[Segue
dalla pagina 2] Piccola teodicea guittoniana.
« Dio non può indirizzarsi direttamente agli uomini per infondere il suo pensiero. Dio è obbligato a servirsi
di filtri o di apparecchi di trasmissione che sono imperfetti: uno di questi è il linguaggio, l’altro è la
mentalità » (pag. 28, di seguito).
Dio non può? Dio
è obbligato? Certo, di potenza relativa, osservando Egli per primo il principio di non contraddizione, Dio stesso non è
“onnipotente”: perché Dio non può volere la creazione e contemporaneamente non volerla. Ma questa giusta
silloge, questo giudizio, se applicata a riconoscere gli strumenti che Egli ha creato per avere dei rapporti con la Sua creazione,
è un sofisma. In altre parole: è vero che Dio si dà degli strumenti (i « filtri e apparecchi di trasmissione
» di Guitton) per parlare all’uomo, ed è vero che questi sono gli strumenti normativi per cui si fa conoscere
e amare, ma è anche vero che questi strumenti non sono per Dio obbliganti, tanto che Egli stesso ha miracolosamente istituito
l’Eucaristia come mezzo principe per comunicarsi all’uomo direttamente, intimamente e sostanzialmente, mezzo
che in qualche modo prescinde dal linguaggio e da quella che il Guitton chiama la « mentalità ». In
più, a quegli strumenti quotidiani Dio eccezionalmente deroga anche con altri miracoli: vedi le conversioni di empi come
il fariseo Saulo.
Piuttosto è vero
il contrario: che Dio si indirizza anche interiormente agli uomini per infondere il suo pensiero, muovendoli dall’interno,
fatto salvo il rispetto del loro volere, e Guitton avrebbe dovuto leggersi san Tommaso: il commento al Vangelo di san Giovanni
(Lectio n.1108), o la Summa (I-II, q.68, a.1). O meditare sull’ Apostolo che dice: « Non sono più
io che vivo, ma Cristo vive in me » (Gal., II, 20). Le questioni della Grazia e della gnoseologia sono tutte annodate
qui.
Ma, nei casi eccezionali
che abbiamo ricordato, Dio può compiere e in effetti ha compiuto delle forzature: « Nulla è impossibile
a Dio » (Luc., I, 37).
Riguardo poi alla seconda
questione sollevata dal Guitton: che la scelta degli strumenti individuati da Dio per rivelarsi sarebbe inadeguata, il filosofo
non avverte che l’inadeguanza che indica negli strumenti si ritorcerebbe tutta su Dio stesso, perché ne verrebbe
una Rivelazione e una Redenzione azzoppate, imperfette già alla radice.
Al contrario, Dio ha dato
all’uomo gli strumenti più calibrati per farsi conoscere con certezza: linguaggio e psicologia, in quanto
perfettamente atti, ambedue, a servire la verità, cioè a individuarla e a tenerla. Se la visione di Guitton fosse
meno antropomorfica, capirebbe che linguaggio e psicologia sono ordinati non all’uomo, ma alla verità, e, così
essendo, sono preparati adeguatamente a riconoscerla e sposarla. Ma Guitton è un modernista, e come tale viziato dall’ossessione
per la grandezza dell’uomo, che gli incombe addosso: per lui, Dio stesso non riesce a vincere il linguaggio e la
mentalità dell’ uomo. Vediamo allora, qui di seguito, lo sviluppo del pensiero del nostro umanista amico e consigliere
dell’umanista e Papa Paolo VI.
Se Dio sia un inetto.
« Prendiamo l’esempio di Dio al tempo di Galileo: Egli parla servendosi di una mentalità, che è certamente
sbagliata. [...] Dio ci parla in questo modo; così io, Guitton, che tento di capire la Chiesa e di giustificare la condotta
di Dio, non condanno Lui, ma dico che Egli, per parlarmi, si serve di cattivi strumenti: cioè le mentalità »
(pag. 28, di continuo dal precedente).
Dio quindi, come abbiamo
visto, si serve di strumenti inadeguati: per fortuna, il filosofo però capisce ciò che Dio vorrebbe dire, anche
se lo strumento è deficiente, e di conseguenza lo corregge. A noi sembra, in ogni caso, che se il filosofo avesse potuto,
non avrebbe agito come Dio, non avrebbe usato strumenti fuorvianti, zoppi. Ma corretti, come è bene che un Dio come si
deve faccia.
Sull’intelligenza
e bontà della Chiesa prima del concilio Vaticano II. « [Prima del concilio, nella Chiesa] c’era un atteggiamento
mentale piuttosto ottuso. Ma il concilio ha cambiato tutto ciò e così ho visto la Chiesa cattolica mutare di mentalità.
E’ nata una nuova Chiesa, una Chiesa universale, ecumenica, e ho capito che quella che aveva preceduto il concilio era ancora
infantile » (pag. 28).
Questo è parlar
chiaro. E qui siamo al punto. Apostoli, martiri, Padri, Dottori, Papi: tutti ottusi, tutti infantili. Questo pensiero soverchiante
accomuna Guitton alle anche alte autorità neoteriche nella convinzione radicale che la Chiesa prima del concilio, anticaritatevole
e non universale, è tutta diversa da quella nata dal concilio: la vecchia Chiesa è morta, « è nata
una Chiesa nuova ». Siamo d’accordo anche noi, ovviamente, e lo diciamo da anni. Ma nel senso tutt’affatto
contrario.
