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Conclusione - Due conseguenze - Altre due conseguenze.
SE LE POTENZE INTERNE ALLA NATURA DELL’UOMO NON
SONO CONFIGURATE IN UN ORDINE GERARCHICO DI SOTTOMISSIONE, ESSA
DECADE.
[Segue
da pag. 1] Continua il Dottore: « Cosicché, fintanto che la mente dell’uomo fosse stata subordinata
a Dio, le forze inferiori lo sarebbero state alla ragione e il corpo all’anima, ricevendo da essa la vita pienamente, e
le creature all’uomo, provvedendolo di tutto e non facendogli avvertire alcun danno » 1
[TOMMASO D’AQUINO, Summa Theol., I, q. 27, a.1]. Si noti che tutta questa disposizione è
chiamata da san Tommaso ‘natura umana’ (quella integra, o del ‘secondo modo’): la disposizione di ogni
cosa, per cui la mente dell’uomo è subordinata a Dio e le potenze inferiori di conseguenza, dice che l’elemento
su cui si impernia la natura umana (del secondo modo) nella sua più perfetta integrità è la mente
umana, anzi, piuttosto: è la disposizione di sottomissione della mente umana a quella divina. È l’obbedienza.
È l’umiltà.
La mente umana, che noi
consideriamo erroneamente qualcosa di astratto, oppure uno strumento, in realtà è posta da Dio quale cardine universale
su cui sono impostate tutte le cose più reali, più concrete, tutte quelle cose che noi riscontriamo quotidianamente
e che più ci riguardano: i nostri sensi (cioè le potenze inferiori a noi interne) e le creature (cioè le
potenze inferiori a noi esterne: non solo gli animali, ma anche i vegetali, i minerali, la terra, le stelle), ovverosia tutto
il mondo, quindi veramente tutta la storia del mondo, tutto il creato, e tutta la storia dell’uomo, che sarebbe stata una
storia senza il male, come nel giardino terrestre, ma con uno sviluppo limpido di conoscenza del creato e di rapporti d’amore
tra gli individui e tra le genti per cui tutto sarebbe stato buono e bello « fintanto che la mente dell’uomo fosse
stata subordinata a Dio ».
« La provvidenza
divina – continua nella sua expositio il Dottore – ha disposto ciò per la dignità dell’anima
razionale, alla quale, essendo naturalmente incorruttibile, era dovuto un corpo incorruttibile » 2
[Ibidem.].
Qui sta il punto fondamentale:
san Tommaso mostra quanto sia necessario legare a un intelletto naturalmente incorruttibile, quale quello umano, uno strumento
adeguato, cioè egualmente incorruttibile, anche se questo strumento corporale per sua natura sarebbe corruttibile. Dunque:
mentre l’immortalità dell’anima era intrinseca alla natura dell’anima, 3 [Per
l’incorruttibilità o immortalità dell’anima, vedi TOMMASO D’AQUINO, Summa Theol., I, q.
75, a. 6.] per il corpo era necessario un adeguato intervento divino: « Ma, poiché il corpo, che è
composto di elementi contrari, doveva essere lo strumento del pensiero, e tale corpo non può esser incorruttibile secondo
la propria natura, la potenza divina aveva supplito a ciò che mancava alla natura umana, dando all’anima la capacità
di contenere incorruttibile il corpo. Così come il fabbro, se potesse, darebbe al ferro con il quale fabbrica il coltello
la capacità di non contrarre ruggine » 4 [Ibidem.].
Questo è il fulcro di tutto il ragionamento dell’Angelico. Questo è il fulcro anche del nostro ragionamento.
«Così,
dunque, quando la mente umana si distolse da Dio a causa del peccato, perse la capacità di contenere le forze inferiori
e il corpo e le realtà esterne, e in questo modo incorse nella morte naturale per cause intrinseche, e in quella violenta
per avversità estreme » 5 [Ibidem.].
Il ragionamento conclude:
la ribellione dell’intelletto umano genera analoghe ribellioni delle forze inferiori interne e di quelle inferiori dell’universo,
che esso prima padroneggiava. Viene così a decadere la natura umana dal ‘secondo modo’, quello perfetto, integro,
rattrappendosi al suo ‘primo modo’, quello presente, imperfetto e corrotto. Dal primo modo, nobilitato dal Logos
vivificante, la natura umana si indebolisce fino al Thanatos, al limo della morte.
