizio
posto dalla “teologia dell’Annuncio”..............................pag. 98
32. Storia di ‘Dogma’, il cane pastore
lasciato morire dal proprio padrone..............................pag. 101
33. La teologia dei canti e delle cetre,
dell’amore e del diletto................................................pag. 106
34. La grave questione della teodicea nella Spe salvi.........pag. 110
35. La falsa bonomia, subdola traviatrice della Chiesa.......pag. 112
36. La falsa bonomia e il beato Papa Giovanni XXIII........pag. 115
37. La “teologia dell’Incontro” e la concezione di teodicea
e di Novissimi nei Papi Ratzinger e Bergoglio.............pag. 119
38. L’indipendenza dell’uomo. Questo è il punto
che la “teologia dell’Incontro” utilizzata
dalla Lumen Fidei permette di non toccare..................pag. 124
39. Falsità e correttezza dell’espressione che dice:
“La verità si impone in forza della stessa verità”..........pag. 126
* Riflessioni a tu per tu....................................................pag. 131
Terza Parte.
Se lex minus credendi,
allora anche lex minus orandi...........................................p. 133
40. Lex minus credendi, lex minus orandi.
La Chiesa, forzata da cinquant’anni a fare meno
verità, fa anche meno bellezza e meno adorazione.......pag. 133
41. Cause e sviluppo dell’avvitamento de-dogmatico
e de-adorativo della storia recente della Chiesa............pag. 135
42. Vaticano II e Novus Ordo Missæ come effetti ultimi
della glaciazione liturgica iniziata negli anni Venti.......pag. 140
43. Diritto di ‘celebrazione perenne’ del Rito Romano
(o Tridentino, o Gregoriano), senza restrizione alcuna,
in ogni momento, ingiunta da chicchessia,
fosse pure il Papa........................................................pag. 143
44. Due i giuramenti di Cristo che garantiscono
la Chiesa non poter mai andare “oltre se stessa”...........pag. 149
45. Perché il diritto di ‘celebrazione perenne’ del Rito Romano
non può essere abrogato neppure da un Papa? Perché
neppure un Papa può cambiare la Realtà divina.........pag. 150
46. È dovere d’obbedienza alla realtà divina resistere
all’ordine ingiusto di un Superiore, fosse pure il Papa..pag. 153
47. Nella Chiesa, se a Dio (alla Realtà) non obbediscono
i Superiori, debbono obbedirgli almeno gli inferiori.....pag. 156
* Incontrarsi...................................................................pag. 159
48. Se Dio sia disinteressato a che nella Chiesa Superiori
e inferiori non obbediscano pienamente alla realtàdivina
(non lo adorino cioè in pienezza di culto)....................pag. 161
Quarta Parte.
I primi nove mesi di Magistero di Papa Francesco............p. 247
49. Il metodo magisteriale delle “finestre sbatacchiate” in cui si
inseriscono le interviste di Papa Francesco....................pag. 165
49a. Intervista a Civiltà Cattolica. Primo punto:
cosa vuol dire « Avere Cristo al centro ».....................pag. 169
49b. Intervista a Civiltà Cattolica. Secondo punto:
la Chiesa come « ospedale da campo ».......................pag. 173
49c. Intervista a Civiltà Cattolica. Terzo punto:
la Chiesa e i « feriti sociali ».......................................pag. 176
49d. Intervista a Civiltà Cattolica. Quarto punto:
la Chiesa e i « restaurazionisti ».................................pag. 188
50. Due lievi farfallette volano felici di fiore in fiore:
la non-intervista di Papa Bergoglio a Papa Scalfari.......pag. 197
50a. La non-intervista a Papa Scalfari. Primo punto: « Il più
grave problema che la Chiesa ha di fronte a sé »........pag. 201
50b. La non-intervista a Papa Scalfari. Secondo punto:
« Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male »......pag. 206
50c. La non-intervista a Papa Scalfari. Terzo punto:
« Aprire alla cultura moderna »..................................pag. 212
50d. La non-intervista a Papa Scalfari. Quarto punto:
« Non esiste un Dio cattolico. Esiste Dio »..................pag. 215
51a. Evangelii gaudium.
Primo punto: Ma il dogma non dovrebbe essere
per la Chiesa un bene su cui investire?.........................pag. 219
51b. Evangelii gaudium. Secondo punto:
Ancora sul povero e vilipeso monolite del dogma.........pag. 224
51c. Evangelii gaudium. Terzo punto: dottrina “aperta”,
di Chiesa “aperta” per Sacramenti “aperti”....................pag. 233
51d. Evangelii gaudium.
Quarto punto: il “dialogo ecumenico”...........................pag. 242
51e. Evangelii gaudium. Quinto punto: la Chiesa e i due
monoteismi “secchi”: Ebraismo talmudico e Islam.......pag. 246
* Prima di tirare le fila......................................................pag. 252
Quinta Parte.
Alcune considerazioni finali e Conclusione......................pag. 254
52. Prima considerazione. Papa Francesco, de-dogmatizzando
e dislocando teologie di per sé vere – e ciò facendo
per pura vanagloria –, non ‘aggiunge’, ma sottrae
verità e amore (amore!) alla Chiesa..............................pag. 254
53. Seconda considerazione. Col magistero attuale le catene
che trattengono l’Anticristo sono sempre più lasche,
ma la Chiesa ha l’obbligo di rinserrarle, anche se così
allontana la sua venuta, e, con essa, la propria vittoria..pag. 259
54. Terza considerazione. Il Dogma, santo Katéchon
degli “Ultimi Tempi”, svolge due sublimi compiti,
o ‘funzioni di verità’.....................................................pag. 267
55. Quarta considerazione. La funzione terribile
e contraria, orribilmente falsificatoria,
del finto katéchon degli “Ultimi Tempi”.......................pag. 270
55a. Apologo “dei Cinque Sì nei cieli di Milano”...............pag. 275
56. Quinta considerazione. Veritarismo vs Liberalismo:
non basta il Cristocentrismo, ci vuole la Logoscrazia..pag. 280
57. Conclusione. Se Papa Francesco innaffierà
la Vigna del Signore con i canti e con le cetre,
essa appassirà. Se la curerà con i sassi e con le pietre,
essa rifiorirà.................................................................pag. 284
* Finale commiato non-commiato da te, Papa mio santo.pag. 293
** Proposta strategica. Filosoficamente proponendo.........pag. 300
Indice dei Nomi delle Persone e dei Luoghi........................p. 304
Referenze bibliografiche......................................................p. 314
* * *
(Pagina protetta dai diritti editoriali.)
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