Rapporti tra uomo, gerarchia
e Dio. Domanda: « Poiché la Chiesa si è sbagliata di frequente, sarebbe preferibile un rapporto diretto
tra il fedele e Dio, senza passare attraverso la Gerarchia ». « È un’idea di tutto rispetto ed
è quella di tanti miei amici protestanti » (pag. 29). Se c’era ancora qualche perplessità sulla
cattolicità del pensiero dell’amico e maestro di Papa Paolo VI, qui egli l’annienta definitivamente. Bisognerebbe
meditare piuttosto su quell’adagio che parla degli amici dei tuoi amici…
L’inferno.
« Il concilio Vaticano II ha molto attenuato il senso [del dogma cattolico dell’inferno] così come era insegnato
prima. [...] Con le sue sofferenze e con la sua passione, Cristo, insieme con tutte le anime sante, ha svuotato l‘inferno
» (pag. 33). L’inferno sarà vuoto: certo dei santi; forse, pensa il ‘tomista” Guitton, anche dei
demoni e di satana. L’apocatastasi è luogo topico del pensiero personalista: in tutto eguale a quella del Guitton
è la teodicea di Maritain, l’altro famoso filosofo amatissimo da Gian Battista Montini fin dagli studi in seminario.
Ancora sull’inettitudine
di Dio (Dio e l’inferno). « Mi domando perché Dio ha creato il mondo sapendo che ci sarebbero stati
dei dannati. Se non fossi persuaso, come le ho appena detto, che nessuno si trovi all’inferno » (pag. 34). Questo
è il candore dei vecchi. Dei vecchi di oggi, s’intende, perché i savi di ieri non congetturavano proprie opinioni
se non collimanti con la Rivelazione: quelle contrarie le rigettavano. Prima fra tutte, rigettavano l’opinione che ipotizza
un Dio cattivo, crudele, che mette l’inferno; più ancora: un Dio imprudente, inetto, creatore dell’imperfezione
sapendo che, appunto, l’imperfezione sarebbe stata determinante alla perfezione dell’universo. O Dio poteva dare una
creatura perfetta che non fosse un altro Dio? Il supposto tomismo del nostro filosofo scema di pensiero in pensiero.
Sul peccato originale.
« Il peccato originale rimane per me un grande interrogativo al quale non ho ancora dato una risposta. Ho sempre riflettuto
sulla parte di leggenda insita nella religione » (pag. 35). Una vita sprecata, si direbbe. Il peccato originale è
per Guitton una leggenda. Che significato poteva avere allora la redenzione del Cristo? Solo i protestanti, amici del filosofo
cattolico, hanno del peccato originale la concezione da lui proposta, di essere fatto inesplicabile così come illogica,
enigmatica e irrazionale è una leggenda.
Su un certo suo libro...
Domanda: « E’ vero che, a proposito di un suo libro, la censura del Vaticano l’ha considerata quasi un eretico?
». « Quanto mi chiede riguarda in effetti un libro che avevo scritto sulla Vergine e che era molto piaciuto a Giovanni
Battista Montini, [...] il quale lo considerava il più bel testo mai scritto sulla Vergine. Montini, del resto, mi ha sempre
detto che la sua amicizia per me era dovuta proprio a questo libro ». Affinità elettive tra modernisti: le idee
peregrine di Guitton affascinarono d’un subito un Monsignore che già frequentava dalla giovinezza amicizie altrettanto
pericolose come il Bonaiuti. Il sant’Uffizio però, allora, aveva ben tentato di stornare, anche in quell’occasione,
la propalazione di idee aberranti, ma invano: « Montini fece molti sforzi per salvarlo, andò a parlare con il
suo “capo”, Pio XII, per non farlo mettere al bando » (pag. 36). Come tutti sappiamo, il futuro Papa che
cancellò il giuramento antimodernista riuscì nell’intento: salvò l’errante da quella che sarebbe
stata provvidente e istruttiva censura e per 27 anni fece dell’errante il suo più intimo e ascoltato consigliere.
Sull’Annunciazione.
« Secondo me, c’è una sola Incarnazione, ma ci sono due Annunciazioni » (pag. 36). In sintesi:
oltre quella da tutti risaputa, un’altra ve ne sarebbe stata dopo tre anni: a Nazareth. E’ in questa che verrebbe
svelata a Maria la vera natura di Gesù. « L’idea delle due annunciazioni - continua l’intervistato
- è però apparsa eretica al cardinal Parente che avrebbe voluto farmi condannare a causa della mia tesi »
(pag. 37).
Ma c’è il
“lieto fine”. Domanda: « Questa amicizia con Paolo VI è forse il modo con il quale il buon Dio ha
voluto ricompensarla per aver scritto un libro vero sulla Vergine? ». « E’ proprio quello che
penso » (pag. 38). Come se Dio ricompensi col bene le male azioni. Forse invece il diavolo, visto che la sua zizzania
allignava così radicatamente in quei due cuori fin chiosando malamente sulla sua acerrima nemica, la semprevergine Maria,
non ha creduto vero poter allungare il viluppo di rami delle sue pianticelle moderniste fino a farle arrivare, ben rigogliose,
alle sacre Stanze. Vai alla pagina
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