Nella III risposta alle
obiezioni che il Dottore dà all’articolo della Summa citato, egli ci tiene a precisare: « La virtù
che preservava il corpo dalla corruzione non era naturale per l’anima umana, ma era un dono di grazia. E sebbene l’uomo
[dopo l’Incarnazione di Cristo] recuperasse la grazia, tale recupero fu sufficiente a rimettere il peccato e a meritare
la gloria, non già a riottenere [su questa terra] l’immortalità perduta. Una tale opera era riservata
a Cristo, il quale, come vedremo, doveva sublimare gli stessi difetti della natura ».
Quindi san Tommaso dice:
nello stato d’innocenza il corpo umano era incorruttibile e immortale, ma questo stato non bisogna comunque considerarlo
intrinseco alla natura umana, bensì dovuto a « una virtù conferita da Dio in maniera soprannaturale
».
Vi era una condizione per
mantenere questa virtù? Sì, e la condizione Dio non se l’era riservata, ma, addirittura, l’aveva posta
nelle mani stesse dell’uomo per conferire all’uomo la più perfetta somiglianza al suo Creatore: difatti dipendeva
dalla scelta dell’uomo rimanere o non rimanere sottoposto a Dio, come abbiamo letto da sant’Agostino: « egli
stesso doveva essere l’artefice della sua vita, o della sua morte » 6 [Ad
Dioscurum, 118, c. 3]. Se il primo uomo avesse tenuto la sua natura creaturale sottoposta come doveva all’ordine
creatorale, egli avrebbe avuto a disposizione non solo gli strumenti consoni alla sua natura di creatura, ma avrebbe potuto disporre
anche di quelli superiori, soprannaturali, elargiti gratuitamente perché usasse pienamente e rettamente della sua libertà.
Se, viceversa, egli non
avesse tenuto la sua natura sottoposta all’ordine soprannaturale, avrebbe in primo luogo perduto senz’altro i doni
del cielo, ovviamente, ma avrebbe anche infirmato e irreparabilmente indebolito la sua costituzione naturale, per via del fatto
che i due ordini, naturale e soprannaturale, sono da Dio concepiti per l’uomo distinti, ma non divisibili,
differenti, ma non separabili. La differenza non è affatto sottile: naturale e soprannaturale sono due ordini,
e non sono una cosa sola; ma essi due non sono scissi, né scindibili, bensì vincolati uno all’altro in una
cosa sola, e vincolati in tal modo per cui uno sottostà all’altro, e non viceversa. La vita sia ha solo con il fondamento
preciso di questi presupposti.
La grazia infatti non è
cosa che si possa considerare mai parte integrante della natura umana, come è avere gli occhi o l’intelletto, ma
la condiziona fortemente, essendo dono gratuito di Dio, dono esclusivamente dipendente dalla sua superiore libertà, accettando
il quale l’uomo vive, ma disdegnandolo muore.
Difatti la prima cosa che
successe al mancamento dei doni soprannaturali successivo alla caduta di Adamo, in contemporanea con il sopraggiungere dello stato
di mortalità, fu l’indebolimento del suo intelletto. Come ancora dice l’Angelico: « Poiché
la mente dell’uomo rifiutò di sottomettersi a Dio, ne seguì che le potenze inferiori non furono più
totalmente soggette alla ragione, e quindi ne derivò la grave ribellione degli appetiti della carne contro la ragione;
e il corpo stesso non fu più soggetto all’anima, cosicché ne seguì la morte e tutte le altre miserie
corporali » 7 [TOMMASO D’AQUINO, Summa Theol., II-II, q.
164, a. 1].
Da questo testo risulta
chiaramente che ogni potenza è ordinata in un sopra e in un sotto, per cui il disordine di una sola di tutte le potenze
che riguardano l’uomo (la materia ai sensi, i sensi alla ragione naturale, la ragione naturale a quella soprannaturale),
disordina l’uomo in tutta la sua natura; e tanto maggiore è la nobiltà di grado della potenza ribelle, tanto
maggiore sarà il disordine procurato. Questo è appunto ciò che successe, con il peccato, ad Adamo: egli non
restò sottomesso con la sua mente a Dio. (Vai a pag. 3 di 8)
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